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Greggio WTI sopra i 62 dollari dopo i dati positivi sulle scorte USA

Pubblicato 06.05.2015, 16:36
© Reuters.  Impennata del greggio WTI dopo i dati positivi sulle scorte USA
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Investing.com - I futures del greggio West Texas Intermediate subiscono un’impennata al massimo della seduta questo mercoledì, dopo i dati che hanno mostrato che le scorte di greggio statunitensi sono scese per la prima volta negli ultimi quattro mesi la scorsa settimana.

Sul New York Mercantile Exchange, il greggio con consegna a giugno tocca il massimo intraday di 62,56 dollari al barile, il massimo dal 10 dicembre, prima di attestarsi a 62,33 dollari negli scambi della mattinata statunitense, con un’impennata di 1,93 dollari, o del 3,2%. Il prezzo era pari a 62,03 dollari prima della pubblicazione dei dati.

Nel report settimanale della U.S. Energy Information Administration si legge che le scorte di greggio USA sono diminuite di 3,9 milioni di barili nella settimana terminata l’1 maggio, deludendo le aspettative di un aumento di 1,5 milioni di barili.

Secondo il report, inoltre, le scorte a Cushing, in Oklahoma, il principale hub di consegna del greggio Nymex, sono diminuite di 12.000 barili la scorsa settimana, il secondo calo settimanale consecutivo.

Le scorte di greggio USA alla scorsa settimana ammontano a 487,0 milioni di barili.

I futures del greggio USA sono saliti di circa il 40% dopo aver toccato un recente minimo il 18 marzo, tra le speranze che la produzione di petrolio di scisto USA abbia raggiunto il picco e possa iniziare a scendere nei prossimi mesi, grazie anche alla riduzione del numero degli impianti di trivellazione.

L’agenzia di ricerche di settore Baker Hughes (NYSE:BHI) ha dichiarato che il numero degli impianti di trivellazione negli Stati Uniti si è ridotto di 24 unità a 679 la scorsa settimana, il ventunesimo calo settimanale consecutivo ed il minimo dal settembre del 2010.

Negli ultimi mesi, i traders hanno seguito da vicino la riduzione degli impianti di trivellazione per cercare di capire se possa contribuire a ridurre l’eccesso di greggio sul mercato.

Sull’ICE Futures Exchange di Londra, il greggio Brent con consegna a giugno subisce un’impennata di 1,78 dollari, o del 2,64%, a 69,31 dollari al barile, dopo aver toccato il massimo giornaliero di 69,60 dollari, un livello che non si registrava dal 5 dicembre.

Il greggio Brent è stato supportato dai timori per un’interruzione delle forniture dalla Libia e dalla notizia che l’Arabia Saudita avrebbe alzato il prezzo del greggio per gli acquirenti asiatici.

Lo spread tra il Brent ed il WTI è di 6,98 dollari al barile, contro i 7,12 dollari segnati alla chiusura di ieri.

Intanto, l’Indice del Dollaro USA, che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, crolla dell’1,35% a 93,99, il minimo dal 19 febbraio.

Il calo del dollaro ha seguito i dati che hanno mostrato un aumento minore del previsto dell’occupazione non agricola privata USA ad aprile, dati che hanno scatenato i timori per la forza del mercato del lavoro statunitense.

L’azienda di elaborazione buste paga ADP ha dichiarato che l’occupazione non agricola privata ha aggiunto 169.000 nuovi posti di lavoro lo scorso mese, contro le aspettative di un aumento di 200.000 unità. L’economia a marzo ha creato 175.000 nuovi posti di lavoro, dato rivisto al ribasso dai dati precedentemente riportati di 189.000.

Un secondo report ha mostrato che la produttività non agricola è diminuita di un dato destagionalizzato dell’1,9% nel primo trimestre dell’anno, più dell’1,8% previsto. Il dato del trimestre precedente è stato rivisto ad un calo del 2,1% da un dato inizialmente riportato del 2,2%.

Nel report si legge inoltre che il costo unitario della manodopera è aumentato di un dato destagionalizzato del 5,0% nel primo trimestre, al di sopra del 4,3% previsto e dopo l’aumento del 4,2% del quarto trimestre.

La recente serie di dati economici statunitensi deludenti ha ridimensionato l’ottimismo per la ripresa, alimentando le speculazioni che la Fed possa rinviare l’aumento dei tassi di interesse alla fine del 2015, anziché inasprire la politica monetaria a metà anno.

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