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Tassi: cosa aspettarsi dalle riunioni delle Banche centrali secondo gli analisti

Pubblicato 12.12.2023, 10:53
BAMI
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Investing.com – È la settimana delle banche centrali: mentre i banchieri continuano a predicare calma, gli operatori hanno già espresso il proprio consenso per un altro stop alla stretta monetaria. In base al monitor dei tassi Fed di Investing.com, quando manca poco più di un giorno alla decisione della Fed, i mercati credono al 94,5% che i tassi d'interesse rimarranno fermi nella forchetta tra il 5,25 e il 5,50%. Tuttavia, l’ultima parola spetta come sempre ai consigli direttivi. Cosa aspettarsi dunque dai prossimi appuntamenti? Per cercare di capire come si comporteranno le banche centrali, Investing.com ha raccolto le opinioni degli analisti sulle riunioni di questa settimana.

Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte

Le riunioni Fed e BCE di questa settimana metteranno alla prova le aspettative degli operatori per il 2024, che si sono spinte fino a prevedere ben cinque tagli dei tassi con una probabilità non trascurabile a partire da marzo.

Sia Powell sia Lagarde hanno provato in diverse occasioni a calmare i "bollenti spiriti" degli operatori, sottolineando che il calo dell'inflazione procede, ma non bisogna abbassare la guardia.

Si arriva così all'appuntamento di fine anno con le banche centrali, che verosimilmente cercheranno ancora di gettare acqua sul fuoco, proprio per evitare sorprese negative sul fronte inflazione, memori dell'esperienza degli anni '70.

I membri Fed nella riunione di settembre avevano ipotizzato un livello dei tassi 2023 di 25 pb superiore a quello attuale, con tagli da 50 pb nel 2024. I dots saranno monitorati con attenzione per verificare quanto i membri Fed si avvicinino alle attese di mercato attuali.

Lagarde punterà probabilmente sul fatto che l'inflazione potrebbe risalire nei prossimi mesi, rendendo prematuro ipotizzare dei tagli. Ma è anche vero che nelle previsioni su Pil e inflazione che saranno rese note giovedì prossimo figurerà per la prima volta il 2026, che potrebbe far emergere un'inflazione al 2% o anche leggermente al di sotto. Importante sarà anche l'inflazione stimata al 2025, ipotizzata al 2,1% a settembre.

Come potrebbe chiudersi il confronto banche centrali/operatori? Il richiamo dei banchieri centrali alla moderazione potrebbe essere solo in parte recepito, soprattutto se poi "tradito" dalle stime sull'inflazione.

In ultima istanza, ci si aspetta che il trend calante dei tassi continuerà nel 2024. Tuttavia, se le banche centrali dovessero iniziare a intravvedere il target del 2%, il percorso calante dei tassi potrebbe iniziare a sperimentare qualche curva, determinata ad esempio da dati macro sopra le attese, da un rigurgito inflattivo per effetto del confronto dicembre/gennaio (come prezzano gli inflation swap) o, infine, dalla ripresa delle emissioni.

In poche parole, gli operatori volterebbero pagina con il tema banche centrali alle prese con l'inflazione e inizierebbero a fronteggiare altri temi, che, pur non negando l'ipotesi di un trend calante, lo renderebbero meno ripido in discesa.

