ROMA (Reuters) - La Camera dei deputati ha approvato oggi la riforma della Costituzione che restringe i poteri del Senato, come previsto dall'accordo raggiunto nei mesi scorsi tra Matteo Renzi e il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi.
"Voto riforme ok alla Camera. Un Paese più semplice e più giusto", ha commentato su Twitter il premier Renzi.
Il provvedimento, che torna adesso al Senato, è stato approvato con 357 voti favorevoli, quelli del Pd e della maggioranza, ma con il no di Forza Italia.
L'elezione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, voluta da Renzi, ha fatto infatti saltare il cosiddetto "Patto del Nazareno" (che prevedeva anche la riforma elettorale) e domenica scorsa è stato lo stesso Berlusconi ad annunciare il voto contrario del suo partito, nonostante qualche dissenso interno di chi era favorevole alla riforma.
"Abbiamo rispettato i patti fino in fondo, altri non possono dire lo stesso. Siamo fieri del nostro lavoro e dei nostri sforzi, ma non dobbiamo avere paure, o nostalgia per una strada ormai impercorribile", scrive Berlusconi in una nota.
Tra i 125 "no" di oggi, comunque si contano anche quelli di otto deputati del Pd (qualcun altro ha scelto di astenersi o di non partecipare al voto) mentre il Movimento Cinque Stelle è uscito dall'aula per non votare il testo.
La legge costituzionale deve ora essere approvata in Senato, dove la maggioranza è più esigua, e poi affrontare un nuovo voto in seconda lettura in tutte e due le Camera, senza ulteriori modifiche. Dopodiché, il testo sarà sottoposto a referendum popolare. In teoria il referendum è obbligatorio soltanto se la legge costituzionale non viene approvata con due terzi dei voti alla Camera e al Senato, ma il premier Renzi ha promesso che la consultazione si terrà comunque.
Il governo conta di arrivare in fondo all'iter costituzionale a fine anno, ma i tempi potrebbero allungarsi di molto.
La riforma della Costituzione è la prima dal 2001, quando il centrosinistra la modificò in senso federalista, mentre il nuovo testo va in senso quasi opposto, facendo tornare allo Stato competenze che in questi anni sono state esercitate dalle Regioni, come è il caso dell'energia, delle infrastrutture strategiche e della salute.
Le modifiche riguardano poi il Senato, prevedendo che esso sia composto da 100 membri non retribuiti, 95 dei quali eletti non più direttamente dai cittadini ma dai consigli regionali (gli altri cinque nominati dal capo dello Stato). Il nuovo Senato non voterà la fiducia al governo e le sue competenze saranno notevolmente ridotte.
La riforma cambia anche alcuni aspetti dell'elezione del presidente della Repubblica e le modalità dei referendum.
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