I dati di oggi sulle scorte di gas naturale, i penultimi del 2019, dovranno essere buoni per i tori, con un calo che dovrebbe essere del 50% superiore rispetto alla scorsa settimana e più del doppio di un anno fa.
Ciò che resta incerto a questo punto è se il mercato riuscirà a superare i 3 dollari all’inizio dell’anno nuovo e a mantenere il livello per tutto l’inverno.
L’inverno più caldo di questo decennio è stato nel 2012, quando i prezzi hanno raggiunto il picco di 2,97 dollari per mmBtu nel gennaio di quell’anno. Le scorte di gas hanno cominciato quell’anno a 3,471 mila miliardi di piedi cubici, in salita dai 347 miliardi di piedi cubici della fine del dicembre 2011. Nel 2012, il prezzo ha visto un crollo complessivo del 30% nel primo trimestre, prima dell’inizio della primavera.
Da allora, ci sono stati tre inverni deboli per il prezzo del gas: nel 2016, quando il mercato ha visto un tonfo di quasi il 13%; nel 2018, quando ha segnato -7%; e quest’anno, quando nel primo trimestre si è registrato un crollo di quasi il 10%. In questi tre anni, il mercato ha testato i 3 dollari solo a gennaio.
Scorte attuali di gas su del 23% rispetto ad un anno fa
Quest’anno, le scorte di gas finora si attestano a 3,411 mila miliardi di piedi cubici, secondo la lettura della Energy Information Administration per la settimana terminata il 13 dicembre. Si tratta di 638 miliardi di piedi cubici, o il 23%, in più rispetto alla stessa settimana di un anno fa e di soli 9,0 miliardi di piedi cubici in meno rispetto alla media quinquennale.
Idealmente, ciò dovrebbe tradursi in un altro prezzo invernale debole. Ma, ancora una volta, il prezzo del gas naturale non segue necessariamente una simile logica lineare.
Perché? In primo luogo, non si può mai essere troppo sicuri della fine di ogni inverno, almeno non prima della fine del primo trimestre. Ma persino allora potrebbe esserci freddo fino a fine maggio, quando dovrebbe esserci invece un disgelo grazie alla primavera. Il vortice polare del 2014, ad esempio, ha eliminato il 52% delle scorte di gas entro la fine di marzo di quell’anno dal primo trimestre del 2013, lasciandone solo 824 miliardi di piedi cubici, il minimo di questo decennio.
Quest’anno, le scorte di gas sono state gonfiate dalla produzione da record, derivante sia dalle trivellazioni dirette per il gas che da quello ottenuto tramite il fracking del greggio. Secondo l’EIA, la produzione giornaliera ha superato i massimi storici sopra i 96 miliardi di piedi cubici.
Solo il vero freddo potrebbe salvare il prezzo di quest’inverno
In tempi simili di scorte e produzione alte, spesso l’unica salvezza è rappresentata dal freddo.
E a quanto pare è quello che è successo la scorsa settimana, quando una costante ondata di freddo pre-natalizio è risultata in un calo stimato di 148-160 miliardi di piedi cubici delle scorte per la settimana terminata il 20 dicembre. Si tratterebbe del 50% in più rispetto alla riduzione della settimana precedente di 107 miliardi di piedi cubici e di più del doppio della diminuzione di 61 miliardi di piedi cubici di un anno fa.
Di conseguenza, il contratto del gas con consegna il mese prossimo sull’Henry Hub del New York Mercantile Exchange si è attestato a 2,29 dollari per mmBtu ieri, dopo aver segnato il minimo di quattro mesi di meno di 2,20 dollari all’inizio della settimana.
Dan Myers, analista dell’agenzia di consulenza di rischio sul gas Gelber & Associates, con sede a Houston, afferma che il prezzo potrebbe restare supportato dall’ondata di gelo che potrebbe proseguire nelle prossime settimane.
Spiega Myers:
“Il freddo sostenuto comincia ad indicare un ritorno nella seconda metà dell’inverno e potrebbe dare nuova linfa al prezzo, soprattutto con il recente inasprimento dei fondamentali, indipendente dal clima”.
Ma se la domanda debole ed i lievi cali delle scorte dovessero materializzarsi senza una svolta all’orizzonte, Myers afferma che “ciò porterà il prezzo sull’orlo di un nuovo crollo”.
Il freddo durerà per tutto il primo trimestre?
Esempio emblematico: il selloff continuo tra lunedì e martedì che ha cancellato quasi il 7% dei valori complessivi, una correzione rettificata in parte dalla ripresa post-natalizia di ieri arrivata sulla scia dello short-covering e degli acquisti sul calo.
“Se avete distolto lo sguardo dal mercato la Vigilia di Natale, vi siete persi il rapido calo mensile a 2,17 dollari, il minimo dalla fine di agosto”, dice Myers. La definisce la “debolezza insita” nel mercato, malgrado la prospettiva di un clima gelido.
Mobius Risk Group è dell’idea che “gli orsi abbiano deciso di andare in letargo” ieri, con le previsioni più fredde per il Midwest e la East Coast.
Ma Bespoke Weather Services spiega che l’oscillazione al rialzo del prezzo potrebbe essere stata esagerata dai “rumori tipici”, con il precedente contratto con consegna il mese prossimo, gennaio, sull’Henry Hub scaduto ieri su un mercato fortemente short.
Ci sono stati anche altri campanelli di allarme, si legge in un report di naturalgasintel.com dell’agenzia.
“Uno di questi è che i prezzi erano molto deboli, al di sotto dei 2 dollari sul finire della seduta” ieri, avrebbe affermato, in base al report, il capo meteorologo di Bespoke Brian Lovern. “Sì, si sente ancora molto l’impatto delle feste, ma è ancora piuttosto debole, a prescindere da come lo si guardi”.
Bespoke inoltre non è convinto del fatto che il sistema meteo sul breve termine porti abbastanza freddo “in quanto le parti del Pacifico e dell’Atlantico sono ancora più a supporto di rischi di un clima più mite piuttosto che più freddo”.
Aggiunge:
“Per queste ragioni, riteniamo che ci sia il rischio di un calo del prezzo una volta posatosi il polverone della scadenza del contratto di gennaio”.