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Advisory di Cassa Lombarda

Questa settimana sarà cruciale sul fronte delle banche centrali in quanto si riuniranno sia la FED che la Bce. Secondo gli economisti la Banca Centrale Europea manterrà nel meeting del 14.12 i tassi fermi, mentre un primo taglio potrebbe avvenire già a giugno dell’anno prossimo contro precedenti attese di una mossa a settembre, a causa del peggioramento del quadro economico nelle ultime settimane. I mercati sono più aggressivi e scontano già un taglio di 150 punti base per il prossimo anno, con una prima riduzione già a marzo. Ci si attende anche che la Bce tagli le proprie previsioni economiche ma nel comunicato raffreddi le aspettative di un taglio dei tassi. Per quanto riguarda la FED, i mercati sono convinti che il picco dei tassi sia stato effettivamente raggiunto ed ora si possa iniziare a scommettere su possibili tagli al costo del denaro il prossimo anno, anche se il Presidente Powell ha di recente dichiarato che è troppo presto per fare speculazioni in tal senso. In Eurozona, il PMI Servizi dovrebbe cambiare di poco e restare ancora in zona contrazione di contrazione economica (48,5 l’ultimo dato), mentre il settore manifatturiero dovrebbe mostrare un moderato aumento grazie ad una graduale stabilizzazione. In Usa, l’inflazione dovrebbe continuare a rallentare grazie al calo della componente energia.

Luke Bartholomew, senior economist di abrdn

Le prossime riunioni di Fed e BoE potrebbero essere relativamente monotone, con un basso rischio di cambiamento della politica monetaria. Tuttavia, la comunicazione che accompagnerà le riunioni sarà particolarmente importante alla luce dei recenti movimenti di mercato.

Il netto calo dell'inflazione globale ha alimentato le speculazioni del mercato sulla possibilità che il prossimo anno in molte economie i tassi di interesse saranno tagliati prima del previsto. È chiaro che molte banche centrali non sono del tutto a loro agio con queste speculazioni, perché i mercati che anticipano futuri tagli dei tassi, rischiano di vanificare gran parte dei progressi compiuti sul fronte dell'inflazione.

È probabile che la Bank of England sia in prima linea nel contrastare l’ipotesi di tagli anticipati. Sebbene l'inflazione britannica non sembri più un'anomalia a livello internazionale, è ancora vero che i progressi verso il ritorno al target di inflazione sono meno avanzati nel Regno Unito che altrove, ed è quindi particolarmente importante che la BoE sembri impegnata a mantenere una politica restrittiva per riportare l'inflazione al target in modo sostenibile.

Se la BoE si troverà a tagliare i tassi all'inizio del prossimo anno, probabilmente lo farà da una posizione di debolezza, dato che l'economia si è deteriorata rapidamente, mentre negli Stati Uniti eventuali tagli sarebbero effettuati da una posizione di forza, con un calo dell'inflazione che consentirebbe alla Fed di allentare la pausa della politica monetaria, contribuendo così a un atterraggio morbido.

In ogni caso, riteniamo che il messaggio chiaro lanciato da entrambe le banche centrali questa settimana sarà quello di non prendere in considerazione tagli dei tassi nel breve termine. In caso contrario, le speculazioni sui tagli continueranno ad aumentare.

Mark Dowding, fixed Income cio di RBC BlueBay AM

I dati sull'inflazione, a livello globale, sono migliorati negli ultimi mesi. In Europa, Isabel Schnabel della BCE ha addirittura definito "notevole" il calo del CPI tedesco, concludendo che non saranno necessari ulteriori rialzi dei tassi e che l'obiettivo di un'inflazione al 2% sembra ormai raggiungibile nei prossimi 12 mesi. Ciò ha comportato una forte revisione delle aspettative sui tassi d'interesse in euro a breve termine, con i contratti a breve scadenza che hanno registrato un rialzo di 60 pb nelle ultime due settimane.

Tuttavia, vorremmo sottolineare che il recente calo dell'inflazione è molto meno rilevante di quanto possa sembrare. Gli effetti base hanno abbassato il CPI, ma è probabile che nei prossimi mesi l'inflazione torni a salire, man mano che questi fattori vengono meno.

Di conseguenza, rimaniamo dell'idea che i tagli dei tassi siano probabili solo nella seconda metà del prossimo anno, con il costo del denaro che scenderà di 50 pb sia negli Stati Uniti che nell'Eurozona. Questa previsione è più pessimista di quello che prezza attualmente il mercato: i mercati dei futures scontano infatti un taglio nell'Eurozona a marzo e uno negli Stati Uniti già a maggio.

