di Paolo Biondi
ROMA (Reuters) - A fine agosto il messaggio lanciato da Fed e Bce da Jackson Hole è stato chiaro: fra i punti delle loro politiche monetarie convergenti ci sarebbe stato un riallineamento fra euro e dollaro. Quanto sta avvenendo sui mercati da allora riflette questa indicazione.
Nessuna sorpresa dunque quando l'euro ieri è sceso sotto la soglia di 1,27 euro (superandola poi nuovamente, per turbolenze di mercato) segnando un ribasso dalla primavera scorsa considerevole, visto che viaggiava intorno a 1,4. Il riallineamento fra le due monete non è ancora quello auspicato, visto che gli economisti si attendo un valore inferiore a 1,2, ma è sicuramente sufficiente per far riprendere alle imprese europee la strada dell'export da posizioni non svantaggiate.
Persino il giornale di Confindustria, il Sole 24 Ore, nell'editoriale di oggi si rivolge alle imprese con tono di sfida: "Vedremo se era il fattore valutario a tenervi al palo", scrive Fabrizio Garimberti nell'editoriale.
Lo stesso giornale scrive che "non basterà l'aspirina di un euro debole" e che ci vorrà a sostegno una adeguata politica europea di riforme. Ma ora ci si misura anche sulle capacità competitive delle nostre imprese, sulla loro capacità di rinnovarsi e di stare sul mercato con atteggiamento di sfida, smettendo la sindrome del cappello in mano in cerca di incentivi.