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BT Italia, pm Milano chiude inchiesta, coinvolti società ed ex manager Londra per falso in bilancio

Pubblicato 13.02.2019, 18:09
© Reuters. La sede di Bt a Londra

di Emilio Parodi

MILANO (Reuters) - L'inchiesta sulle presunte irregolarità contabili di British Telecom Italia (MI:TLIT) si estende a Londra e all'ipotesi di responsabilità del management della casa madre con l'atto di chiusura inchiesta notificato, nella veste di indagati, anche a Luis Alvarez Satorre, Ceo di BT Global Services fino al 2017, a Richard Cameron, Cfo della stessa divisione fino allo stesso anno, e a Corrado Sciolla, fino al 2017 presidente di BT Europe and Global Telecom Market.

Lo si evince dall'atto, consegnato agli indagati, che Reuters ha potuto leggere.

L'atto, notificato con le ipotesi di reato di falso in bilancio, fatture per operazioni inesistenti e frode in pubbliche forniture a un numero di indagati salito da cinque a 23, sancisce inoltre il passaggio di BT Italia dalla posizione di "parte lesa" (il 21 marzo 2017 la società aveva presentato in procura una formale denuncia-querela sostenendo che le presunte condotte illecite dei manager italiani fossero contro l'interesse di BT) a quello di indagata come persona giuridica in base alla legge 231 sulla responsabilità delle aziende per i reati presupposti dei suoi dirigenti. Si tratta di un nuovo elemento che potenzialmente complica ulteriormente l'iter di vendita della unit italiana di BT Group (LON:BT).

BT Global Services è la divisione di British Telecom che fornisce "global security", "cloud" e servizi di rete alle multinazionali in 180 nazioni.

Il gruppo di telecomunicazioni britannico, anche di fronte alle class action lanciate nei suoi confronti negli Stati Uniti da gruppi di azionisti, ha sempre attribuito la responsabilità ai vertici italiani, all'insaputa di Londra.

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Un portavoce di BT ha rifiutato di commentare la notizia.

"Sarebbe inappropriato commentare un'indagine in corso", ha spiegato.

Non è stato possibile avere un commento dall'avvocato dei tre ex-manager, contattato da Reuters.

La chiusura inchiesta, è l'atto conclusivo prima della presentazione da parte della procura delle richieste di rinvio a giudizio. Dopo il deposito di questo atto, le difese hanno 20 giorni di tempo per chiedere eventuali interrogatori o produrre documentazione.

LE EMAIL CHE COINVOLGONO MANAGER LONDRA

Ora però, nell'atto di chiusura inchiesta, la procura, dopo che gli uomini della Gdf hanno esaminato atti e documenti interni, afferma che la casa madre non fosse poi così all'oscuro, indagando Alvarez Satorre, Cameron e Sciolla.

Nell'atto si sostiene che il management di Londra era a conoscenza delle pratiche contabili perché, in sostanza, poneva obiettivi palesemente irraggiungibili, che potevano essere centrati solo truccando i conti.

A supporto di questa ipotesi d'accusa, nell'atto si fa riferimento a una serie di documenti acquisiti e analizzati dalla Gdf nel corso delle indagini, in particolare email in cui, secondo l'accusa, il management italiano indicava ai referenti a Londra come si intedeva raggiungere gli obiettivi "impossibili".

IPOTESI FALSO BILANCIO DA 220 MLN, FATTURE FALSE PER 57

Oltre alle emissioni di false fatture e le operazioni simulate di "sale and lease back", nell'atto si citano "allocazione in bilancio di fatture da emettere" per incrementare i ricavi di competenza dell'esercizio; duplicazione di fatture attive; attività di factoring di fatture eseguita senza che la cessione del credito fosse notificata al debitore; richieste ai fornitori di sostituire la descrizione dei beni nelle fatture attive già inviate con voci che consentissero di capitalizzare il costo, in modo che potesse essere ripartito in più esercizi.

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Al termine dellle indagini, l'ammontare totale del falso in bilancio per gli anni fiscali dal 2012/2013 al 2015/2016 viene quantificato dalla procura in 220 milioni di euro, ai quali vengono aggiunti circa 57 milioni di false fatture.

FRA INDAGATI ANCHE REVISORE DI PWC

Nella schiera dei 23 indagati, oltre ad altri funzionari e dirigenti di Bt Italia e di alcune società sub-appaltatrici, la procura inserisce anche Andrea Alessandri, il responsabile del team della società di revisione PWC (PriceWaterhouseCooper), che aveva certificato i bilanci dal 2013 al 2016. In questo caso l'ipotesi di reato è "falsità nelle relazioni dei responsabili della revisione legale".

Non è stato possibile avere un commento dall'avvocato di ufficio, contattato da Reuters.

Per quel che riguarda infine l'ipotesi di reato di frode in pubbliche forniture, nell'atto di chiusura inchiesta si fa riferimento a un unico episodio, un appalto pubblico ottenuto da BT Italia per la predisposizione e manutenzione della rete telematica dedicata ai servizi erogati da Lottomatica.

INCHIESTA PARTITA DA DICHIARAZIONI EX CEO PATTERSON

La procura di Milano aveva aperto le indagini nel gennaio 2017 dopo che l'allora Ceo di BT Gavin Patterson aveva reso pubbliche le presunte irregolarità contabili in Italia nella vicenda che portò all'allontanamento dei vertici di BT Italia nell'autunno 2016 e infine a tagliare stime di ricavi e utili per un buco di 530 milioni di sterline.

Dal marzo 2017, con la presentazione della denuncia, la linea di British Telecom, dopo un audit interno, è sempre stata quella di porsi come soggetto danneggiato dai comportamenti "inappropriati" dei propri dirigenti, con l'ex Ceo Patterson che pubblicamente attribuì la responsabilità a un ristretto gruppo di manager italiani che "ha tenuto all'oscuro Londra".

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L'inchiesta, coordinata dal pm Silvia Bonardi e condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, aveva condotto a fine maggio 2017 a una serie di acquisizioni di atti presso BT Italia e altre società fra cui Ibm Italia, non coinvolta dall'indagine, e a perquiszioni a carico di cinque fra ex manager e funzionari indagati per falso in bilancio, fra i quali l'ex AD Gianluca Cimini, l'ex Coo Stefania Truzzoli.

Peraltro in primo grado il giudice del lavoro di Milano ha sentenziato come illegittimi i licenziamenti sia di Cimini che di Truzzoli.

Nel decreto di perquisizione la procura ipotizzava che il fine fosse quello di raggiungere "il margine operativo lordo della società utilizzando appostazioni contabili del tutto artificiose", come la riduzione "dei costi operativi con sopravvalutazione del Capex"; accordi con fornitori e clienti "al fine di ridurre in modo fittizio i costi operativi mediante l'emissione di note di credito e di simulare vendite del tutto inesistenti"; operazioni di 'sale and lease back' finalizzate a generare vendite a un margine elevato, "laddove anche dette operazioni erano del tutto artificiose".

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