Quella di oggi sarà una giornata importante per gli USA. Innanzitutto i mercati seguiranno la pubblicazione della prima lettura del PIL e, dopo qualche ora, arriverà la decisione sul tasso della Federal Reserve. Non dimentichiamo poi il rapporto ADP sull’occupazione privata (previsione: 110 mila). Per il PIL reale statunitense del T3 si prevede un incremento dell’1,5% t/t, in calo rispetto al 2,0% del T2. Gli Stati Uniti devono cercare al loro interno la crescita, che infatti negli ultimi trimestri è stata trainata dalle spese per i consumi personali. Per quanto concerne la Fed, ci aspettiamo che il FOMC abbassi i tassi di 25 punti base. Non ci sarà un aggiornamento delle previsioni economiche, quindi l’attenzione si concentrerà sul comunicato che seguirà la riunione e sulla conferenza stampa del presidente Powell. C’è un rischio significativo che il comitato segnali una pausa molto probabile dopo i tre tagli consecutivi da 25 punti base. Tuttavia, visti i rischi per la crescita legati alle preoccupazioni per l’inflazione, la percezione del prolungarsi delle tensioni commerciali potrebbe far rimanere le colombe del comitato in modalità accomodante.
Giovedì ci sarà poi la tanto attesa riunione della Banca del Giappone. Mentre le altre banche centrali principali, e quelle dei mercati emergenti, hanno allentato le loro politiche, il Giappone ha fornito solo messaggi accomodanti. L’indicazione chiave è che la debolezza è dovuta allo scenario economico globale; in realtà, i dati giapponesi hanno tenuto relativamente bene. L’indice Tankan è stabile, l’indebolimento del manifatturiero non si è propagato ad altri settori dell’economia e l’indice di sorpresa economica ora è inclinato al rialzo. Le prospettive per l’inflazione restano tenui, ma opporsi a questo trend non sembra una priorità. Dato che la banca centrale ha già fatto di tutto per simulare pressioni sui prezzi, fare leva su altri strumenti con un effetto limitato non sembra un’opzione allettante. A nostro avviso, l’impostazione della politica monetaria non subirà variazioni. Nell’ultimo mese la performance dello yen (JPY) è peggiorata per effetto dei posizionamenti troppo tirati e della riduzione dei rischi legati alla politica. Il rischio per l’USD/JPY è equilibrato: il forte azionario giapponese (il Nikkei ha toccato il massimo da 52 settimane) genererà flussi in entrata (nonostante le esposizioni di ri-copertura), ma lo spread fra i tassi contribuirà a un ritorno del posizionamento retail verso l’USD. Il rialzo dell’USD/JPY sarà arginato dalla media mobile a 200 giorni a quota 109,40.