Investing.com – I futures del petrolio greggio scendono oggi dal massimo di una settimana, gli investitori continuano a monitorare le previsioni della crescita globale e la situazione greca, nonché le tensioni sul programma nucleare iraniano.
Nel corso della mattinata europea, sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna ad aprile sono stati scambiati a 106,73 dollari al barile, in calo dello 0,62%.
Precedentemente il prezzo era sceso dello 0,8%, al minimo giornaliero di due giorni di 106,54 dollari al barile. Venerdì i prezzi erano saliti al massimo di una settimana di 108,81 dollari al barile.
I dati ufficiali rilasciati durante il weekend hanno mostrato che la Cina ha segnato un deficit di 31,5 miliardi di dollari a febbraio, il massimo dal 1989, da un surplus di 27,3 miliardi di dollari a gennaio.
I dati riflettono un calo delle esportazioni, mentre le importazioni sono rimbalzate dopo il rallentamento delle festività del capodanno. Le esportazioni gennaio-febbraio hanno seganto -6,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quasi la metà delle esportazionid i dicembre, 13,4%. Le importazioni del bimestre sono salite del 7,7%.
I dati pallidi dell’andamento degli scambi sottolineano i timori per una recessione globale.
Venerdì la Grecia ha annunciato che più dell’85% dei creditori hanno formato l’accordo dello swap del debito, che mira a ristrutturare il 53,5% del debito del paese.
Tuttavia resta la preoccupazione dopo che la International Swaps and Derivatives Association ha dichiarato che lo swap del debito costituisce un “evento” che potrebbe attivare credit-default swaps con lo scopo di proteggere investitori contro le perdite sul debito sovrano greco.
Ma le preoccupazioni per la crisi del debito non spariranno con lo swap del debito, perché al contempo si stanno rinnovando i timori sulla situazioni fiscale in Spagna e Portogallo.
Nel corso della giornata i ministri delle finanze della zona euro si incontreranno a Bruxelles per l’approvazione finale al salvataggio di 130 miliardi di euro alla Grecia.
I ministri discuteranno anche della Spagna, dopo che il primo ministro Mariano Rajoy ha annunciato che il paese taglierà il deficit pubblico al 5,8%, contro il 4,4% previsto per quest’anno.
Intanto i prezzi trovano il supporto dalle tensioni per le forniture dall’Iran ed i timori per il programma nucleare del paese.
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha lanciato una nuova serie di accuse contro l’Occidente durante il weekend, dichiarando che la Repubblica Islamica non teme gli interventi militari.
Le tensioni tra Iran e occidente riguardo al programma nucleare dominano il sentimento del petrolio da settimane.
Restano al centro dell’attenzione anche le tensioni tra Iran e Israele. Si teme che l’escalation delle ostilità tra i due paesi possa sfociare in un conflitto che manderebbe i prezzi del petrolio alle stelle.
L’Iran produce 3,5 milioni di barili al giorno, ed è il secondo produttore dell’OPEC, dopo l’Arabia Saudita.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna ad aprile sono stati scambiati a 124,77 dollari al barile, in calo dello 0,46%, 18,05 dollari al barile in più rispetto alla controparte statunitense.
Nel corso della mattinata europea, sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna ad aprile sono stati scambiati a 106,73 dollari al barile, in calo dello 0,62%.
Precedentemente il prezzo era sceso dello 0,8%, al minimo giornaliero di due giorni di 106,54 dollari al barile. Venerdì i prezzi erano saliti al massimo di una settimana di 108,81 dollari al barile.
I dati ufficiali rilasciati durante il weekend hanno mostrato che la Cina ha segnato un deficit di 31,5 miliardi di dollari a febbraio, il massimo dal 1989, da un surplus di 27,3 miliardi di dollari a gennaio.
I dati riflettono un calo delle esportazioni, mentre le importazioni sono rimbalzate dopo il rallentamento delle festività del capodanno. Le esportazioni gennaio-febbraio hanno seganto -6,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quasi la metà delle esportazionid i dicembre, 13,4%. Le importazioni del bimestre sono salite del 7,7%.
I dati pallidi dell’andamento degli scambi sottolineano i timori per una recessione globale.
Venerdì la Grecia ha annunciato che più dell’85% dei creditori hanno formato l’accordo dello swap del debito, che mira a ristrutturare il 53,5% del debito del paese.
Tuttavia resta la preoccupazione dopo che la International Swaps and Derivatives Association ha dichiarato che lo swap del debito costituisce un “evento” che potrebbe attivare credit-default swaps con lo scopo di proteggere investitori contro le perdite sul debito sovrano greco.
Ma le preoccupazioni per la crisi del debito non spariranno con lo swap del debito, perché al contempo si stanno rinnovando i timori sulla situazioni fiscale in Spagna e Portogallo.
Nel corso della giornata i ministri delle finanze della zona euro si incontreranno a Bruxelles per l’approvazione finale al salvataggio di 130 miliardi di euro alla Grecia.
I ministri discuteranno anche della Spagna, dopo che il primo ministro Mariano Rajoy ha annunciato che il paese taglierà il deficit pubblico al 5,8%, contro il 4,4% previsto per quest’anno.
Intanto i prezzi trovano il supporto dalle tensioni per le forniture dall’Iran ed i timori per il programma nucleare del paese.
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha lanciato una nuova serie di accuse contro l’Occidente durante il weekend, dichiarando che la Repubblica Islamica non teme gli interventi militari.
Le tensioni tra Iran e occidente riguardo al programma nucleare dominano il sentimento del petrolio da settimane.
Restano al centro dell’attenzione anche le tensioni tra Iran e Israele. Si teme che l’escalation delle ostilità tra i due paesi possa sfociare in un conflitto che manderebbe i prezzi del petrolio alle stelle.
L’Iran produce 3,5 milioni di barili al giorno, ed è il secondo produttore dell’OPEC, dopo l’Arabia Saudita.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna ad aprile sono stati scambiati a 124,77 dollari al barile, in calo dello 0,46%, 18,05 dollari al barile in più rispetto alla controparte statunitense.