Trader del petrolio, cosa preferite? Il rischio iraniano o il rischio russo?
Qualunque scegliate, probabilmente non sarà facile attenersi al proprio piano nei prossimi giorni e nelle prossime settimane.
Se siete trader dello slancio, allora probabilmente vi piacerà operare sulla volatilità.
Ma se siete trader direzionali, allora i trade facili degli ultimi due mesi, con il greggio che sembrava in un viaggio di sola andata verso i 100 dollari al barile ed oltre, sono diventati un po’ più complicati.
Ad essere sinceri, un prezzo a tre cifre potrebbe ancora essere raggiunto in qualunque momento. Notizie che suggeriscano anche lontanamente un’avanzata o un ammasso di truppe russe verso l’Ucraina sono in grado di aggiungere dai 3 ai 5 dollari al prezzo nel giro di pochi minuti.
E sebbene non sia stato sganciato un solo missile nel conflitto, il greggio ha guadagnato circa 20 dollari nelle ultime 10 settimane, soprattutto per gli scontri verbali tra Stati Uniti e Russia dallo scoppio della crisi ucraina il 21 novembre.
Ma così come sono stati veloci i breakout del prezzo sulle notizie di aggressioni, lo sono stati anche i tonfi registrati sui segnali di una mediazione.
Il pendolo è oscillato ancora più selvaggiamente nelle ultime 48 ore, con Teheran che sembra vicina al ripristino dell’accordo sul nucleare del 2015 con le potenze mondiali, che finirebbe per eliminare le sanzioni sul suo petrolio, aprendo la strada al legittimo ritorno di circa un milione di barili al giorno dall’Iran sul mercato.
Come ha spiegato ieri in chiusura John Kilduff, socio dell’hedge fund energetico Again Capital a New York:
“Ci sono ancora così tante incognite nell’impasse russo-ucraino che ogni trade potrebbe non durare oltre la prossima notizia”.
“Considerate queste circostanze estremamente complicate e la volatilità, i trader hanno deciso di mantenere un rischio di rialzo limitato sul petrolio (il supporto a 90 dollari), focalizzandosi sul “presente” del trade, ossia la possibilità di un accordo iraniano”.
In effetti, i rischi di Iran e Russian sono ai poli opposti: il primo rappresenta un’ipotesi ribassista (più barili alla fine da Teheran), mentre il secondo un’ipotesi rialzista (sanzioni USA sulle esportazioni energetiche russe nell’eventualità di un’invasione), quindi è importante esaminare gli sviluppi di entrambi.
Rischio iraniano: ipotesi ribassista
Nessun ulteriore arricchimento nucleare
La bozza dell’accordo offerto dalle potenze occidentali all’Iran suggerisce varie fasi di sorveglianza e impegno per far rispettare nuovamente a Teheran il suo accordo sul nucleare 2015.
Soprattutto, secondo le notizie di Reuters sull’accordo, l’Iran dovrà immediatamente smettere con l’arricchimento dell’uranio che lo porterebbe allo sviluppo di una bomba.
Solo se seguirà questo bastone avrà la carota, cioè i miliardi di dollari dalle precedenti vendite di petrolio legittimamente sospesi dalle casse della Repubblica Islamica e la graduale rimozione delle sanzioni che gli impedivano di esportare liberamente il suo petrolio, seppur con un continuo monitoraggio degli impegni nucleari.
Teheran ha infranto molte restrizioni nell’accordo del 2015 dopo che l’ex Presidente Donald Trump aveva eliminato gli USA dal patto e reimposto sanzioni sull’Iran. Sebbene l’accordo originale limitasse l’arricchimento di uranio al 3,67% di purezza di fissione, l’Iran ora lo sta arricchendo fino al 60%, vicino al livello da arma, in base a fonti citate da Reuters. L’accordo nucleare 2.0 chiede all’Iran di sospendere l’arricchimento a sopra il 5% per poi tornare al 3,67%.
Manna da 7 miliardi dalla Corea del Sud
Milioni di barili iraniani nelle scorte vincolate in Cina
Annullamento delle sanzioni
Probabile fine dei tagli alla produzione OPEC+
- Prezzi inferiori
Maggiore produzione USA, anche se non tanto alta
Rischio russo: ipotesi rialzista
Minaccia di guerra ucraina/sanzioni sulla Russia
Tripla vittoria per Russia, sauditi ed Iran?
- Domanda petrolifera mondiale alle stelle; scorte ai minimi
Nota: Barani Krishnan utilizza una varietà di opinioni oltre alla sua per apportare diversità alla sua analisi di ogni mercato. Per neutralità, a volte presenta opinioni e variabili di mercato contrarie. Non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.