Oggi affrontiamo un metodo molto diffuso tra gli investitori, il quale ci permette di strutturare il nostro portafoglio massimizzando i rendimenti rispetto ad un determinato grado di rischio e di volatilità che siamo pronti ad assumerci.
Parliamo oggi della Modern Portfolio Theory.
Prima di cominciare però è necessario fare una premessa, specie per chi è neofita nel mondo degli investimenti: bisogna sempre tenere a mente il rapporto che c’è tra i risultati che ci aspettiamo di raggiungere, ossia il rendimento atteso, e il grado di rischio e di volatilità al quale dobbiamo sottostare.
Non esistono investimenti molto profittevoli che ti espongono a pochi rischi, non funziona così: il nostro obiettivo come investitori è quello di utilizzare delle tecniche volte a massimizzare i rendimenti ad un certo rischio che siamo disposti a correre. Una di queste tecniche è proprio la Modern Portfolio Theory.
Partiamo con l’elemento chiave di questo metodo, ossia che un portafoglio non dovrebbe mai essere analizzato prendendo solo le singole posizioni, quanto bisognerebbe comprendere come queste interagiscono tra di loro all’interno del portafoglio.
Per capirci: qualora io avessi un portafoglio composto da Apple(NASDAQ:NASDAQ:AAPL), Meta (NASDAQ:FB (NASDAQ:FB)) e Microsoft (NASDAQ:NASDAQ:MSFT) e mi fermassi ad analizzarlo, non dovrei limitarmi a considerare queste tre aziende singolarmente, capendo se queste siano o meno un buon investimento, ma dovrei comprendere anche come queste impattino nel nostro portafoglio.
Ho preso queste tre aziende nello specifico non a caso: prese singolarmente possono ritenersi o meno dei buoni investimenti, dipendentemente da quelle che siano le vostre valutazioni; ma anche assumendo che tutti e tre siano dei buoni investimenti, questo significa che un portafoglio composto unicamente da questi titoli sia un buon portafoglio? Secondo la MPT, no.
Prendendo il caso specifico, infatti, stiamo parlando di un portafoglio composto da tutte azioni singole, del settore tecnologico, facenti parte del mercato americano. Dunque possiamo dire che queste aziende hanno un certo grado di correlazione.
Andiamo nel dettaglio: la correlazione è una relazione esistente tra due o più investimenti; maggiori sono le variabili affini tra due investimenti, più questi sono correlati.
Tornando al nostro esempio, i tre asset sono tutte single stocks, tutte interne ad un mercato specifico, quello americano, e tutte sono facenti parte dello stesso settore, quello tecnologico, dunque hanno una forte correlazione.
Secondo l’analisi portata avanti dalla MPT, più un portafoglio è composto da titoli correlati, più aumenta il grado di rischio complessivo, perché: semplicemente perché il rischio connesso ad un singolo titolo può presentarsi anche per gli altri titoli.
Nel nostro esempio ci possono essere vari scenari che metterebbero a rischio le nostre azioni: un crollo del settore tecnologico, un cambio di politica del mercato americano, una rotazione generale del mercato dalle azioni growth alle azioni value ecc.
Per limitare questo è necessario dunque diversificare; in questo caso però la diversificazione non è da intendersi come la classica frase detta da molti investitori “acquisto tanti titoli così diversifico”, quanto piuttosto andare realmente ad acquistati dei titoli che siano poco correlati tra loro, se non addirittura decorrelati, in modo da ridurre il rischio complessivo del portafoglio o, se preferite, massimizzandone i risultati.
Già che l’abbiamo citata, parliamo un momento della decorrelazione, chiamata anche correlazione negativa. Due asset sono considerati decorrelati qualora il rendimento di uno tende ad essere opposto al rendimento dell’altro. Maggiore è questa tendenza, più alto sarà il grado di decorrelazione.
Tanto per fare un esempio? Due asset considerati con un certo grado di decorrelazione sono le azioni e l’oro. Perché questo, perché tendenzialmente l’oro è stato storicamente utilizzato come “bene rifugio”, quando ci sono determinati scossoni nel mercato azionario e c’è necessità di spostare la propria liquidità in un altro asset, in alcuni casi proprio l’oro.
Dunque, la MPT ci aiuta ad avere una maggiore diversificazione nel portafoglio, permettendoci di ottenere un miglior rendimento al medesimo grado di rischio.
Ma ci sono altri benefici di questo metodo? In effetti sì: la MPT punta anche alla riduzione della volatilità intrinseca del portafoglio nel suo complesso, chiamato anche deviazione standard.
Dato che gli asset dovrebbero essere poco correlati tra loro, la volatilità a cui sono soggetti impatta in minor proporzione la volatilità complessiva del portafoglio.
Torniamo all’esempio di Apple Inc (NASDAQ:AAPL), Meta Platforms Inc (NASDAQ:FB) e Microsoft Corporation (NASDAQ:MSFT).
Qualora ci sia un grande scossone, ad un certo punto, dell’intero comparto tecnologico, questo porterebbe delle grandi ripercussioni su tutti e tre gli asset, e di conseguenza sul nostro intero portafoglio. Un crollo del -10% su tutti i titoli porterebbe ad un crollo del -10% del mio intero portafoglio. Sto ovviamente semplificando.
Prendiamo invece un secondo scenario: il mio portafoglio è investito per ⅓ nel settore tecnologico, per ⅓ nel settore delle utilities e per ⅓ nel settore industriale, cosa accadrebbe se il comparto tecnologico si ritrovasse in crisi?
Dato che questo pesa solo per 1/3, la volatilità complessiva sarebbe notevolmente ridotta, rendendo, in ultima battuta, il mio portafoglio più efficiente.
E questo era la MPT, spero vivamente che vi sia stata utile.
In generale, come abbiamo visto, tutto si può riassumere con la seguente frase: un portafoglio diversificato è più efficiente.
Tuttavia, entrando nello specifico, ci siamo resi conto di molti più aspetti, che spero vivamente possiate interiorizzare al fine di diventare investitori sempre più consapevoli.