Investing.com – I futures del petrolio sono andati sotto forte pressione per il sesto giorno consecutivo nel corso della mattinata europea, con gli investitori che hanno continuato a tagliare le esposizioni nei timori per l’impatto delle elezioni in Francia e in Grecia nella crisi del debito nella zona euro.
Sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna a giugno sono stati scambiati a 96,47 dollari al barile, durante la mattinata europea, in calo dello 0,55%.
Precedentemente i prezzi erano scesi dello 0,8% al minimo di 96,27 dollari al barile. I prezzi hanno toccato lunedì 95,27 dollari al barile, il minimo dal 20 dicembre 2011. Il calo di 6 giorni consecutivi è il più lungo dal luglio 2010.
Gli investitori restano continuano a monitorare gli sviluppi in Grecia, dopo il fallimento della coalizione del governo in seguito alle elezioni del weekend.
Le speculazioni che il governo greco rifiuterà i termini del piano di salvataggio sono aumentati dopo che
Alexis Tsipras, leader greco del Syriza, il partito incaricato di formare la coalizione di sinistra, ha dichiarato che l’aiuto finanziario alla Grecia è nullo, ed ha chiesto una moratoria sui pagamenti del debito greco.
L’incertezza politica in Grecia ha alimentato i timori che il paese non riesca a mettere in piedi un governo in tempo per assicurarsi il mese prossimo la seconda tranche del salvataggio internazionale, poiché sembra molto probabile la necessità di nuove elezioni, una probabilità che accende la preoccupazione di un potenziale default ed uscita dalla zona euro.
Gli investitori attendono inoltre gli sviluppi in Francia, con il presidente socialista eletto Francois Hollande che ha sostenuto un approccio per affrontare la crisi del debito incentrato maggiormente sulla crescita; tale approccio potrebbe creare tensioni con l’insistenza della Germania sull’austerità fiscale.
Si teme che la crisi del debito sovrano della zona euro possa causare un ulteriore rallentamento che influenzerà la curva della domanda del petrolio.
La zona euro ha rappresentato il 12% del consumo globale di petrolio, secondo i dati British Petroleum.
I prezzi sono andati sotto pressione ulteriormente dopo che il ministro del petrolio in Arabia Saudita Ali al-Naimi ha dichiarato che c’è un eccesso di offerta nel mercato del petrolio è di circa 1,5 milioni di barili al giorno.
Le dichiarazioni si aggiungono a quelle di ieri, quando il ministro ha affermato che il suo paese sta estraendo 10 milioni di barili al giorno e immagazzinandone fino a 80 milioni di barili per spingere le forniture mondiali in risposta ai prezzi che sono “ancora un po’ alti”.
Intanto i traders del petrolio attendono il report settimanale della US Energy Information Administration sulle scorte statunitensi di greggio e prodotti raffinati per misurare la forza della domanda di petrolio del principale consumatore di petrolio mondiale.
Si prevede che il rapporto dimostrerà che le scorte di petrolio greggio degli Stati Uniti sono aumentate di 2 milioni di barili la scorsa settimana, al livello più alto dal settembre 1990, accendendo i timori per un eventuale calo della domanda USA.
Dopo la chiusura dei mercati di ieri, l’American Petroleum Institute ha dichiarato che le scorte greggio USA sono aumentate di 7,78 milioni di barili la scorsa settimana, a 378 milioni di barili, il massimo dall’Agosto 1990.
Gli USA sono il primo consumatore mondiale di petrolio, e rappresentano il 22% della domanda globale.
I prezzi Nymex del greggio sono andati sotto forte pressione la scorsa settimana, perdendo quasi il 9% dal 2 maggio, sia per via dei timori su un rallentamento della ripresa economica - che potrebbe tradursi in una riduzione della domanda di energia – sia per il calo delle tensioni tra l’Iran e le nazioni occidentali sul programma nucleare del paese.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna a giugno sono scesi dello 0,45%, a 112,23 dollari al barile, con lo spread tra i contratti Brent e quelli del greggio a 15,76 dollari al barile.
Il Brent, il benchmark europeo, è oltre il 12% al di sotto del massimo intraday 128,38 toccato il 1° marzo.
Una perdita potenziale di forniture di petrolio iraniano ha contribuito a sostenere i forti aumenti dei prezzi del petrolio nella conclusione dello scorso anno e nel primo trimestre di quest’anno.
Ma i colloqui tra l’Iran le grandi potenze sulle ambizioni nucleari di Teheran, insieme all’aumento della produzione dell’Arabia Saudita e della Libia e dei segni di rallentamento della crescita economica statunitense e sull’occupazione, hanno spinto i prezzi del petrolio verso i massimi del primo trimestre.
Sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna a giugno sono stati scambiati a 96,47 dollari al barile, durante la mattinata europea, in calo dello 0,55%.
Precedentemente i prezzi erano scesi dello 0,8% al minimo di 96,27 dollari al barile. I prezzi hanno toccato lunedì 95,27 dollari al barile, il minimo dal 20 dicembre 2011. Il calo di 6 giorni consecutivi è il più lungo dal luglio 2010.
Gli investitori restano continuano a monitorare gli sviluppi in Grecia, dopo il fallimento della coalizione del governo in seguito alle elezioni del weekend.
Le speculazioni che il governo greco rifiuterà i termini del piano di salvataggio sono aumentati dopo che
Alexis Tsipras, leader greco del Syriza, il partito incaricato di formare la coalizione di sinistra, ha dichiarato che l’aiuto finanziario alla Grecia è nullo, ed ha chiesto una moratoria sui pagamenti del debito greco.
L’incertezza politica in Grecia ha alimentato i timori che il paese non riesca a mettere in piedi un governo in tempo per assicurarsi il mese prossimo la seconda tranche del salvataggio internazionale, poiché sembra molto probabile la necessità di nuove elezioni, una probabilità che accende la preoccupazione di un potenziale default ed uscita dalla zona euro.
Gli investitori attendono inoltre gli sviluppi in Francia, con il presidente socialista eletto Francois Hollande che ha sostenuto un approccio per affrontare la crisi del debito incentrato maggiormente sulla crescita; tale approccio potrebbe creare tensioni con l’insistenza della Germania sull’austerità fiscale.
Si teme che la crisi del debito sovrano della zona euro possa causare un ulteriore rallentamento che influenzerà la curva della domanda del petrolio.
La zona euro ha rappresentato il 12% del consumo globale di petrolio, secondo i dati British Petroleum.
I prezzi sono andati sotto pressione ulteriormente dopo che il ministro del petrolio in Arabia Saudita Ali al-Naimi ha dichiarato che c’è un eccesso di offerta nel mercato del petrolio è di circa 1,5 milioni di barili al giorno.
Le dichiarazioni si aggiungono a quelle di ieri, quando il ministro ha affermato che il suo paese sta estraendo 10 milioni di barili al giorno e immagazzinandone fino a 80 milioni di barili per spingere le forniture mondiali in risposta ai prezzi che sono “ancora un po’ alti”.
Intanto i traders del petrolio attendono il report settimanale della US Energy Information Administration sulle scorte statunitensi di greggio e prodotti raffinati per misurare la forza della domanda di petrolio del principale consumatore di petrolio mondiale.
Si prevede che il rapporto dimostrerà che le scorte di petrolio greggio degli Stati Uniti sono aumentate di 2 milioni di barili la scorsa settimana, al livello più alto dal settembre 1990, accendendo i timori per un eventuale calo della domanda USA.
Dopo la chiusura dei mercati di ieri, l’American Petroleum Institute ha dichiarato che le scorte greggio USA sono aumentate di 7,78 milioni di barili la scorsa settimana, a 378 milioni di barili, il massimo dall’Agosto 1990.
Gli USA sono il primo consumatore mondiale di petrolio, e rappresentano il 22% della domanda globale.
I prezzi Nymex del greggio sono andati sotto forte pressione la scorsa settimana, perdendo quasi il 9% dal 2 maggio, sia per via dei timori su un rallentamento della ripresa economica - che potrebbe tradursi in una riduzione della domanda di energia – sia per il calo delle tensioni tra l’Iran e le nazioni occidentali sul programma nucleare del paese.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna a giugno sono scesi dello 0,45%, a 112,23 dollari al barile, con lo spread tra i contratti Brent e quelli del greggio a 15,76 dollari al barile.
Il Brent, il benchmark europeo, è oltre il 12% al di sotto del massimo intraday 128,38 toccato il 1° marzo.
Una perdita potenziale di forniture di petrolio iraniano ha contribuito a sostenere i forti aumenti dei prezzi del petrolio nella conclusione dello scorso anno e nel primo trimestre di quest’anno.
Ma i colloqui tra l’Iran le grandi potenze sulle ambizioni nucleari di Teheran, insieme all’aumento della produzione dell’Arabia Saudita e della Libia e dei segni di rallentamento della crescita economica statunitense e sull’occupazione, hanno spinto i prezzi del petrolio verso i massimi del primo trimestre.