Analisi realizzata alla chiusura del mercato statunitense a cura di Kathy Lien, Direttrice di FX Strategy per BK Asset Management.
Dopo aver portato il cambio USD/JPY al massimo di 11 mesi la scorsa settimana, gli investitori hanno preso i profitti in quella che è stata una giornata di scambi tranquilla. Tuttavia, con la chiusura dei mercati negli USA e in Canada, la liquidità ridotta ha creato opportunità per spostamenti maggiori, che abbiamo visto lunedì nel cambio USD/JPY. Le vendite sono partite all’apertura dei mercati europei, ed hanno guadagnato slancio quando sono arrivati in piazza gli sfortunati trader statunitensi al lavoro durante il Columbus Day. Il cambio USD/JPY è sceso sotto 113 verso l’ora di pranzo, cioè l’ora di chiusura a Londra, ed è salito quando i trader europei hanno lasciato le loro postazioni. Il selloff di lunedì ha portato il cambio USD/JPY alla media mobile di 20 giorni, il primo livello di supporto. Se il cambio USD/JPY terrà a 112,80 il cambio tornerà verso quota 114, ma se il cambio scenderà sotto questo livello, si potrà toccare 112.
Dal punto di vista dei dati, l’economia USA non mostra novità. Si prevedono report sull’inflazione positivi e un ulteriore aumento dei tassi da parte della Federal Reserve quest’anno. Intanto, i problemi per la Cina e l’Italia continuano ad aumentare, e la propensione al rischio ne risente. I titoli azionari cinesi sono crollati del 4% durante la notte, lo yuan si è indebolito e il Tesoro USA ha rigirato il coltello nella piaga esprimendo perplessità per l’indebolimento della valuta cinese, alimentando le speculazioni di una possibile manipolazione da parte della Cina per la prima volta dal 1994. Considerato tutto ciò, crediamo ancora che il cambio USD/JPY sia diretto verso 115 e vediamo l’andamento di lunedì come la prima opportunità per iniziare con posizioni lunghe.
Il cambio EUR/USD è rimasto sotto pressione sulla scia di dati tedeschi deboli sulla produzione industriale tedesca. Gli economisti speravano in una ripresa della produzione industriale ad agosto dopo il brusco calo di luglio, invece abbiamo assistito alla terza contrazione mensile consecutiva. Nonostante le dichiarazioni positive e in qualche modo rialziste della BCE, non abbiamo visto miglioramenti sostanziali nei dati della zona euro. Inoltre, come riportato dal nostro collega Boris Schlossberg, “i timori per la crisi sul bilancio italiano sta facendo impazzire gli investitori, nonostante le rassicurazioni del Vice Primo Ministro Matteo Salvini sul fatto che il governo non abbia alcuna intenzione di abbandonare l’euro. Il rendimento dei Titoli di Stato italiani a 10 anni è schizzato al 4,5%, un fattore che rende ancora più difficile l’uscita del paese da questo pantano. L’aumento del rendimento dei titoli italiani potrebbe condizionare la BCE, che ha visto un peggioramento del bilancio e che, qualora la situazione dovesse continuare, potrebbe dover rimandare i programmi di riduzione dello stimolo nonostante le costanti rassicurazioni sul contrario”. Tecnicamente, il cambio EUR/USD è in downtrend e deve superare 1,1650 per evitare di scendere a 1,13.
La sterlina resiste e non vuole scendere mentre si spera in un accordo sulle frontiere con l’Irlanda. Siamo in una settimana importante per il Regno Unito, non solo per i dati attesi su bilancia commerciale, produzione industriale e report sul PIL mensile, ma anche perché il Responsabile UE dei negoziati Barnier presenterà formalmente la “super” proposta commerciale nella giornata di mercoledì. Dovremo vedere come risponderà il Regno Unito, ma se le dichiarazioni di lunedì saranno indicative, allora probabilmente l’offerta non verrà accettata questa settimana. Secondo fonti ufficiali britanniche, ci sono molti problemi ancora da risolvere e solo una settimana fa il Primo Ministro May ha detto chiaramente che è possibile che non venga trovato alcun accordo.
Nonostante le perdite in Cina, il dollaro australiano e quello neozelandese si sono ripresi contro il biglietto verde, mentre il dollaro canadese è sceso. Non sono stati rilasciati dati economici da nessuno di questi paesi, ma la valuta australiana e quella neozelandese sarebbero dovute scendere sulla scia del sell-off dei titoli cinesi. Invece, la ripresa ci fa capire quanto siano oversold queste valute. Inoltre, con gli USA che attaccano ancora il commercio cinese, non prevediamo grandi riprese per AUD e NZD. Il dollaro canadese dovrebbe salire visto che i mercati danno per certo un aumento dei tassi da parte della Banca del Canada questo mese. Inoltre, l’uragano che si è abbattuto sul Golfo ha fatto salire i prezzi del petrolio, e anche questo potrebbe mettere ulteriore pressione sul loonie.