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Inflazione: con crisi Mar Rosso rischio di nuovi rialzi tassi? L’analisi Schroders

Pubblicato 12.01.2024, 12:37
© Reuters.

Investing.com – Dopo gli attacchi di Stati Uniti e Gran Bretagna agli obiettivi Houthi in Yemen la tensione nel Mar Rosso è salita. Il rischio è che gli scontri in un’area cruciale per il traffico marittimo danneggino gravemente il commercio globale, innescando a catena una nuova fiammata dell’inflazione. Tuttavia, secondo Schroders (LON:SDR), la situazione è ben diversa rispetto a ciò che è successo durante il periodo del Covid, quando i blocchi nella catena di approvvigionamento hanno causato l’incremento dei prezzi e spinto le banche centrali ad aumentare i tassi d’interesse.

Dal Mar Rosso non passa più nessuno

“Le immagini satellitari mostrano che praticamente nessuna nave diretta verso i principali porti europei, statunitensi o britannici sta attraversando il Mar Rosso, e preferisce invece deviare verso l'Africa meridionale”, racconta David Rees, senior emerging markets economist di Schroders.

“Quest’ultima disruption – ricorda - fa seguito ai problemi nel Canale di Panama, dove una combinazione di siccità prodotta dai cambiamenti climatici e variazioni delle precipitazioni dovute a El Nino ha causato un abbassamento dei livelli delle acque. Nel contempo, in Europa, l’umidità ha come conseguenza che il livello del Reno, una rotta di navigazione fondamentale per i produttori tedeschi, sia troppo alto. Inoltre, considerato che le imminenti elezioni a Taiwan comportano il rischio di nuove esercitazioni militari a opera della Cina, come quelle che hanno interrotto le rotte marittime asiatiche nel 2022”.

Insomma, sembra che le catene di approvvigionamento globali debbano affrontare una tempesta perfetta colma di rischi.

Leggi anche: Petrolio e gas si infiammano con l’escalation del conflitto in Medio Oriente

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L’inflazione tornerà a salire?

Tutto ciò rievoca ricordi dolorosi: i problemi della catena di approvvigionamento scoppiati durante la pandemia di Covid-19. “Essi – spiega Rees - hanno contribuito al recente aumento dell'inflazione, che, da ultimo, ha costretto le banche centrali mondiali a rialzare aggressivamente i tassi d’interesse. I mercati stanno attualmente scontando tagli aggressivi dei tassi d’interesse in Europa, Regno Unito e Stati Uniti, e alcuni tagli sono già previsti nel primo semestre del 2024”.

Tutto ciò porta a chiedersi se i nuovi problemi delle catene di approvvigionamento implicheranno un aumento dell'inflazione, costringendo i policymaker a rivedere le relative prospettive.

“Molto dipenderà dalla durata degli attuali sconvolgimenti”, sottolinea l’esperto. Tuttavia, aggiunge, “almeno tre importanti differenze nel contesto economico globale suggeriscono che è improbabile che i problemi nel Mar Rosso determinino un rialzo significativo dell'inflazione”.

In primo luogo, le condizioni della domanda sono attualmente molto più deboli. “Mentre gli ampi stimoli monetari e fiscali hanno sostenuto l'economia globale dopo le prime perturbazioni causate dalla pandemia mondiale, la crescita sta attualmente rallentando”, osserva Rees. “Prevediamo una crescita del Pil mondiale di appena il 2,5% sia quest'anno che il prossimo. L'Eurozona è probabilmente già in recessione, il Regno Unito registra una certa debolezza e l'attività negli Stati Uniti sta evidenziando un raffreddamento”.

In secondo luogo, “mentre i lockdown per contenere la diffusione del Covid-19 hanno fatto sì che la domanda si concentrasse nel settore dei beni durante la pandemia, i modelli di consumo sono ora molto più equilibrati”. In effetti, ragiona l’esperto “la riapertura delle economie ha determinato il fatto che, negli ultimi due anni, la domanda si orientasse nuovamente verso i servizi, lasciando il settore manifatturiero globale in recessione”.

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In terzo luogo, secondo l’analista, anche sul fronte dell'offerta, l'economia globale è in condizioni decisamente migliori. “Mentre, durante la pandemia, la produzione era completamente bloccata per via di lockdown che venivano imposti e poi rimossi, ora non si registrano sconvolgimenti di questo tipo. Le deviazioni intorno all'Africa meridionale allungheranno i tempi di consegna, ma le merci giungeranno comunque a destinazione, il che suggerisce che vere e proprie carenze sono improbabili. Peraltro, i recenti dati commerciali della Cina, che mostrano una crescita delle esportazioni molto più rapida in termini di volumi che non di valori, suggeriscono che le aziende, almeno in alcuni settori, sono costrette a scontare i prezzi per smaltire le capacità in eccesso”.

Per approfondire: scopri come proteggere i risparmi dall'inflazione.

Ma i rischi non mancano

Un rischio più immediato per l'inflazione globale subentrerebbe se le tensioni in Medio Oriente iniziassero a influenzare l'offerta di materie prime, in particolare facendo salire i prezzi dell'energia. In particolare, Schroders, in uno dei suoi scenari ipotizza che, “oltre alle frizioni commerciali, un ampliamento delle tensioni nella regione potrebbe far salire i prezzi del petrolio verso i 120 USD al barile”.

In questo caso, il gestore prevede che l'economia globale si muoverebbe verso una stagflazione, “dato che l'aumento dei costi energetici farebbe salire l'inflazione, col rischio di effetti secondari (data la rigidità dei mercati del lavoro) che peserebbero sulla crescita, costringendo le banche centrali a rinunciare ai tagli dei tassi e, forse, anche a ulteriori rialzi”.

Tuttavia, precisa Rees “finora, i prezzi del petrolio hanno registrato un andamento soddisfacente e il petrolio greggio Brent è rimasto sostanzialmente invariato, a poco meno di 80 USD al barile”.

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Al momento, dunque, pericolo scampato. In ogni caso, conclude l’economista di Schroders che pone l’accento sul necessario riassetto delle filiere globali, “l'ultimo intoppo nelle rotte di trasporto costituisce l'ennesimo promemoria dei rischi associati a lunghe catene di approvvigionamento in un mondo sempre più frammentato.

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ma andate affanchiulo voi e i tassi ... siete il cancro del mondo americani di me,rda
Mi sorprende sempre trovare commenti dei comunisti in un forum di CAPITALISTI.
👍
eventualmente stagflazione..MS credo solo x la Cina
dobbiamo aumentare i tassi oltre il 5% così si abbatte l'inflazione
eh si, alla luce di tutto, una bella recessione è esattamente quello che ci vorrebbe
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