ROMA (Reuters) - Domani, entro le 12,00, la Camera voterà il pacchetto di riforme costituzionali fortemente voluto dal governo di Matteo Renzi, che abolisce il Senato elettivo e riporta al governo competenze concesse negli anni scorsi alle Regioni.
A Montecitorio il partito di Renzi, il Pd, e i suoi alleati di governo, non avranno difficoltà a far passare il testo, nonostante la contrarietà della minoranza democratica, che medita se astenersi o lasciare i lavori.
Di sicuro a uscire dall'aula sarà il Movimento Cinque Stelle, come ha preannunciato oggi un suo portavoce, mentre Forza Italia, che pure col Pd ha concordato il pacchetto di riforme, sembra divisa al suo interno tra chi vorrebbe astenersi e chi votare contro.
L'elezione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, voluta da Renzi, ha fatto saltare il cosiddetto "Patto del Nazareno" (che prevede anche la riforma elettorale) e ieri è stato lo stesso Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, ad annunciare il voto contrario del suo partito. Ma oggi Giovanni Toti, consigliere politico dell'ex premier, ha ammesso in un post su Facebook che alcuni esponenti del centrodestra continuano a "tirare per la giacca Forza Italia sul tema delle riforme".
Il voto di domani è solo un passaggio, perché la legge costituzionale dovrà tornare in Senato e poi essere sottoposta a nuova votazione da parte di tutti e due i rami del Parlamento, oltre che a un referendum, se non fosse approvata coi due terzi dei voti. Il Pd, che punta a chiudere la partita delle riforme entro l'anno, potrebbe avere però qualche problema al Senato, dove la maggioranza di governo è più esigua.
Ma il voto sulle riforme è anche un test per Forza Italia e per la capacità di Berlusconi di tenere insieme i suoi, nonostante le contestazioni interne.
La riforma della Costituzione è la prima dal 2001, quando il centrosinistra la modificò in senso federalista, mentre il nuovo testo va in senso quasi opposto, facendo tornare allo Stato competenze che in questi anni sono state esercitate dalle Regioni, come è il caso dell'energia e delle infrastrutture strategiche.
Le modifiche riguardano anche il Senato, prevedendo che esso sia composto da 100 membri non retribuiti, 95 dei quali eletti non più direttamente dai cittadini ma dai consigli regionali. Il nuovo Senato non voterà la fiducia al governo e le sue competenze saranno notevolmente ridotte.
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