America 4,1 % ed Europa 1,2%, questo il risultato impietoso se il PIL venisse calcolato allo stesso modo sulle due sponde dell’Atlantico. Rispetto a fine 2017 la crescita è ridotta a meno di un terzo.
Le previsioni erano per una crescita debole ma invariata rispetto al primo trimestre, un +0,4% sulla distanza dei tre mesi, in netto rallentamento rispetto allo 0,7% messo a segno negli ultimi due trimestri del 2017. Ma il dato ufficiale di Eurostat mostra un ancor più modesto 0,3% sul trimestre e 2,1% sull’anno dopo il 2,5% dei primi tre mesi. Il grafico qui sotto mostra che l’economia europea non riesce a schiodare da tassi di crescita relativamente modesti dalla crisi del debito del 2011-2012. Mentre infatti dopo il crac Lehman la ripresa dall’abisso del 2009 era stata vivace, gli effetti delle difficoltà innescate dalla Grecia che poi hanno contagiato Italia, Spagna e Portogallo sono stati duraturi e hanno assunto quasi il carattere della cronicità.
IL PESO DELLA DISOCCUPAZIONE
Se il PIL venisse calcolato come in America, vale a dire annualizzando il dato trimestrale, avremmo registrato un modesto 1,2% contro lo sfavillante 4,1% sventolato da Trump settimana scorsa. È vero che il dato di aprile-giugno è influenzato da condizioni meteo avverse e da una serie di scioperi in Francia e Germania. Ma il divario resta comunque molto forte. Una delle differenze principali tra le due aree è lo stato di salute del mercato del lavoro. Nella Zona Euro il tasso di disoccupazione rimane stabilmente sopra l’8%, all’8,3% per la precisione nell’ultima rilevazione, con punte oltre il 10% in alcuni paesi come l’Italia, mentre in USA è molto meno della metà con la creazione di posti che macina nuovi record ogni mese.
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L’INFLAZIONE È IL BICCHIERE MEZZO PIENO
L’ingrediente che è venuto a mancare nella prima metà del 2018 e che invece era stato la benzina dell’economia nel 2017 sembra essere soprattutto la fiducia. Una serie di fattori, a cominciare dalla guerra del dazi e dalla Brexit che non finisce mai, hanno depresso l’umore degli investitori e la voglia di impiegare capitali degli imprenditori. Molti segnali sembrano indicare che il peggio potrebbe essere passato. In questo senso si è espresso giovedì scorso anche il presidente della BCE Mario Draghi. In effetti un elemento che consente di vedere il bicchiere mezzo pieno c’è, e si chiama inflazione, che finalmente sembra aver rialzato la testa. A luglio il preliminare segna 2,1%, qualcosa sopra il target della BCE.
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** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge