di Roberto Landucci
ROMA (Reuters) - Il governo ha scelto lo scontro parlamentare con l'opposizione di M5s e Sel per ottenere dall'aula di Palazzo Madama il primo via libera alla riforma del Senato, dopo che è fallito un tentativo di mediazione per posticipare a settembre il sì finale.
Ma l'ostruzionismo prosegue e in quattro ore di infuocato dibattito pomeridiano l'aula ha votato solo una manciata dei quasi 8.000 emendamenti depositati.
La maggioranza, con l'appoggio di Forza Italia, ha comunque superato la prima prova del voto segreto, respingendo una proposta di Sel relativa alla tutela delle minoranze linguistiche.
I lavori proseguiranno fino a tarda serata, ma è a rischio il calendario che prevede due settimane di tempi contingentati, fino all'8 agosto, per approvare in prima lettura la legge sulla quale si sta misurando la capacità riformatrice del governo di Matteo Renzi.
"Andiamo avanti e non molliamo anche dopo l'8 agosto", ha detto il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Luca Lotti, giunto in Senato per assistere di persona alla bagarre.
Il provvedimento declassa il Senato a Camera delle autonomie, attribuisce alla sola Camera dei deputati quasi tutta la funzione legislativa e il rapporto di fiducia con il governo, riequilibra le funzioni di Stato e Regioni e abolisce il Cnel.
FALLITE ULTIME MEDIAZIONI
"Renzi finge di trattare, in realtà vuole la prova di forza", ha detto Nicola Fratoianni il coordinatore nazionale di Sel.
Era stata il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ad aprire al rinvio del voto finale del Senato alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, in cambio della rinuncia all'ostruzionismo, ma Sel e i grillini hanno detto che non avrebbero "ceduto a ricatti", chiedendo invece al governo di ridiscutere i punti qualificanti del provvedimento prima di ritirare la grande mole dei loro emendamenti.
Risultato, alla ripresa dei lavori nel pomeriggio il presidente del Senato Piero Grasso si è ritrovato a gestire una polveriera.
Il Pd e le altre forze della maggioranza hanno ottenuto, ma al prezzo di estenuanti polemiche, di evitare il voto segreto su una delle proposte più insidiose di Sel - perché sostenuta da spezzoni di maggioranza - che prevede l'elezione diretta dei membri del nuovo Senato al posto di un emiciclo composto unicamente da consiglieri regionali e sindaci già in carica, come previsto dal disegno di legge.
Fallito il tentativo di raccogliere "franchi tiratori" con la copertura del voto segreto, Sel alla fine ha ritirato cinque emendamenti sul tema.
Il progetto di riforma è stato condiviso dai leader di Pd e Forza Italia, anche se all'interno dei due schieramenti non sono mancate voci dissidenti, come quella di Vannino Chiti, che oggi si è speso per la mediazione.
Per ricompattare il suo partito e ammorbidire Sel, Renzi ha offerto anche la generica promessa di discutere di modifiche alla legge elettorale nei punti più contestati dalla minoranza interna e soprattutto dai partiti più piccoli - alte soglie di sbarramento e voto di preferenza - al prossimo passaggio al Senato.
Ma questo lo esporrebbe alle critiche di Forza Italia con il concorso della quale la legge ha ottenuto il primo sì di Montecitorio.
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