- Si intensifica l’impasse Russia-Ucraina
- La stagione degli utili comincia a chiudersi
- I segnali tecnici degli indici diventano ribassisti
Aggiungiamo l’impennata dei prezzi del petrolio alla lista dei fattori fondamentali che probabilmente spingeranno la volatilità per i maggiori indici USA in questa settimana più corta per festa.
Tra i fattori esistenti, c’è l’inasprimento della Federal Reserve, con la banca centrale statunitense ancora impegnata a decidere come gestire l’impennata dell’inflazione, oltre ad una raffica di dati economici in arrivo, in particolare quello sull’indice PCE di venerdì, considerato uno degli indicatori sull’inflazione preferiti dalla Fed. Inoltre, i mercati seguiranno la crescente minaccia di un’invasione russa dell’Ucraina.
L’attenzione degli investitori sarà catturata anche dai report trimestrali, mentre questa stagione degli utili volge al termine. Sono attesi i risultati di distributori come Home Depot (NYSE:HD) e Macy’s (NYSE:M), nonché di compagnie energetiche del calibro di Occidental Petroleum (NYSE:OXY) e Coterra Energy (NYSE:CTRA).
Con così tante variabili in gioco, è difficile immaginare una settimana di trading calma all’orizzonte.
I maggiori indici USA invertono la rotta, i rendimenti salgono, breakout dell’oro
Ognuno dei principali indici statunitensi, l’S&P 500, ilNASDAQ, il Dow Jones ed il Russell 2000 è sceso sotto la rispettiva DMA su 200 di recente, per la prima volta dopo aver incrociato la principale media mobile al bottom del 2020. Il Dow è sceso dell’1,9% sulla settimana ed il NASDAQ Composite legato al settore tech è andato giù dell’1,8%. L’SPX segna -1,6% sulla settimana, con una perdita sull’anno in corso dell’8,8%.
L’S&P 500 ora è scambiato in un pattern di inversione.
Il riferimento potrebbe stare completando la spalla destra di un apice testa e spalle.
I rendimenti dei Treasury, compresi quelli dei bond decennali, che hanno una correlazione negativa con i titoli azionari, potrebbero essere destinati a salire ancora.
Il tasso dei Treasury a 10 anni è sceso negli ultimi tre giorni della settimana di scambi ma sembra aver trovato supporto a minimi precedenti. Anche se il rendimento dovesse scendere di nuovo verso l’1,8%, ci aspettiamo che questo calo sia di breve durata, dopo i pattern di continuazione consecutivi.
Dei rendimenti più alti significano che i tassi più alti peseranno sul prezzo dei titoli azionari. Inoltre, dei rendimenti maggiori offrono migliori ritorni di investimento, facendo concorrenza ai titoli azionari.
Negli ultimi due giorni della settimana di scambi, il dollaro si è rafforzato. Ma il biglietto verde è bloccato in un pattern laterale, in atto da metà novembre. Presumibilmente, un inasprimento spingerà la valuta di riserva globale, portandola in un chiaro trend in salita.
L’oro, intanto, di recente ha registrato proprio un breakout al rialzo, chiudendo un range che andava avanti da quando il metallo prezioso aveva registrato il picco dell’agosto 2020. Sebbene il metallo giallo possa continuare a salire grazie al suo status di asset rifugio, questo vale anche per l’USD. Abbiamo visto entrambi gli asset salire insieme dopo la vittoria a sorpresa di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2016.
Nota: L’oro potrebbe ancora ritestare il supporto del triangolo, per non parlare del bottom del suo canale ascendente, anche se il metallo prezioso dovesse alla fine continuare a salire.
Al contrario della vera materia prima rifugio, il Bitcoin, che i fan delle cripto considerano un asset rifugio, sta scendendo. Il maggiore cripto-token scende per il quarto giorno di fila, dopo aver registrato un lieve rialzo sabato.
La criptovaluta è tornata sotto la DMA su 50 e sembra stare proseguendo il breakout al ribasso di un ampio apice testa e spalle. Qualunque tentativo dei tori di creare un bottom testa e spalle contrario e più piccolo sembra stare fallendo.
Sebbene stia complessivamente salendo, il petrolio ha registrato il suo primo calo settimanale in nove settimane. Secondo Reuters, gli investitori valutano “un potenziale sconvolgimento delle scorte derivante dalla crisi Russia-Ucraina alla luce della prospettiva di un aumento delle esportazioni petrolifere iraniane”.