Investing.com - Il prezzo dell’oro resta sotto pressione negli scambi della mattinata statunitense di questo lunedì, in attesa dei vertici sulle banche centrali nel corso della settimana. La Federal Reserve terrà il vertice di politica monetaria il 26 e 27 luglio, seguito dalla Banca del Giappone che terrà un vertice il 28 e 29 luglio.
Si prevede che la Fed non agirà sui tassi di interesse in conclusione al vertice di due giorni che terminerà mercoledì, gli operatori attenderanno l’annuncio di politica alla ricerca di indicazioni sulla tempistica di eventuali aumenti dei tassi nei prossimi mesi.
Per la BoJ si prevede un ulteriore allentamento della politica monetaria in conclusione della revisione di venerdì, che potrebbe determinare un ulteriore calo dei tassi in territorio negativo e nuovi acquisti di asset.
L’oro con consegna ad agosto sulla divisione Comex del New York Mercantile Exchange scende al minimo della seduta di 1.313,10 dollari l’oncia troy, poco al di sopra del minimo di tre settimane di 1.310,70 dollari. Il prezzo si è attestato a 1.324,75 dollari alle 12:37 GMT, o 8:37 ET, in calo di 6,75 dollari, o dello 0,51%.
Venerdì, il prezzo è sceso di 7,60 dollari, o dello 0,57%, dal momento che le aspettative che la Federal Reserve possa alzare i tassi nel corso dell’anno hanno spinto il dollaro e gli investitori hanno preferito investire sui titoli azionari piuttosto che sugli investimenti rifugio.
Il metallo giallo è sceso di 4,40 dollari, o dello 0,26% la scorsa settimana, il secondo calo settimanale consecutivo.
Una recente serie di dati statunitensi migliori del previsto ha riacceso le speranze di vedere un aumento dei tassi di interesse da parte della Fed prima della fine dell’anno. Si prevede al 45% la probabilità di un aumento dei tassi entro dicembre, rispetto al 20% della settimana scorsa ed al 9% stimato all’inizio del mese.
L’Indice del Dollaro USA, che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, è salito a 97,59 venerdì, un livello che non si registrava dal 10 marzo. L’indice si è attestato a 97,40 questa mattina, supportato dalla differenza tra la politica monetaria scelta dalla Fed e quella adottata dalle altre banche centrali globali.
Un dollaro forte di solito pesa sull’oro, poiché riduce l’appeal del metallo prezioso come investimento alternativo e rende le materie prime valutate in dollari più costose per i titolari di altre valute.
Il metallo giallo è rimasto supportato grazie alle speculazioni che le banche centrali di Europa ed Asia possano adottare ulteriori stimoli monetari nei prossimi mesi per contrastare lo shock economico negativo scatenato dal voto sulla Brexit.
L’oro è schizzato di quasi il 25% finora quest’anno, nei timori per la crescita globale e tra le aspettative di ulteriori stimoli monetari. Le speranze di vedere stimoli monetari tendono a supportare l’oro, dal momento che il metallo prezioso è considerato un bene rifugio.
Il prezzo è schizzato al massimo di oltre due anni di 1.377,50 dollari all’inizio di luglio, poiché i timori per la crescita globale scatenati dalla decisione britannica di uscire dall’Unione Europea hanno fatto aumentare la richiesta di investimenti rifugio.