Gli utili del terzo trimestre del 2018 hanno confermato i peggiori timori degli investitori riguardo ai principali produttori di chip al mondo: il rallentamento della domanda è più esteso e duraturo di quanto avevano affermato i dirigenti del settore. I recenti report trimestrali di alcuni dei colossi del settore dimostrano che i produttori stanno affrontando degli ostacoli ciclici che continueranno a pesare sulle quotazioni dei loro titoli.
Il principale segnale di questo marcato indebolimento arriva da Texas Instruments (NASDAQ:TXN), che ha il numero più alto di clienti e la gamma di prodotti più vasta del settore dei chip. La compagnia di Dallas ha avvertito che la domanda sta rallentando in molti dei suoi mercati, prevedendo il maggiore calo sequenziale delle entrate dal 2012.
Advanced Micro Devices (NASDAQ:AMD) e Nvidia (NASDAQ:NVDA), i principali produttori di chip per schede grafiche, la seguono a ruota, con previsioni sulle vendite altrettanto deludenti.
In seguito al tonfo del mercato delle criptovalute che, fino all’inizio di quest’anno aveva alimentato la domanda di chip, alcuni importanti produttori prevedono un futuro più tetro. E questa notizia arriva proprio quando l’aumento dei tassi di interesse e l’escalation dello scontro commerciale tra le principali economie mondiali - Cina e Stati Uniti - vanno ad unirsi all’incertezza ed alle pressioni sui costi.
Infatti, la Cina compra più chip di qualsiasi altro paese, con circa 140 miliardi di dollari, il 38%, dei semiconduttori mondiali, secondo l’agenzia di ricerche IC Insights. Negli Stati Uniti, invece, si trovano i maggiori produttori di chip, il che rende il settore esposto ai dazi ed alle altre barriere commerciali.
La strage dei titoli legati ai chip proseguirà
Il peggioramento del macro-contesto, il ribasso ciclico e la tetra stagione degli utili hanno contribuito ad accelerare il crollo dei titoli del settore dei semiconduttori. Inoltre, non c’è alcun segnale che sia stato raggiunto un fondo per il momento.
Tra le compagnie più colpite troviamo Nvidia ed Advanced Micro, che sono state esposte alla domanda per la cripto-mania, un segmento che si è prosciugato dopo il tonfo della quotazione delle monete digitali.
Il titolo di Nvidia è crollato di oltre il 36% negli ultimi sei mesi, mentre AMD ha perso circa la metà del suo valore dopo aver raggiunto il massimo di 52 settimane a settembre. Dopo due anni di un’impennata di oltre il 30%, l’indice Philadelphia Semiconductor Index, riferimento del settore, ha segnato un crollo di quasi il 6% sul 2018.
È difficile prevedere quando passerà questa debolezza, ma in questo clima di depressione gli investitori non dovrebbero ignorare dove risiede la forza soggiacente all’interno del settore. Secondo noi, le nuove fonti di domanda (come l’intelligenza artificiale, l’ascesa del cloud computing e l’ossessione mondiale per i videogiochi) difficilmente si prosciugheranno tanto presto.
Detto ciò, riteniamo che i tempi non siano ancora maturi per comprare i titoli dei chip. Meglio restare nelle retrovie fino a quando non migliorerà il macro-contesto e le dinamiche della domanda non diventeranno più chiare. Sia AMD che Nvidia sono particolarmente vulnerabili ad un ulteriore indebolimento, a causa dell’eccesso di scorte di GPU per videogiochi ed al crollo delle vendite per il cripto-mining.
Tuttavia, se state aspettando il momento giusto per fare una scommessa contraria sul settore, allora Intel (NASDAQ:INTC) e Texas Instruments si trovano in una posizione migliore per superare questa tempesta.
Nel terzo trimestre, Intel non solo ha superato le stime su vendite ed utili, ma ha anche alzato le previsioni sull’intero anno fiscale. Intel intende spendere circa 1,5 miliardi di dollari in più per spese in conto capitale quest’anno rispetto a quanto previsto inizialmente. Il P/E anticipato della compagnia di 10,5 lo rende inoltre una delle scelte più economiche del settore. Il titolo ieri ha chiuso a 48 dollari.
La forza di Texas Instruments deriva dalla sua linea di prodotti diversificata. I suoi chip svolgono il fondamentale compito di tradurre gli input del mondo reale, come suoni e tocco, in segnali elettronici. E questo rende la compagnia meno vulnerabile ad improvvise oscillazioni della domanda o a pressioni della concorrenza. Nel 2017, il 54% dei ricavi di TI è stato dovuto alle applicazioni nel settore automobilistico ed industriale.
Morale della favola
Il selloff dei titoli dei chip probabilmente continuerà fino a quando non ci sarà un qualche miglioramento nel macro-contesto generale, soprattutto nei rapporti commerciali USA-Cina. Sia Intel che Texas Instruments sono venduti sotto i massimi registrati all’inizio dell’anno. All’inizio del 2018, TI ha segnato il massimo di 119 dollari; ieri ha chiuso a 94,62 dollari, cioè il 20% in meno rispetto al livello a cui aveva cominciato l’anno. Intel ha toccato 57,60 dollari a maggio ma, considerata l’attestazione di ieri sera, rispetto a quel livello segna un crollo di quasi il 17%.
Entrambi i titoli sono scelte allettanti in base all’attuale calo o a qualsiasi ulteriore debolezza per via delle loro quotazioni interessanti ed alla posizione superiore sul mercato.