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Su un mercato del greggio colpito dal virus, l’OPEC cerca un magico equilibrio

Pubblicato 05.02.2020, 15:31

Nel classico mercato ribassista per il greggio, l’OPEC non vince mai il primo round.

Chi ha familiarità col modus operandi del cartello non dovrebbe essere sorpreso dall’esito del vertice tenuto ieri a Vienna dai 23 paesi produttori che hanno cercato di trovare una soluzione all’ultimo colpo sferrato ai prezzi del greggio.

Dopo un breve rialzo, sia il Brent che il greggio USA sono scesi sulla giornata, con gli short seller che hanno confermato i pronostici avversi per la domanda colpita dalla crisi del coronavirus cinese, sebbene l’OPEC abbia lasciato intendere che potrebbe ridurre la produzione di un altro milione di barili. Risultato: orsi del greggio 1 - OPEC 0.

Prezzi settimanali future Brent

Perdere ora, nella speranza di vincere dopo

Perdere non è una novità per l’OPEC. Di solito, ad eccezione di qualche membro incline alla teatralità, la confraternita di ministri del petrolio e dell’energia, guidata dal leader indiscusso, l’Arabia Saudita, proietta un quadro di surreale tranquillità anche nei periodi di crisi.

Nonostante debba lavorare più duramente ora rispetto a 40 anni fa per influenzare il mercato e venga derisa dai critici come irrilevante per il trading del greggio dei tempi moderni, i modi dell’OPEC per ridurre le scorte ed ottenere il prezzo che vuole per la materia prima si sono dimostrati efficaci nel tempo.

La modalità in cui si svolgono i vertici dell’OPEC è quasi sempre la stessa: caos totale e disaccordo il primo giorno; poi, improvvisa meravigliosa solidarietà verso la fine del secondo giorno; seguita immediatamente dall’annuncio di un razionamento dei prodotti che di solito fa salire il mercato del greggio, seppure per poco.

Quindi, mentre ci addentriamo nel secondo giorno del vertice OPEC oggi (stavolta un “vertice a livello tecnico” tra i 13 membri originali del cartello guidati dall’Arabia Saudita ed i 10 alleati capitanati dalla Russia), non sarebbe un errore aspettarsi che il gruppo segua lo stesso copione.

Non dovremmo nemmeno essere sorpresi di sentire, entro la fine della giornata, dei commenti da parte del Ministro dell’Energia saudita Abdulaziz bin Salman (che non è presente al vertice ma ovviamente lo segue in tempo reale tramite le informazioni dei suoi rappresentanti), che cercherà di assumersi la responsabilità di quello che effettivamente si è perso ieri.

Da quando ha assunto l’incarico, subito dopo l’attacco terroristico di settembre contro gli impianti sauditi, il principe Abdulaziz è riuscito a portare a termine quella che sembrava l’impossibile quotazione in borsa della compagnia petrolifera statale di Riad, Saudi Aramco (SE:2222). E, ancor prima dell’attuale crisi, aveva annunciato a dicembre un ambizioso taglio della produzione dell’OPEC+ che avrebbe potuto eliminare ben 2,1 milioni di barili al giorno, pari al 2,1% della fornitura mondiale, dal mercato, una promessa che ha aiutato i prezzi del greggio a chiudere il 2019 con i guadagni migliori degli ultimi tre anni.

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Ma questa è una sfida diversa per l’OPEC

L’epidemia di coronavirus, però, rappresenta un problema del tutto diverso per il principe saudita.

Come abbiamo detto nell’analisi di ieri, al contrario dei passati selloff del greggio in cui il problema era sempre l’eccesso di scorte, l’attuale crisi riguarda di più la domanda, o meglio, la carenza di domanda.

Dal punto di vista dei sauditi, una domanda anemica significa che alla fine ci sarà un esubero di greggio sul mercato e che il taglio della produzione sarà la cosa migliore da fare.

Tuttavia, questo crollo dei prezzi è diverso dai tre anni di tonfo dei mercati dovuto allo scisto USA e cominciato nel 2014 per via di un eccesso di greggio economico.

Al tasso odierno, la domanda di greggio sta scomparendo ad un ritmo allarmante e sta succedendo per via di una fonte (la Cina) che è anche il principale acquirente della materia prima.

Prezzi settimanali future WTI

Nelle ultime 48 ore sono circolati numerosi dati su quanto sia terribile lo stallo della domanda cinese, da stime di un calo giornaliero di 3,0 milioni di barili, pari al 20% dei consumi, alla chiusura di quasi metà delle 40 raffinerie indipendenti cinesi.

L’OPEC brancola nel buio, sperando in una magica soluzione

Ma la realtà è che nessuno sa quanto possa peggiorare la situazione cinese.

A prescindere dall’idea che il primo giorno di un vertice OPEC raramente va bene, la chiusura al ribasso del greggio ieri nonostante l’iniziale ripresa fa emergere quanto ha scoperto il lato degli acquisti del mercato, che all’OPEC ancora sfugge.

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Cioè che si tratta di una crisi della domanda, non delle scorte. L’OPEC sembra ancora avere i paraocchi, considerando la situazione come un imminente esubero da cui potrà riuscire a trovare una via d’uscita.

Senza sapere quanto potrà peggiorare la domanda cinese di greggio e fino a quando non avremo delle solide indicazioni al riguardo, l’OPEC sta solamente brancolando al buio affermando che taglierà una quantità X di barili.

La paura dei mercati è che, alla fine, l’OPEC non farà abbastanza e la domanda cinese crollerà molto di più di quanto si aspetta il cartello.

Ma è difficile biasimare l’OPEC per il suo operato perché, al di fuori di un taglio della produzione, non ha altro modo per far salire il mercato.

La speranza dell’OPEC è quella di ridurre la produzione ad un livello tale da raggiungere un equilibrio con la domanda petrolifera cinese e globale.

Questa è, essenzialmente, la parola magica a cui punta il cartello: equilibrio.

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