di Paolo Biondi
ROMA (Reuters) - Giorgio Napolitano, negli auguri di fine anno, ha delineato il Paese che verrà visto dall'alto del Quirinale e come la presidenza della Repubblica dovrà gestire la situazione in "continuità istituzionale" anche dopo la sua dipartita.
Ha chiesto alle opposizioni di non intralciare il governo nel compimento del processo delle riforme istituzionali, ai sindacati di favorire il Jobs act e alla minoranza interna del Pd di smettere di paventare la scissione.
Il suo successore dovrà tenere sgombro il campo da ogni minaccia di elezioni anticipate e difendere il prestigio internazionale del Paese così come finora il ministro Pier Carlo Padoan (unico citato della squadra in campo) ha saputo fare con "valore e affidabilità".
Un endorsement?
Bruno Tabacci, lasciando la sala dei Corazzieri, dice a Reuters di non avere dubbi: "Certo, per Napolitano è lui la persona riconosciuta e apprezzata a livello internazionale". Ma la partita è ancora lunga. Napolitano lascia intendere che potrebbe dimettersi dopo il 13 gennaio con inizio delle votazioni fra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio.
Difficile da comprendere, invece, l'invito che viene oggi da un commento di Mf: Mario "Draghi farebbe bene a ribadire l'estraneità a questa vicenda". Perché farsi indietro visto che non si è fatto avanti e a spingerlo è semmai il Financial Times?