Se nel breve la pandemia determina volatilità dei dati sull’inflazione, nel lungo periodo, spiegano in Amundi Asset Management, i prezzi potrebbero tornare crescere
L’attenzione degli investitori è essenzialmente focalizzata sugli effetti della pandemia su economie, occupazione, bilanci pubblici e livello del debito, mentre l’inflazione viene spesso trascurata. Un errore rischioso per gli strategist di Amundi Asset Management: ora più che mai, si legge in un loro recente rapporto, è fondamentale mantenere alta l’attenzione su questa metrica, dal momento che potremmo essere all’inizio di un completo cambiamento di regime. Nel breve termine, spiegano, la pandemia comporta una volatilità dei dati sull’inflazione perché i fattori che ne determinano l’andamento si muovono in direzioni opposte.
MAGGIORE VOLATILITÀ NEL BREVE
Dal lato dell’offerta, il blocco dell’operatività potrebbe spingere temporaneamente al rialzo i prezzi dei prodotti dalla domanda inelastica, in particolare nel settore alimentare, mentre dal lato della domanda bassa fiducia e calo del reddito delle famiglie avranno un impatto negativo sui prezzi, maggiore rispetto agli effetti dello shock dell’offerta, potrebbe essere il caso, ad esempio, di beni durevoli come le auto e delle attività ricreative. Per gli investitori sarà estremamente importante dissociare gli effetti tecnici da quelli più organici, e le conseguenze una tantum dalle tendenze a lungo termine. Per il 2020 la previsione degli esperti di Amundi è che l’indice dei prezzi al consumo complessivo calerà all’1% negli Stati Uniti e allo 0,6% per l’area euro, prima di riprendersi nel 2021...
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge