Nella gestione delle crisi nell'eurozona, i governi si sono mossi nella giusta direzione, anche se spesso troppo poco e troppo tardi. E su quel che si dovrebbe fare per stabilizzare i mercati finanziari e mettere in sicurezza l'euro esiste un certo accordo. Bene le norme costituzionali sul pareggio di bilancio. Il ruolo della Bce ora e in futuro. Si dovrebbe dotare l'Efsf di proprio capitale e renderlo capace di emettere su larga scala bond con garanzia congiunta per offrire assistenza finanziaria, ricapitalizzare le banche e scambiare titoli di debito.
Dopo gli uragani estivi, e mentre forse altri se ne preparano per l’autunno, si può cercare di fare il punto sul sistema di gestione delle crisi nell’eurozona. Due aspetti spiccano in evidenza: in primo luogo, su tutti i fronti principali i governi dell’eurozona si sono mossi nella giusta direzione, anche se spesso troppo poco e troppo tardi. In secondo luogo, vi è un certo consenso tra gli esperti su quel che si dovrebbe fare per stabilizzare i mercati finanziari e mettere in sicurezza l’eurozona.
RIMUOVERE LE CAUSE ALLA BASE DELL’INSTABILITÀ FINANZIARIA
La crisi del debito sovrano dell’eurozona ha origine nell’economia reale. Nelle conclusioni di marzo 2011, il Consiglio europeo ha deciso una radicale revisione della governance economica e nuovi orientamenti di politica economica per l’eurozona che in principio sarebbero in grado non solo di rafforzare la disciplina di bilancio, ma anche di rimuovere gradualmente le rigidità economiche sottostanti e le divergenze nei costi e nei salari. È vero che il Consiglio non è stato in passato molto efficace nel far rispettare le politiche comuni dagli stati membri, ma in futuro ci si può attendere che i mercati finanziari giochino un ruolo importante nel mantenere gli stati sulla retta via con la minaccia di spread penalizzanti sui loro titoli.
Inoltre, nella recente lettera a Herman van Rompuy, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy propongono nuove misure utili per rafforzare la disciplina di bilancio a livello nazionale, comprese norme costituzionali sul pareggio di bilancio come in Germania (Francia, Italia e Spagna hanno già indicato l’intenzione di adottarle), la raccomandazione di collegare i fondi strutturali alle riforme economiche necessarie con esplicita condizionalità. Se si rafforzano i presidi nazionali, un’autorità fiscale sovranazionale non è necessaria – sebbene alcuni meccanismi di trasparenza rafforzata a livello UE, come suggerito da Michael Burda e Stefan Gerlach, sarebbero d’aiuto.
La nuova procedura europea, con valore legale, per prevenire gli squilibri eccessivi e l’European Systemic Risk Board dovrebbero in futuro impedire l’accumulo di debito privato eccessivo. A questo fine, il Board o la Bce dovrebbero essere abilitati a imporre selettivamente alle banche incrementi delle riserve obbligatorie o del capitale quando il credito accelera eccessivamente in alcuni stati membri. I meccanismi attuali lasciano questa responsabilità alle autorità nazionali, una soluzione troppo debole.
La sostenibilità del debito richiede inoltre decisi sostegni alla crescita, che sta drammaticamente decelerando e che non verrà semplicemente da migliori finanze pubbliche e dalla convergenza dei costi, cose che anzi inizialmente tendono a deprimere l’attività economica, peggiorando la sostenibilità del debito. Pertanto, nella riunione di ottobre, il Consiglio europeo farebbe bene a concentrare l’attenzione sulle strategie di crescita: incluse le misure per l’apertura dei mercati dei servizi e l’accelerazione degli investimenti dell’Unione Europea nelle reti energetiche, dei trasporti e delle comunicazioni nel mercato interno, da adottare con procedure accelerate.
STABILIZZARE LE ASPETTATIVE
Risolvere i problemi economici alla base della crisi del debito del’eurozona non sarà sufficiente se resterà la paura dei mercati finanziari che i debiti sovrani non saranno onorati: il problema è come rompere il circolo vizioso delle aspettative che si autoalimentano a seguito di bailout sempre più grandi – alimentati essenzialmente dalla paura che a un certo punto la Germania non sarà più disponibile a farsi carico dell’onere di garante residuale delle obbligazioni di debito sovrano dell’eurozona. Per poter fare questo, l’eurozona deve essere molto più disponibile collettivamente a utilizzare l’euro per stabilizzare i mercati del debito pubblico, e a emettere Union bond, attraverso il Fondo di stabilità comune, come elemento necessario per assicurare che i debiti sovrani sotto stress possano essere rinnovati in maniera ordinata mentre vengono attuate le misure di stabilizzazione.
IL RUOLO DELLA BCE ...
A questo riguardo, la Bce dispone già, in base all’articolo 18.1 del suo statuto, di tutti i poteri necessari per poter agire come prestatore di ultima istanza per stabilizzare il sistema bancario e i mercati dei titoli di stato, ma è stata piuttosto riluttante a utilizzare tali poteri per acquistare i titoli dei paesi in crisi – anche a causa della ferma opposizione di alcuni membri del suo consiglio direttivo. Ma quando il collasso dei mercati è apparso nuovamente possibile, per esempio nel novembre del 2010 e nelle ultime settimane, gli interventi della Bce sono stati efficaci per scongiurarlo. Questi interventi sono regolarmente sterilizzati, in modo da evitare allentamenti indesiderati della politica monetaria; né implicano alcuna concessione diretta di credito ai debitori in crisi, dato che gli acquisti dei titoli avvengono nel mercato secondario.
La Bce non vuole però rimanere intrappolata con grandi quantità di titoli di debito di paesi in crisi che un giorno potrebbero essere soggetti a una ristrutturazione, erodendone il capitale e compromettendone l’indipendenza. Ma il problema sarebbe risolto se l’Efsf, che diventerà l’European Stability Mechanism (Esm), avesse la facoltà di acquisire questi titoli e offrire alla Bce in cambio Union bonds, sostenuti dalla garanzia collettiva degli stati membri. I titoli dei paesi in difficoltà sarebbero acquisiti dall’Efsf nell’ambito del programma di assistenza finanziaria ai paesi in crisi che li hanno emessi, e potrebbero essere loro restituiti con dei meccanismi di buy-back.
Quindi l’Efsf non si farebbe carico di alcun rischio aggiuntivo su tali titoli oltre a quello già implicito nei prestiti dell’assistenza finanziaria. Un’opzione alternativa sarebbe quella di trasformare l’Efsf (e l’Esm) in una banca e consentirle di effettuare direttamente operazioni di mercato aperto, attingendo a una linea di credito illimitata della Bce, come hanno proposto Daniel Gros e thomas Mayer; tuttavia, è probabilmente preferibile che sia la Bce a gestire tutte le operazioni di mercato aperto.
Questione distinta è se la Bce non dovrebbe abbandonare la sua ossessione per la stabilità dei prezzi e espandere la liquidità con maggiore aggressività – anche, se necessario, con interventi di quantitative easing.
... E DELL’EFSF
Per quanto concerne l’Efsf, importanti decisioni sono già state adottate dal Consiglio dei capi di stato e di governo dell’eurozona l’11 marzo per aumentare le sue risorse (fino a un ammontare effettivo di 440 miliardi di euro, in seguito 500 miliardi quando lo Stability Fund sarà reso permanente), e il 21 luglio, con l’ampliamento dei poteri operativi dell’Efsf a varie operazioni di mercato secondario e di finanziamento. Dopo l’abituale confusione iniziale e le divergenti dichiarazioni pubbliche, gli stati membri si sono impegnati a fare entrare in vigore tali decisioni entro la fine di questo mese – e la notizia ha contribuito a calmare i mercati finanziari.
