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Che cosa ci insegna la lezione di FTX: le cripto sono ancora un Far West

Pubblicato 11.11.2022, 11:42
Aggiornato 11.11.2022, 12:29
© Shutterstock

Di Alessandro Albano 

Investing.com - Da una valutazione 32 miliardi di dollari, al rischio di insolvenza. E' quanto successo in meno di una settimana a FTX, la terzo crypto-exchange al mondo in termini di volumi, un terremoto che ha portato il Bitcoin a testare di nuovo i 15 mila dollari (-25% pochi giorni), il livello più basso dall'ottobre 2020.

Quello di FTX non è l'unico "cripto-crash" del 2022, se aggiungiamo il crollo della stablecoin Terra e la bancarotta di Celsius, società di prestiti di crpptovalute con oltre 1,7 milioni di utenti registrati. 

Che cos'è successo

La vicenda inizia lo scorso 2 novembre, quando emergono le prime voci che il mega debito da $8 miliardi di Alameda Research, società di trading fondata da Samuel Bankman-Fried, già fondatore di FTX. sarebbe infatti in gran parte garantito dagli FTT, i token emessi proprio da FTX.

La notizia esce, e per cercare di arginare una crisi di liquidità scoppiata da li a poco sui mercati digitali, Changpeng Zhao, fondatore e ceo di Binance, comunica la vendita di FTT per $500 milioni, determinando un crollo del token e la conseguente corsa ai prelievi da parte dei clienti che nel frattempo cominciano a registrare perdite importanti. 

FTX blocca i prelievi, "congelando de facto gli asset dei suoi clienti", ricorda in una nota Michele Mandelli, Managing Partner di CheckSig, e tramite un accordo (poi fallito) con Binance cerca di essere salvata dalla rivale. 

L'operazione salta e, come spiega Mandelli, oggi FTX è alla ricerca "di un cavaliere bianco, che si vocifera possa essere Justin Sun, fondatore di Tron e altro cripto-imprenditore miliardario".

La fattibilità dell’operazione, tuttavia, è tutt'altro che certa, "sia per i tempi estremamente rapidi che per la poca chiarezza sulla reale consistenza del buco”, aggiunge il managing partner di CheckSig, piattaforma italiana fondata nel 2019 che si occupa di gestire i criptoasset per investitori individuali e istituzionali.

A pagare, fa notare Mandelli, "sono i VC azionisti di FTX, e soprattutto i clienti – i cui risparmi sono ancora bloccati, se non evaporati".

La lezione di FTX

"La crisi di FTX è l’ennesima prova di come l’universo dei cripto asset necessiti di un passo in avanti nella regolamentazione e nella trasparenza, anche per i potenziali effetti a catena che possono riversarsi sui mercati tradizionali", afferma il manager. 

Il Bitcoin, infatti, è ormai presente nei bilancio di numerose banche e fondi d’investimenti, mentre fondi azionari, banche, private equity e venture capital hanno esposizioni consistenti ai crypto-exchange privati e quotati, essendo azionisti o creditori. 

Operazioni simili nella finanza tradizionale sarebbero passate sotto il vaglio degli organi di vigilanza, per questo il manager di CheckSig è convinto nell'affermare che "quello dei crypto-asset è, ancora oggi, un Far West dove spesso manca la trasparenza", 

"La trasparenza e la regolamentazione sono per questo sempre più una necessità impellente nel mondo dei crypto-asset e la pietra angolare da cui costruire questo nuova fiducia è quella della prova di riserva, che nel caso di FTX è venuta a mancare. Si tratta di una verifica indipendente condotta da una terza parte, che garantisce che il depositario detenga le attività che dichiara di possedere per conto dei suoi clienti. Una scelta che però fanno ancora troppi pochi player del settore, e che dovrebbe essere invece uno standard di mercato", ha concluso il managing partner. 

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