Di Alessandro Albano
Investing.com - Con le relazioni tra Stati Uniti e Cina sempre più tese, il governo italiano sta pensando a diverse modalità per limitare l'ingerenza di Pechino nelle società strategiche nazionali.
E' il caso di Pirelli (BIT:PIRC), controllata per il 37% dal conglomerato petrol-chimico cinese Sinochem, sul quale Palazzo Chigi starebbe valutando, tra le altre opzioni, di applicare la normativa del golden power per arginare i poteri dell'azionista cinese.
La misura, che ricordiamo essere uno strumento che permette all'esecutivo di intervenire nelle operazioni considerate di interesse nazionale, non verrebbe imposta per forzare un'uscita di Sinochem ma, stando a quanto riportato da diversi media, per limitarne il raggio d'azione riguardo alla condivisione di informazioni sensibili e al diritto di voto in cda e in assemblea.
Non è chiaro quali siano le intenzioni di Tronchetti Provera, ma già a febbraio il titolo si era acceso in seguito alle voci di una possibile uscita di Sinochem dalla società nell'ambito di una ristrutturazione del portafoglio degli asset internazionali considerati non core, tra cui appunto Pirelli.
Dalle indiscrezioni emerse quasi due mesi, si era venuto a sapere che la cifra richiesta dai cinesi sarebbe stata intorno ai 6,5 euro per azione, cioè il prezzo di collocamento con cui Pirelli è tornata in Borsa nel 2017 dopo l’opa del 2015, promossa però a suo tempo a un prezzo di 15 euro.
Visto il clamore, Sinochem si era affrettata a negare la volontà di uscire dalla società degli pneumatici, ma il cambio ai vertici avvenuto ad ottobre, con Li Fanrong al posto di Ning Gaoning come presidente del cda, potrebbe andare in questa direzione.
Ad essere interessati alla società in caso di exit da parte dei cinesi, ci sarebbe il fondo Usa KKR secondo quanto riportato da Bloomberg all'epoca, lo stesso operatore di private equity impegnato nell'offerta da 20 miliardi di euro per la NetCo di Telecom Italia (BIT:TLIT).
Ricordiamo che oltre a Sinochem, nel capitale di Pirelli è presente anche un altro cinese quale il Silk Road Fund, attualmente al 9% e quindi terzo azionista della società, il quale, in caso di uscita dei colleghi di Sinochem, potrebbe anch'esso disinvestire con il 46% del capitale della società che a quel punto sarebbe disponibile per altri fondi o per una ristrutturazione della struttura azionaria.
Il titolo sta rispondendo male alla notizia, e cede il 2,5% ad euro 4,59.
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