Restano due problemi che richiedono l'attenzione del Consiglio. Primo, anche dopo i recenti aumenti, le risorse disponibili per l’Efsf sono insufficienti per produrre un deterrente convincente contro gli attacchi del mercato a uno stato membro dell’eurozona di grandi dimensioni. Un possibile approccio per rafforzare la sue munizioni sarebbe quello di trasformare gli attuali impegni degli stati membri in capitale permanente (on call) dell’Efsf, e modificare il suo statuto per consentirgli di emettere titoli di debito sul mercato fino a tre volte il suo capitale. Una potenza di fuoco di un trilione e mezzo di euro dovrebbe essere sufficiente per convincere i mercati finanziari che l’eurozona non si sgretolerà.
Con il proprio capitale l’Efsf sarebbe anche capace, nella maggior parte delle circostanze prevedibili, di sostenere direttamente tutti i rischi connessi alla sua attività di concessione di prestiti, la cui garanzia da parte degli stati membri rappresenterebbe solo un’ultima ratio, cui è improbabile che si debba mai far ricorso. Il legame diretto tra le singole operazioni di finanziamento dell’Efsf e i bilanci nazionali sarebbe effettivamente rescisso. I rating dei debiti sovrani degli stati membri con ogni probabilità resterebbero inalterati. De facto, nascerebbe un Fondo monetario europeo, come proposto per la prima volta da me e Daniel Gros e Micossi.
Il secondo problema che il Consiglio deve affrontare riguarda la governance dell’Efsf. In base alle disposizioni in vigore, la decisione di concedere assistenza finanziaria a uno stato membro in difficoltà richiede l’unanimità dei “governatori” dell’Efsf, cioè dei ministri delle Finanze degli stati membri dell’eurozona. Naturalmente le decisioni sulle lending policy dell’Efsf devono restare ai governatori, ma l’attuazione dovrebbe essere lasciata all’organo esecutivo, come nel Fmi. Questo aspetto è particolarmente importante non solo per sottrarre le decisioni sull’assistenza finanziaria ai capricci della politica nazionale, ma anche per assicurare la rapidità di azione necessaria in caso di emergenza.
E GLI EUROBOND?
Gli Eurobond sono una buona idea che si è però trasformata in una diversione. La maggior parte dei sostenitori degli Eurobond li intende come uno schema per sostituire su larga scala titoli di stato nazionali con titoli dell’Unione (o dell’eurozona) emessi (e garantiti) congiuntamente. (10Gros 2011, Micossi 2011a). La motivazione di fondo è che in questo modo tutti i titoli di stato nazionali finirebbero per avere la stessa qualità – presumibilmente più vicina a quella dei titoli di stato con rating migliore – e ogni timore di default sovrano svanirebbe.
È chiaro, però, che nessuno schema di questo tipo sarà mai accettabile per l’opinione pubblica tedesca e dei paesi del Nord Europa senza un’unione politica piena e la completa centralizzazione delle politiche di bilancio (11De Grauwe 2011a). Al riguardo, Daniel Gros ha richiamato l’attenzione sulle enormi differenze non solo nelle condizioni del bilancio, ma anche nella qualità dei meccanismi di governance del settore pubblico come ostacoli insormontabili a progressi rapidi in questa direzione. Quindi, le molte discussioni sui benefici di liquidità e i costi del finanziamento nei vari innumerevoli schemi che sono stati proposti sembrano poco producesti, perché iniziative di questo tipo sono politicamente improponibili. Anzi, possono risultare controproducenti, perché mobilitano l’opinione pubblica dei paesi creditori dell’eurozona contro le operazioni di salvataggio.
Tuttavia, molti dei benefici legati all’emissione di Eurobond possono essere ottenuti anche senza trasferire passività sovrane da uno stato membro all’altro. Questo sarebbe precisamente il caso dello schema discusso in precedenza, con l’Efsf dotato del proprio capitale e capace di emettere su larga scala bond con garanzia congiunta per offrire assistenza finanziaria, ricapitalizzare le banche e scambiare titoli di debito (a prezzi di mercato) per preservare la stabilità dell’eurozona. Rafforzando la capacità dell’eurozona di resistere agli attacchi speculativi, i bond renderebbero questi ultimi molto meno probabili.
Autore: Stefano Micossi - LaVoce.info