Di Alessandro Albano
Investing.com - L'inflazione Usa ha mostrato segnali di raffreddamento ad ottobre, ma nonostante questo la possibilità che principale economia mondiale scivoli in recessione nel 2023, causando un effetto domino sulle altre economie, è molto alta.
L'avvertimento arriva dai Ceo delle grandi banche d'affari statunitensi i quali, quasi all'unisono, hanno parlato dei rischi che gli States dovranno affrontare nel prossimo anno, in un tono più pessimistico di quanto mostrato dalle ultime proiezioni del Fondo Monetario Internazionale pubblicate poche settimane fa.
Da JPMorgan (NYSE:JPM), ai canali della Cnbc l'Ad Jamie Dimon si è detto preoccupato per gli effetti dell'inflazione su imprese e consumatori, i quali hanno ancora a disposizione 1.500 miliardi di dollari di risparmi aggiuntivi grazie ai programmi pandemici spenderanno il 10% in più rispetto al 2021.
"L'inflazione sta spazzando via tutto quello che ho appena detto, e quel trilione e mezzo di dollari si esaurirà a metà del prossimo anno", ha detto Dimon. "Guardando al futuro, queste cose potrebbero far deragliare l'economia e causare una recessione lieve o grave di cui ci si deve preoccupare".
Non la prima volta che il numero uno della banca d'affari statunitense avverte gli investitori di un "uragano economico" in arrivo. Lo scorso giugno Dimon ha dichiarato che "l'uragano è in arrivo proprio ora", e "non sappiamo se si tratta di una tempesta minore o della Superstorm Sandy".
Per quanto riguarda l'aumento dei tassi di interesse, con i Fed Funds che si stanno muovendo verso il 5%, secondo il Ceo di JPM questo "potrebbe non essere sufficiente a contenere l'inflazione".
Preoccupazioni condivise anche dall'altro big della finanza mondiale come David Solomon, Ceo di Goldman Sachs (NYSE:GS), il quale ad un evento origanizzato dal Wall Street Journal ha avvertito di continui ribassi per i mercati azionari "anche nel 2023", con probabilità di recessione dell'economia statunitense di "circa 2 su 3".
Secondo l'Ad di GS, equity, greggio e settore immobiliare (sia commerciale che residenziale) continueranno a mostrare un trend negativo, a cui si contrappone "la forza del dollaro Usa.
Inoltre, per Solomon la probabilità di un "atterraggio morbido" - o di un rallentamento dell'inflazione che non porti l'economia in recessione - per l'economia statunitense "è solo del 35%", e ha aggiunto che "non è sorprendente che ci si trovi in un periodo di rialzo dei tassi", visto che la Fed sta cercando "di ridurre l'inflazione causata da ampi stimoli fiscali e dagli effetti del cigno nero della guerra russa in Ucraina"
"Il mercato sta ipotizzando che presto raggiungeremo il tasso terminale e la [Fed] riporterà i tassi in basso, e se si guarda alla maggior parte dei cicli di inasprimento, storicamente, dopo un certo periodo di tempo, si assiste a un'inversione", ha detto Solomon. "Ma credo che siamo ancora all'inizio e che non ci siano certezze".
Guardando le proiezioni, il modello di recessione calcolato dalla Fed di New York stima una probabilità del 38% di recessione negli Stati Uniti nel novembre 2023 (letture superiori al 30% sono storicamente foriere di una recessione economica), mentre per gli ultimi dot plot della Fed il tasso terminale per il 2023 è indicato del 4,6%.
Tetto non condiviso da tutti i membri del Fomc, visto che secondo il modello nowcast della Fed di Cleveland, che quest'anno si è rivelato piuttosto accurato, il tasso core dovrebbe indebolirsi solo marginalmente al 6,26%. Se questo sia sufficiente perché la Fed fissi il dot plot per il 2023 poco sopra del 5 per cento è quantomeno discutibile.