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3 mega titoli che sembrano particolarmente vulnerabili al coronavirus

Pubblicato 25.02.2020, 15:55
DJI
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AAPL
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AMZN
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NKE
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L’improvvisa diffusione del coronavirus fuori dalla Cina sta colpendo quasi tutti i settori del mercato azionario. Mentre gli investitori si affrettano a vendere gli asset più rischiosi, è importante capire quali compagnie siano le più vulnerabili alle interruzioni delle forniture che questa malattia letale sta causando alle aziende che si approvvigionano di componenti o prodotti dalla Cina.

In cima alla lista i colossi della distribuzione, della produzione industriale e alcune delle aziende tech USA più importanti, che contano sulle importazioni dalla Cina e/o sul mercato cinese per i loro prodotti.

Le importazioni dalla Cina nel 2018 hanno rappresentato un quinto delle importazioni totali nel 2018 negli USA secondo i dati ufficiali. Mobili, giocattoli, materiale sportivo e plastica sono tra le principali categorie.

Di seguito una lista dei tre mega titoli USA dei diversi settori che probabilmente risentiranno maggiormente di un peggioramento del selloff e di ulteriori conseguenze.

1. Amazon.com

Il titolo del colosso dell’e-commerce statunitense, Amazon.com Inc (NASDAQ:AMZN) è crollato di oltre il 5% questo lunedì, segnando tra le maggiori perdite nel gruppo delle compagnie tech. La maggiore preoccupazione degli investitori di Amazon è che l’azienda possa terminare le scorte se le imprese in Cina non riprenderanno le normali operazioni.

Il colosso potrebbe incorrere in questa problematica appunto per il suo sistema “snello” di gestione delle scorte. Questo sistema, quando tutto va bene, permette all’azienda una gestione efficiente in quanto i capitali non sono investiti per fare magazzino e accumulare beni da vendere.

Grafico prezzi settimanali Amazon

La gravità delle minaccia del coronavirus per Amazon si valuta considerando l’impatto delle interruzioni delle forniture ai commercianti terzi che usano il marketplace per vendere i loro prodotti. Questi venditori contano su merci come giocattoli, trasportini per animali e colori a matita. Questi prodotti rappresentano il 60% delle vendite di Amazon.

Dopo il crollo del 4% di ieri a 2.009,29 dollari, Amazon è ancora in salita più dell’8% dall’inizio dell’anno e del 23% per gli ultimi 12 mesi.

2. Apple

La casa degli iPhone, Apple Inc (NASDAQ:AAPL), è stata la prima azienda tech a mettere in guardia gli investitori sull’impatto del virus sulle vendite, dichiarando l’impossibilità a rispettare gli obiettivi prefissati per il trimestre in corso.

La Cina è uno dei principali mercati per la casa di Cupertino, nell’ultimo anno fiscale ha generato 52 miliardi di dollari di vendite. Apple ha dichiarato la scorsa settimana che la produzione degli iPhone, che genera la maggior parte delle entrate aziendali, è temporaneamente limitata a causa delle problematiche legate al virus. “Nel paese si sta riprendendo a lavorare, ma stiamo riscontrando un ritorno alla normalità più lento del previsto”, ha dichiarato l’azienda.

Grafico prezzi settimanali Apple

Apple aveva pianificato di iniziare la produzione di un nuovo iPhone low-cost a febbraio, in vendita già da marzo, secondo una notizia di Bloomberg News. Non è chiaro come il coronavirus abbia influito su questi piani.

“Crediamo che le entrate siano solo rinviate anziché mancate e le nostre stime sull’anno fiscale 2020 restano invariate – pur riconoscendo che si tratta di una situazione in evoluzione e che gli utili potrebbero essere rimandati all’ultimo trimestre”. È quanto ha scritto l’analista di Evercore ISI Amit Daryanani durante il weekend abbassando le stime di circa 8,6 miliardi di dollari.

Il titolo Apple è crollato del 5%, a 298,14 dollari, portando al 7% le perdite degli ultimi 5 giorni. Nello stesso intervallo il Dow Jones Industrial Average ha perso il 4%.

3. Nike

Il gigante dell’abbigliamento sportivo, Nike Inc (NYSE:NKE) è un altro titolo “mega cap” particolarmente vulneraile alla diffusione del coronavirus. Questo mese Nike ha dichiarato che circa la metà dei negozi in Cina sono chiusi a causa del virus e che prevede un “impatto forte” sulle operazioni in Cina.

Malgrado gli sforzi dell’azienda nel diversificare al produzione fuori dalla Cina, il paese è ancora l’hub di produzione maggiore per i prodotti Nike: il 23% delle scarpe Nike ed il 27% dell’abbigliamento è prodotto nel paese colpito dal virus.

Grafico prezzi settimanali Nike

La Cina è stata l’area di maggiore crescita per Nike negli ultimi anni. L’azienda ha registrato 6,2 miliardi di dollari di vendite nell’area lo scorso anno, contro i 2,6 miliardi nel 2014.

Dopo aver toccato il massimo storico di 105,62 a gennaio, il titolo Nike ha perso quasi il 9%. Le azioni sono crollate del 4,3% lunedì, chiudendo a 95,91.

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