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Moncler, Ruffini smorza speculazioni su possibile cessione a Kering

Pubblicato 05.12.2019, 15:28
© Reuters. Il logo Moncler visto in uno store di Roma, Italia.
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MILANO (Reuters) - Il primo azionista e numero uno di Moncler (MI:MONC) Remo Ruffini smorza le speculazioni su una possibile cessione del gruppo del lusso a Kering (PA:PRTP) ma non chiude la porta a future operazioni strategiche e conferma di avere contatti, tra gli altri, anche con il gigante del lusso francese.

Il titolo, acceso dalla notizia pubblicata da Bloomberg di trattative esplorative con il colosso francese, è sceso dai massimi storici toccati nella mattina ma resta in rialzo di circa il 7%.

Ruffini, artefice del successo del marchio rilevato nel 2003, precisa in una nota che "periodicamente intrattiene contatti e interloquisce con investitori e altri operatori del settore, tra cui il gruppo Kering, su potenziali opportunità strategiche per promuovere ulteriormente lo sviluppo di Moncler, senza che, allo stato, vi sia alcuna ipotesi concreta allo studio".

Una dichiarazione che al mercato non suona come una piena smentita: "E' una precisazione che lascia aperta più di un'opzione. Non è un'operazione che forse è dietro l'angolo ma che ci siano contatti è appurato", dice un trader.

Nessun commento è arrivato da Kering, che alla borsa di Parigi sale di circa 1%.

DEAL MONCLER SAREBBE COSTOSO, A KERING SERVE DIVERSIFICARE

Con una capitalizzazione giunta intorno ai 10 miliardi di euro e una redditività tra le più alte nel settore, Moncler sarebbe certamente una preda costosa, dicono diverse fonti bancarie, e non risolverebbe completamente la necessità di Kering di ridurre la sua dipendenza dal settore abbigliamento.

Il suo diretto e più grande concorrente LVMH, proprietario tra gli altri di Louis Vuitton, ha da poco annunciato l'acquisizione di Tiffany, incrementando la sua presenza nel settore gioielli, considerato tra i più promettenti nel mondo del lusso.

Le speculazioni intorno al destino di Moncler arrivano per contro in un momento in cui diversi gruppi monomarca iniziano a faticare a reggere gli alti costi per attirare stilisti di fama e per investire massicciamente sui social, rispetto a colossi ricchi di liquidità come LVMH e Kering.

I grandi gruppi riescono anche ad assorbire meglio le incognite geopolitiche, come le proteste che hanno colpito negli ultimi mesi l'importante mercato di Hong Kong, e a spingere gli investimenti nella Cina continentale.

Moncler - nato nel 1952 nel paesino alpino di Monestier-de-Clermont in Francia come produttore di sacchi a pelo - è passato sotto Ruffini da marchio sportivo di piumini a brand del lusso, aiutato da una tendenza ormai consolidata della moda verso stili sempre meno formali.

La sua esposizione al mondo dell'outwear resta però, per alcuni analisti, un punto di debolezza nel lungo termine.

Secondo una fonte, Ruffini - ancora oggi presidente e AD del gruppo e primo socio con una quota del 22,5% - era stato contattato da Kering per un potenziale accordo nel periodo della sua quotazione, avvenuta a dicembre del 2013.

Da allora non ha mai dato segnali evidenti di voler vendere e in un'intervista dello scorso marzo ha detto che l'opzione non sarebbe stata sul tavolo neanche per i prossimi anni.

Più attesa, invece, un'operazione da parte di Kering con lo scopo di ridurre la sua dipendenza dal brand Gucci, il più consistente per ricavi e utili nel largo portafoglio del gruppo che va da Saint Laurent a Balenciaga.

"Remo Ruffini e la sua squadra di manager hanno gestito la società in modo praticamente perfetto, portandolo su massimi storici. Creare nuovo valore attraverso un'acquisizione non è facile", commenta oggi Luca Solca, analista di Bernstein.

Intanto le ipotesi di M&A hanno contagiato tutto il settore in borsa, spingendo in particolare i gruppi considerati possibili prede come Salvatore Ferragamo (MI:SFER), Tod's e Burberry.

© Reuters. Il logo Moncler visto in uno store di Roma, Italia.

(Sarah White, Claudia Cristoferi, Pamela Barbaglia, in redazione a Milano Maria Pia Quaglia)

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