ROMA (Reuters) - Contro le politiche del lavoro del governo la Fiom e le sigle confederali dei servizi pubblici manifesteranno rispettivamente il 18 ottobre e l'8 novembre, in proteste che si terranno di sabato, una giornata non lavorativa per i più che permetterà di evitare il ricorso massiccio allo sciopero.
"Alla luce dei provvedimenti assunti dal Governo, la Segreteria nazionale della Fiom-Cgil ha deciso di anticipare la manifestazione nazionale di Roma al 18 ottobre" dal 25 ottobre, si legge in una nota del sindacato dei metalmeccanici.
Nello stesso giorno manifesterà la Cisl, mentre la Cgil ha anticipa di una settimana la protesta, probabilmente sabato 11 ottobre.
L'8 novembre, sempre di sabato, saranno invece in piazza i lavoratori dei servizi pubblici di Cgil, Cisl e Uil per una manifestazione nazionale centrata sulla riforma della pubblica amministrazione.
"Saremo in piazza a Roma, tutti insieme, per sfidare il Governo degli illusionismi e delle divisioni; per chiedere una vera riforma delle Pa, dei comparti della conoscenza, dei servizi pubblici. E per rivendicare il diritto al contratto nazionale di lavoro tanto per i lavoratori pubblici quanto per quelli privati", si legge in una nota congiunta dei tre sindacati dei comparti scuola, sanità, sicurezza e soccorso pubblico e privato, università, ricerca, funzioni pubbliche, privato sociale, servizi locali.
A motivare la protesta, secondo i sindacati, "cinque anni di tagli lineari forsennati, di blocco delle retribuzioni, oltre dieci di blocco del turn-over, un esercito di precari senza certezze e tutele, riforme fatte in fretta e male: il sistema è al collasso, mentre la spesa continua a crescere nonostante i tagli al welfare e il caro prezzo pagato dai dipendenti pubblici, oltre 8 miliardi di euro in 5 anni".
Nelle scorse settimane il ministro della pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha detto che il governo estenderà al 2015 il blocco dei contratti per i dipendenti pubblici, con minori oneri previsti dal Def per 2,1 miliardi.
"In questo momento le risorse per sbloccare i contratti non ci sono perché l'Italia è ancora in una situazione di difficoltà economica", ha detto Marianna Madia ricordando che i contratti sono bloccati dal 2011.
Nel Documento di economia e finanza (Def), diffuso a metà aprile, il Tesoro calcolava che aumentare gli stipendi dei dipendenti pubblici avrebbe comportato oneri per 2,1 miliardi nel 2015 (scenario a politiche invariate).