UE: ancora un taglio a dicembre

Pubblicato 12.09.2024, 08:37
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I ministri dell’economia sono confusi, i governatori delle banche centrali sono incerti, per fortuna che il mio taxista ha tutto ben chiaro (F. Caramagna).


Ci siamo. Oggi è il giorno della BCE. Le stime degli analisti indicano un taglio di 25 bp, grazie alle conferme sul calo dell'inflazione ma anche per effetto della lenta crescita economica. Ulteriori tagli potrebbero seguire a dicembre e per tutto il 2025, con previsioni d’inflazione ed economiche destinate ad essere riviste.
 
A livello di dati, alle 9:00 è attesa l’inflazione YoY della Spagna di agosto (stima 2,2% dal 2,8% di luglio). Alle 14:30 è turno dei dati americani: richieste di sussidi settimanali alla disoccupazione (stima 229k da 227k della scorsa settimana) e prezzi alla produzione MoM di agosto (stima +0,2% da +0,2% di luglio).
 
Ieri l’inflazione americana di agosto è risultata in linea con le attese (2,5%) e in riduzione rispetto al 2,9% di luglio, dando ulteriore forza alla Fed per ridurre i tassi il prossimo 18 settembre.
 
Tornando in Europa, i principali fattori alla base della decisione di riduzione della BCE crediamo siano le minori pressioni inflazionistiche e la lenta crescita economica nell'intera zona euro. L'inflazione annuale dell'Eurozona è scesa al 2,2% ad agosto, il livello più basso da luglio 2021. L'inflazione di fondo, escludendo componenti volatili come energia e cibo, è leggermente diminuita dal 2,9% al 2,8%. Le pressioni sui prezzi legate ai servizi sono invece rimaste persistentemente elevate al 4,2%.
 
Sebbene come abbiamo visto l'inflazione stia rallentando, gli indicatori di crescita sono invece preoccupanti. Il PIL dell'eurozona è cresciuto solo dello 0,2% nel 2Q24, con una revisione al ribasso rispetto alla precedente stima dello 0,3%. La performance è stata piuttosto differente tra i diversi paesi, con la Germania, la più grande economia della regione, in contrazione dello 0,1%.
 
In questo meeting la BCE fornirà anche le proiezioni macroeconomiche aggiornate. Ricordiamo che nel giugno scorso la BCE ha rivisto al rialzo le sue previsioni sia sulla crescita che sull'inflazione nel 2024 rispetto alle stime precedenti. All'epoca, la crescita economica annuale per l'eurozona era prevista allo 0,9% nel 2024, con un ulteriore rafforzamento all'1,4% nel 2025 e all'1,6% nel 2026. Nel frattempo, si prevedeva che l'inflazione sarebbe scesa dal 5,4% nel 2023 al 2,5% nel 2024, al 2,2% nel 2025 e all'1,9% nel 2026. Crediamo che le nuove previsioni della BCE possano mostrare una crescita del PIL sostanzialmente invariata, ma una leggera revisione al ribasso dell'inflazione per il 2025 e il 2026, sostenuta dal calo dei prezzi del petrolio e da un euro più forte.
 
Posto che la riduzione dei tassi è data per certa, gli investitori cominciano ad interrogarsi su che cosa succederà dopo il meeting di oggi. Sicuramente è molto probabile che la BCE riconfermi il suo approccio dipendente dai dati. Riteniamo che ci possa essere una pausa il 17 novembre, seguita poi da un terzo taglio dei tassi il 12 dicembre. Siamo infatti convinti che entro ottobre/novembre possano emergere nuovi dati in grado di modificare parzialmente la narrazione della BCE. Fatto salvo ovviamente il fatto che l’Eurozona possa subire significate sorprese economiche.
 
Se guardiamo più avanti, al 2025, vediamo una BCE più aggressiva a causa di un indebolimento delle prospettive delle attività economiche e in particolare manifatturiere e di una crescita salariale più lenta, che dovrebbe aiutare l'inflazione dei servizi a normalizzarsi. Con i dati economici di oggi, è possibile stimare una serie di tagli sequenziali di 25 bp nel 2025 a partire da marzo, che potrebbero portare il tasso di deposito al 2% entro la seconda metà dell’anno.
 
Con questo scenario, quali investimenti? Di solito le obbligazioni societarie e governative investment grade a più breve scadenza diventano particolarmente interessanti. Gli alti rendimenti iniziali significano che tali investimenti possono offrire solidi rendimenti totali nella maggior parte degli scenari. Le obbligazioni a più breve scadenza probabilmente trarranno vantaggio dai tagli dei tassi di interesse, poiché la curva dei rendimenti in genere si inclina in seguito ai tagli. Ciò si traduce in rendimenti obbligazionari a più breve scadenza che diminuiscono più di quelli a lunga scadenza (dove giocano un ruolo fondamentale le aspettative).
 
Nel mercato del credito, le obbligazioni societarie investment-grade europee presentano ancora un buon valore tra il breve e il medio termine. Questi asset hanno storicamente registrato buone performance nei 12 mesi successivi ad una pausa della banca centrale, poiché gli investitori cercano asset creditizi con rendimenti interessanti. Riteniamo che gli spread creditizi Europei, nonostante il rally degli ultimi mesi, possano ritenersi ancora economici rispetto per esempio a quelli USA, almeno in base alle loro relazioni storiche. E gli spread in Europa probabilmente non hanno ancora scontato del tutto il premio di rischio a seguito dell’invasione dell’Ucraina.
 
Il segmento migliore all'interno del credito potrebbe essere quello delle obbligazioni societarie con scadenze da uno a cinque anni. Se i rendimenti dei titoli di Stato rimangono relativamente invariati, gli investitori possono beneficiare di ulteriori 0,5-0,7 punti percentuali di rendimento. E se i rendimenti scendono, queste attività genereranno rendimenti maggiori. Se la crescita si indebolisce e gli spread si allargano, la crescita di prezzi dei titoli di Stato, conseguente alla diminuzione dei rendimenti dei titoli di Stato che ne seguirebbe (le banche centrali abbasserebbero i tassi), dovrebbe compensare la maggior parte, se non tutte, le perdite di capitale. Ciò porterà in ultima analisi a rendimenti positivi se si considera il rendimento iniziale.
 
 
 
 
 

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