Riteniamo che l'entusiasmo del mercato per i tagli dei tassi sia diventato eccessivo. Le condizioni finanziarie si sono notevolmente allentate e, a meno che non si registrino dati decisamente più deboli per il mercato del lavoro e per il CPI statunitense della prossima settimana, riteniamo che la prossima riunione della Fed non vedrà una revisione sostanziale del tono del FOMC.

Nell'ultima riunione trimestrale di settembre, il dot plot delle aspettative sui tassi mostrava che gli esponenti della Fed si aspettavano un ulteriore rialzo alla fine del 2023 e tagli per 50 pb nel 2024, in linea con le nostre previsioni.

Anche se il rialzo dei tassi del 2023 sarà rimosso, riteniamo che la traiettoria rimarrà invariata. Da questo punto di vista, il mercato è destinato a rimanere deluso se Powell non farà la parte di Babbo Natale.

Erik Weisman, chief economist and portfolio manager, MFS Investment Management

Tra le riunioni della Fed di fine settembre e del 1° novembre, le condizioni finanziarie si sono notevolmente inasprite. I rendimenti dei Treasury statunitensi sono aumentati notevolmente, il dollaro si è rivalutato, le valutazioni azionarie sono diminuite e gli indici delle materie prime sono aumentati. Durante la conferenza stampa di novembre, il presidente Powell ha osservato che l'inasprimento delle condizioni finanziarie potrebbe giustificare ulteriori rialzi dei tassi della Fed, ma che ciò dipenderà dalla persistenza dell'inasprimento delle condizioni finanziarie.

All'inizio di dicembre, l'inasprimento delle condizioni finanziarie generali si è praticamente invertito. Sarà quindi interessante vedere come la Fed incorporerà questo sviluppo nelle sue previsioni. A parità di condizioni, questo significativo allentamento delle condizioni finanziarie suggerirebbe che la Fed dovrebbe essere più aggressiva rispetto all'ultima riunione.

Ma, come sempre, non tutto è come dovrebbe. Dall'ultima riunione del FOMC (Comitato federale del mercato aperto), infatti, i dati macro-statunitensi si sono indeboliti e anche le misure dell'inflazione al consumo sono diminuite. L'indebolimento del panorama macro e l'inflazione al consumo più contenuta hanno indotto il mercato a prezzare sempre più insistentemente tagli della Fed nel 2024 e a prevedere che tali tagli inizino prima.

Se si tiene conto di tutto questo, è molto probabile che la riunione di dicembre si opponga con forza contro i prezzi di mercato, con i "valori di riferimento" per la fine del 2024 che indicano solo circa 25 punti base di tagli. La Fed riterrà di non potersi permettere un ulteriore allentamento delle condizioni finanziarie, che potrebbe riaccelerare la domanda di lavoro ed esercitare una nuova pressione al rialzo sul tasso di inflazione al consumo. Resta da vedere se il mercato coglierà il segnale e probabilmente sarà guidato dai dati macro in corso di elaborazione più che dalle parole d'ordine della Fed.

Franck Dixmier, global cio fixed income di Allianz (ETR:ALVG) Global Investors

Riteniamo che la Federal Reserve (Fed) statunitense abbia probabilmente raggiunto il picco dopo il ciclo di inasprimento della politica monetaria più aggressivo degli ultimi 40 anni. Gli ultimi dati sull'inflazione e sulla crescita confermano questa opinione. Negli ultimi mesi l'inflazione ha continuato a scendere. L'indice dei prezzi delle spese per consumi personali (PCE), la misura preferita dalla Fed per misurare l'inflazione, è aumentato di appena lo 0,16% mese su mese a settembre, per un tasso annualizzato del 2,5% negli ultimi sei mesi.

