Investing.com - I futures del petrolio greggio sono in calo durante la mattinata odierna; sulla materia prima hanno pesato i timori per il rallentamento dell’economia cinese e la notizia dello scampato sciopero del settore petrolifero norvegese.
Sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna ad agosto sono stati scambiati a 84,88 dollari al barile, durante la mattinata europea, in calo dell’1,3%.
Precedentemente il prezzo era sceso dell’1,6%, al minimo della sessione di 84,63 dollari al barile.
I timori per la crescita globale si sono intensificati dopo i dati ufficiali cinesi che mostrato un calo delle esportazioni e delle importazioni a giungo rispetto al mese precedente, con un calo della domanda globale.
In un rapporto, l’Amministrazione generale delle Dogane cinese ha mostrato che il surplus commerciale del paese si è ampliato a 31,7 miliardi di dollari a giugno, contro i 18,7 miliardi di dollari nel mese precedente.
In Cina le esportazioni salite dell’11,3%, a giugno rispetto all’anno scorso, contro l’aumento del 15,3% di maggio. Le importazioni salite dello 6,3%, a giugno rispetto all’anno scorso, e significativamente al di sotto delle aspettative di un aumento dell’11,0% e contro il 12,7% dello scorso mese.
Normalmente un aumento del surplus commerciale è considerato un fatto positivo, ma i dati di giugno risultano piuttosto legati ad un calo delle importazioni,
un dato che suggerisce un rallentamento della seconda economia mondiale.
Gli investitori attendono i dati economici cinesi nel corso della settimana, tra cui i dati sul PIL del secondo trimestre, per cercare di fare una previsione sull’andamento futuro.
Un ulteriore rallentamento della Cina, la seconda economia mondiale, significherebbe una minore espansione globale, già altalenante per via delle aspre misure di austerità della zona euro.
La Cina è il secondo consumatore mondiale di petrolio dopo gli Stati Uniti ed è stato il traino dell’aumento della domanda.
I prezzi del greggio sono andati sotto pressione dopo che il governo norvegese è intervenuto in uno sciopero dei lavoratori del settore petrolifero dichiarandolo arbitrario.
Reuters ha riportato la dichiarazione del ministro del lavoro Hanne Bjurstroem che afferma “Ho dovuto prendere questa decisione per tutelare gli interessi vitali della Norvegia. Non è stata una scelta semplice, ma ho dovuto farlo”.
Secondo la legge delle Norvegia. Il governo può costringere i lavoratori in sciopero a tornare sul posto di lavoro per proteggere il settore dal quale dipende gran parte dell’economia del paese.
Il gigante petrolifero norvegese Statoil ha dichiarato di aspettarsi un recupero della produzione in una settimana.
I prezzi erano saliti del 2% nelle sedute precedenti, per via della notizia di un blocco totale della produzione da parte della aziende se il governo non fosse intervenuto entro la mezzanotte di martedì.
La Norvegia è l’ottavo produttore mondiale di petrolio ed è il quinto esportatore mondiale.
Gli investitori continuano a monitorare gli sviluppi nella zona euro, dopo il meeting dei ministri delle finanze della zona euro che non ha offerto molti segni di progresso nell’affrontare la crisi del debito della zona euro.
Durante il meeting di ieri a Bruxelles l’Eurogruppo ha deciso di posporre la scadenza della Spagna per raggiungere gli obiettivi di inflazione al 2014, in cambio di ulteriori riserve ed ha stabilito i parametri di un pacchetto di salvataggio alle banche di Madrid.
I ministri non hanno fatto progressi evidenti, tuttavia, attivando il fondo di salvataggio del blocco per l’utilizzo nel mercato di bond ha abbassato al spirale dei rendimenti spagnoli e italiani.
Il rendimento dei titoli spagnoli a 10 anni è salito al 7,03% questo martedì, superando la soglia del 7%, considerata insostenibile.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna ad agosto sono scesi dell’1,55%, a 98,78 dollari al barile, con lo spread tra i contratti Brent e quelli del greggio a 13,90 dollari al barile.
I prezzi del petrolio Brent sono saliti a 102,33 dollari al barile il 5 luglio.
Il Greggio Brent è stato supportato dai timori per un’interruzione delle forniture dalla Norvegia, e dal lancio di nuove sanzioni verso le esportazioni iraniane.
Sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna ad agosto sono stati scambiati a 84,88 dollari al barile, durante la mattinata europea, in calo dell’1,3%.
Precedentemente il prezzo era sceso dell’1,6%, al minimo della sessione di 84,63 dollari al barile.
I timori per la crescita globale si sono intensificati dopo i dati ufficiali cinesi che mostrato un calo delle esportazioni e delle importazioni a giungo rispetto al mese precedente, con un calo della domanda globale.
In un rapporto, l’Amministrazione generale delle Dogane cinese ha mostrato che il surplus commerciale del paese si è ampliato a 31,7 miliardi di dollari a giugno, contro i 18,7 miliardi di dollari nel mese precedente.
In Cina le esportazioni salite dell’11,3%, a giugno rispetto all’anno scorso, contro l’aumento del 15,3% di maggio. Le importazioni salite dello 6,3%, a giugno rispetto all’anno scorso, e significativamente al di sotto delle aspettative di un aumento dell’11,0% e contro il 12,7% dello scorso mese.
Normalmente un aumento del surplus commerciale è considerato un fatto positivo, ma i dati di giugno risultano piuttosto legati ad un calo delle importazioni,
un dato che suggerisce un rallentamento della seconda economia mondiale.
Gli investitori attendono i dati economici cinesi nel corso della settimana, tra cui i dati sul PIL del secondo trimestre, per cercare di fare una previsione sull’andamento futuro.
Un ulteriore rallentamento della Cina, la seconda economia mondiale, significherebbe una minore espansione globale, già altalenante per via delle aspre misure di austerità della zona euro.
La Cina è il secondo consumatore mondiale di petrolio dopo gli Stati Uniti ed è stato il traino dell’aumento della domanda.
I prezzi del greggio sono andati sotto pressione dopo che il governo norvegese è intervenuto in uno sciopero dei lavoratori del settore petrolifero dichiarandolo arbitrario.
Reuters ha riportato la dichiarazione del ministro del lavoro Hanne Bjurstroem che afferma “Ho dovuto prendere questa decisione per tutelare gli interessi vitali della Norvegia. Non è stata una scelta semplice, ma ho dovuto farlo”.
Secondo la legge delle Norvegia. Il governo può costringere i lavoratori in sciopero a tornare sul posto di lavoro per proteggere il settore dal quale dipende gran parte dell’economia del paese.
Il gigante petrolifero norvegese Statoil ha dichiarato di aspettarsi un recupero della produzione in una settimana.
I prezzi erano saliti del 2% nelle sedute precedenti, per via della notizia di un blocco totale della produzione da parte della aziende se il governo non fosse intervenuto entro la mezzanotte di martedì.
La Norvegia è l’ottavo produttore mondiale di petrolio ed è il quinto esportatore mondiale.
Gli investitori continuano a monitorare gli sviluppi nella zona euro, dopo il meeting dei ministri delle finanze della zona euro che non ha offerto molti segni di progresso nell’affrontare la crisi del debito della zona euro.
Durante il meeting di ieri a Bruxelles l’Eurogruppo ha deciso di posporre la scadenza della Spagna per raggiungere gli obiettivi di inflazione al 2014, in cambio di ulteriori riserve ed ha stabilito i parametri di un pacchetto di salvataggio alle banche di Madrid.
I ministri non hanno fatto progressi evidenti, tuttavia, attivando il fondo di salvataggio del blocco per l’utilizzo nel mercato di bond ha abbassato al spirale dei rendimenti spagnoli e italiani.
Il rendimento dei titoli spagnoli a 10 anni è salito al 7,03% questo martedì, superando la soglia del 7%, considerata insostenibile.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna ad agosto sono scesi dell’1,55%, a 98,78 dollari al barile, con lo spread tra i contratti Brent e quelli del greggio a 13,90 dollari al barile.
I prezzi del petrolio Brent sono saliti a 102,33 dollari al barile il 5 luglio.
Il Greggio Brent è stato supportato dai timori per un’interruzione delle forniture dalla Norvegia, e dal lancio di nuove sanzioni verso le esportazioni iraniane.