OraFinanza - Ancora acqua sul fuoco della corsa all’oro, questa mattina sempre in calo dopo i balzi dei mesi scorsi, indebolito dal rafforzamento del dollaro e dall’appetito al rischio che domina sui mercati.
L'oro spot scendeva dello 0,6% a 2.666,48 dollari l'oncia questa mattina, mentre i future statunitensi sulla materia prima gialla cedevano lo 0,8% a 2.673,20 dollari.
Il dollaro continua la sua corsa al rialzo: l’indice del biglietto verde guadagna lo 0,30% e torna a 105,30, mentre la coppia EUR/USD scende a 1,0682.
Fino a poco prima della vittoria di Trump in molti avevano notato che era venuta meno la storica correlazione inversa tra oro e dollaro: il lingotto proseguiva nell’uptrend nonostante la tendenziale ascesa del biglietto verde.
Con il recente impetuoso balzo del dollaro (a cominciare da cambio con l’euro) in scia alla vittoria del candidato repubblicano alle presidenziali Usa la correlazione poc’anzi descritta è però tornata a farsi valere e l’oro sta così accusando una correzione.
Secondo Ricardo Evangelista, analista senior di ActivTrades, i prezzi sono in calo “principalmente a causa del rafforzamento del dollaro USA, dell'aumento dei rendimenti dei titoli del Tesoro e della maggiore propensione al rischio nei mercati finanziari, tendenza che ha guadagnato slancio dalla vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali della scorsa settimana".
Gli investitori si aspettano che la Federal Reserve adotti un approccio cauto sotto l'amministrazione del presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, in quanto le sue promesse su maggiori dazi alle importazioni potrebbero spingere l’istituto centrale a mantenere elevati i tassi di interesse.
Gli operatori vedono una probabilità del 65% di un altro taglio dei tassi della Fed di 25 punti base a dicembre, secondo lo strumento CME Fedwatch.
Qualche indicazione sulle future scelte della Fed potrebbe arrivare dalle dichiarazioni di questa settimana di diversi funzionari della Fed, compreso il presidente Jerome Powell. Inoltre, sono previsti i dati sull'indice dei prezzi al consumo e alla produzione statunitensi, le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione e le cifre sulle vendite al dettaglio.