Questo dato si avvicina all'obiettivo della Fed di un'inflazione del 2%. Sebbene la Fed possa considerare questo dato come incoraggiante, dovrebbe comunque rimanere vigile alla luce dei dati sull'occupazione. L'ultimo rapporto sul lavoro ci ricorda la tenuta della creazione di posti di lavoro e dei salari. Il tasso di disoccupazione, pari al 3,7%, è diminuito nonostante l'aumento del tasso di partecipazione e nonostante il costo del lavoro per unità di prodotto - quanto un'azienda paga i suoi lavoratori per produrre un'unità di prodotto - sia aumentato dello 0,4% su base mensile, al di sopra delle aspettative dello 0,3%, e del 4%.

Pertanto, potrebbe essere prematuro per la Fed abbassare i tassi quando gli effetti di secondari potrebbero alimentare l'inflazione nei prossimi mesi. Il riequilibrio del mercato del lavoro verso livelli in cui ci sono più persone in cerca di lavoro e meno posti vacanti ha tardato a concretizzarsi. La Fed vorrà vedere un ulteriore raffreddamento dei dati sul lavoro prima di iniziare a tagliare i tassi e probabilmente chiederà pazienza ai mercati durante la due giorni del Federal Open Market Committee (FOMC), che si concluderà mercoledì.

Walid Koudmani, chief market analyst di XTB

Sebbene la decisione di mantenere i tassi di interesse attuali appaia altamente probabile, l'attenzione principale del mercato questa settimana sarà sul prossimo discorso di Jerome Powell: il presidente della Federal Reserve ha una significativa opportunità di influenzare il sentiment del mercato, segnalando potenzialmente la fine del ciclo di rialzi dei tassi. Tuttavia, un tale sviluppo non dovrebbe alterare significativamente le aspettative degli investitori perchè è stato argomento di discussione per diverso tempo, ma una deviazione da tali aspettative potrebbe impattare sull’USD e potenzialmente anche sugli asset rischiosi. Nonostante la graduale normalizzazione dei dati macroeconomici, i cambiamenti si stanno allineando favorevolmente per la Fed. Anche il mercato del lavoro sta mostrando segnali di stabilizzazione mentre l’inflazione sta chiaramente rallentando, il che ha spinto gli investitori a speculare sui tempi di potenziali tagli dei tassi. In questo scenario, esiste il potenziale per un aumento dei prezzi obbligazionari, accompagnato da una contemporanea riduzione dei rendimenti poiché la previsione di una svolta della Fed potrebbe spingere l’accumulazione di capitale nelle obbligazioni, approfittando dei tassi di interesse elevati. In entrambi i casi, oggi l'attenzione si concentrerà sui dati dell'IPC statunitense in vista della decisione della FED di domani e, sebbene sia improbabile che i dati cambino l'esito di domani, potrebbero certamente avere un impatto a breve termine sui mercati globali.

Per quanto riguarda il Regno Unito, gli ultimi dati dell’Ufficio per le statistiche nazionali rivelano un rallentamento della crescita salariale e un calo dei posti di lavoro vacanti, riflettendo un raffreddamento del mercato del lavoro di fronte alle sfide economiche e agli elevati tassi di interesse. Questa moderazione nella crescita salariale arriva in un momento in cui l’economia britannica si trova ad affrontare una stretta sulla spesa natalizia, sottolineando la continua fragilità delle condizioni economiche e i rischi posti da un passo falso della Banca d’Inghilterra, che dovrebbe annunciare la sua decisione questo giovedì. La modesta crescita dei salari può essere vista positivamente dalla Banca d’Inghilterra mentre si prepara a prendere decisioni sui tassi di interesse, indicando che gli attuali elevati costi di finanziamento stanno effettivamente mitigando l’attività economica e mitigando il rischio di una spirale salari-prezzi. Nel frattempo, questo contesto economico sottolinea il delicato equilibrio che la Banca d’Inghilterra mira a raggiungere, con il rallentamento del mercato del lavoro che potenzialmente segnala un impatto mitigante degli elevati tassi di interesse sul surriscaldamento economico mentre le dinamiche in evoluzione della crescita salariale e dei posti di lavoro vacanti forniscono informazioni utili sul panorama economico e il potenziale impatto sulla spesa dei consumatori durante il periodo festivo.

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