Investing.com - Il prezzo dell’oro segna un lieve rialzo questo lunedì, dopo le parole del Governatore della Federal Reserve Stanley Fischer, secondo cui la Fed è in apprensione per l’inflazione bassa e non alzerà i tassi fino a quando l’inflazione non tornerà a livelli più normali.
Fischer ha spiegato che la maggior parte del calo dell’inflazione è temporanea e dipende dalla riduzione del prezzo del greggio e delle materie prime.
I futures dell’oro con consegna a dicembre sulla divisione Comex del New York Mercantile Exchange salgono di 80 centesimi, o dello 0,08%, a 1.094,90 dollari l’oncia troy negli scambi della mattinata statunitense.
Venerdì, l’oro è sceso a 1.081,40 dollari, prima di chiudere a 1.094,10 dollari, in salita di 4,00 dollari, o dello 0,37% mentre i traders continuavano ad interrogarsi sulla tempistica dell’aumento dei tassi da parte della Federal Reserve dopo la pubblicazione dei dati incoraggianti sull’occupazione non agricola USA.
Secondo il Dipartimento per il Lavoro, infatti, l’economia statunitense ha aggiunto 215.000 nuovi posti di lavoro il mese scorso, poco meno dei 223.000 previsti, ma comunque un segnale di una forte crescita.
Il tasso di disoccupazione è rimasto invariato al minimo di sette anni del 5,3%, in linea con le aspettative.
La retribuzione oraria, una voce del report che secondo la Federal Reserve deve essere in salita, ha segnato un aumento dello 0,2%, in linea con le aspettative e dopo la lettura invariata del mese precedente.
I dati sembrano non aver pesato sulle aspettative di un aumento dei tassi di interesse a settembre da parte della Federal Reserve, ma hanno ridimensionato le aspettative di più aumenti dei tassi prima della fine dell’anno.
L’oro è crollato al minimo di cinque anni e mezzo di 1.072,30 dollari il 24 luglio tra le speculazioni che la Federal Reserve possa alzare i tassi a settembre per la prima volta dal 2006.
Le aspettative di un aumento dei tassi pesano sull’oro, poiché il metallo prezioso non riesce a competere con gli investimenti ad alto rendimento in concomitanza all’aumento dei tassi.
L’Indice del Dollaro USA, che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, sale dello 0,15 a 97,65 questo lunedì, non lontano dal massimo di tre mesi di 98,42 segnato la scorsa settimana.
Di recente, il biglietto verde è stato supportato dalle speranze che il miglioramento dell’economia statunitense possa spingere la Federal Reserve ad alzare i tassi di interesse a breve termine già il mese prossimo.
Intano, il prezzo del rame si stacca dal minimo degli ultimi sei anni questo lunedì, a causa della recente serie di dati economici deludenti cinesi che ha alimentato le aspettative che i legislatori di Pechino debbano introdurre ulteriori misure di stimolo per sostenere la crescita.
Il rame con consegna a settembre sulla divisione Comex del New York Mercantile Exchange sale di 1,1 centesimi, o dello 0,48%, a 2,344 dollari la libbra negli scambi della mattinata newyorkese.
Venerdì, il rame è crollato a 2,313 dollari, un livello che non si registrava dal giugno del 2009, prima di chiudere a 2,332 dollari, in calo di 0,8 centesimi, o dello 0,36%. La scorsa settimana il prezzo del rame è crollato di 2,3 centesimi, o dell’1,31%, il sesto calo settimanale consecutivo, tra i crescenti timori per lo stato di salute dell’economia cinese.
I dati governativi rilasciati ieri hanno mostrato che i prezzi alla produzione cinesi sono scesi più del previsto a luglio, segnando un calo del 5,4%, il quarantesimo calo mensile consecutivo e la lettura peggiore dall’ottobre del 2009.
Sabato i dati hanno mostrato che le esportazioni cinesi sono scese dell’8,3% rispetto allo scorso anno, ben al di sopra del calo previsto dell’1,0% ed il calo maggiore degli ultimi quattro mesi. Le importazioni sono scese dell’8,1%, in linea con le aspettative di un calo dell’8,0%.
La nazione asiatica, col 40% della richiesta mondiale di rame lo scorso anno, è considerata il principale consumatore globale del metallo rosso.