ROMA (Reuters) - Il centrosinistra vince le regionali in Emilia-Romagna e Calabria a spese di un centrodestra diviso e di uno scialbo Movimento 5 Stelle, spingendo il premier Matteo Renzi a confermare la sua agenda di governo.
Ma l'affluenza alle urne molto bassa e il successo della Lega Nord a danno di Forza Italia suggerisce una crescente disillusione tra gli elettori e pone interrogativi sulla tenuta dell'intesa tra Renzi e il partito di Silvio Berlusconi sulle riforme istituzionali.
"Male affluenza, bene risultati: 2-0 netto. 4 regioni su 4 strappate alla dx in 9 mesi. Lega asfalta forza Italia e Grillo. Pd sopra il 40%", ha commentato in un tweet Renzi.
Il centrosinistra ha sottratto nel giro di pochi mesi al centrodestra Piemonte, Sardegna, Abruzzo e ieri la Calabria, e si è riconfermato nella storica roccaforte dell'Emilia-Romagna. Soltanto Lombardia, Veneto e Campania restano in mano agli avversari.
In Emilia-Romagna, dove l'affluenza è crollata al 37,7% contro il 70% delle Europee di maggio, si è affermato il candidato del Pd Stefano Bonacini, sostenuto anche da Sel, con il 49,05%.
Dietro di lui Alan Fabbri, della Lega, che ha preso il 29,85%, mentre Giulia Gibertoni del M5s si è fermata al 13,30%. Ma a livello di lista la Lega ha preso più del doppio dei voti di Forza Italia.
In Calabria il candidato del Partito democratico Mario Oliverio è al 61%, con un'affluenza alle urne del 44% in linea con le Europee, ma di circa venti punti in meno rispetto alle predendenti regionali. Il centrodestra, diviso, ha raccolto il 23% con Wanda Ferro (Fi) e l'8% con Nico D'Ascola (Ncd e Udc). Flop del M5s con il 4% di Cono Cantelmi.
"CHIACCHIERE" DEL DOPO VOTO: ASTENSIONE E BOOM LEGA
"Massimo rispetto per chi vuole chiacchierare. Noi nel frattempo cambiamo l'Italia", ha scritto in un seconto tweet Renzi, che poi, ai microfoni del Gr1, dice: "L'agenda politica non muta".
Le "chiacchiere" di avversari e commentatori si concentrano sull'astensione e l'emergere nel centrodestra della Lega di Matteo Salvini.
La scarsa affluenza era già data per scontata alla vigilia, per l'assenza di qualsiasi traino nazionale o locale alle urne, e per un effetto disaffezione provocato dalle inchieste della magistratura che hanno portato alle dimissioni i governatori uscenti in entrambe le regioni.
Ma in Emilia-Romagna il Pd ha perso diversi elettori e la sinistra del partito imputa l'emorragia alla sfiducia per le politiche del lavoro del governo e allo scontro con i sindacati.
"Abbiamo perso oltre la metà dei voti del 25 maggio, circa 700.000 mila in meno, e oltre 300.000 in meno delle regionali del 2010", dice Stefano Fassina su Facebook. "Una parte molto rilevante del popolo del Pd che aveva creduto alle aspettative e alle promesse di Renzi ora è delusa, non condivide i continui attacchi al mondo del lavoro".
Contro l'argomento che dall'urna non sarebbe uscito un vero vincitore, Renzi replica dicendo che la scarsa affluenza "deve preoccupare e far riflettere", ma è secondaria rispetto al fatto che il partito di cui lui è il segretario ha vinto.
Di certo, lo sforzo di Renzi di allargare la base sociale di riferimento del Pd è lontano dal dirsi concluso, come osserva oggi Stefano Folli su Repubblica.
Dal rimescolamento a destra, invece, potrebbero arrivare nuove insidie al premier che punta ad avere in Forza Italia una sponda per fare le riforme in Parlamento.
Non casualmente, all'indomani del successo in Emilia, è lì che batte Salvini.
"Il 'patto del Nazareno' visto da centrodestra è una follia, perché Renzi, dal mio punto di vista, è un pericolo pubblico per l'economia italiana", ha detto il capo leghista che propugna l'uscita dell'Italia dall'euro come il passo necessario per scrollarsi la recessione.
"Io non capisco perché Berlusconi insista nel sostenere delle riforme che stanno massacrando il Paese", ha aggiunto.
Sul fronte Lega, Renzi, per ora, ostenta una certa sicurezza: "Noi li aspettiamo... alle elezioni si vedrà chi è più forte. Se arriva Salvini, vedremo".