Dollaro in salita tra dati forti, timori per lo stimolo e avversione al rischio

Pubblicato 26.01.2021, 10:24
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Rassegna giornaliera sul mercato forex, 21 gennaio 2020

Analisi realizzata alla chiusura del mercato statunitense a cura di Kathy Lien, Direttrice di FX Strategy per BK Asset Management.

Il dollaro USA è schizzato contro tutte le principali controparti venerdì, mentre le azioni sono scese dai massimi. Sono passati solo 3 giorni dall’insediamento del Presidente Joe Biden e gli investitori già iniziano a temere  sulla capacità di far passare il pacchetto di stimolo da 1,9 mila miliardi di dollari e di somministrare 100 milioni di vaccini nei primi 100 giorni. Il problema è che le somministrazioni stanno rallentando a causa della mancanza di dosi in diversi stati. I leader Repubblicani stanno rimandando l’approvazione del pacchetto di stimolo, e Mitt Romney ha dichiarato che non sta cercando un nuovo programma per il futuro immediato. Il Senatore GOP Roy Blunt ha definito il piano un non-starter.  Perché aumenti il rally del rischio, è necessario che la campagna vaccinale proceda e che si vada avanti con uno stimolo aggressivo.

La Federal Reserve si riunirà la prossima settimana e seguirà tutto questo molto da vicino. Purtroppo, non ci aspettiamo dei progressi significativi su questi due fronti, e ciò vuol dire che la banca centrale opterà per una politica monetaria cauta.

Nonostante i contagi record di dicembre, i dati economici USA non sono stati così catastrofici. Secondo Markit Economics, l’attività del settore manifatturiero e di quello dei servizi è accelerata a gennaio. Le vendite di case esistenti sono rimbalzate, in accordo con la ripresa che avevamo precedentemente osservato con i nuovi cantieri e le concessioni edilizie. Il sondaggio della Fed di Philadelphia ha dato risultati triplicati all’inizio dell’anno, e con le borse vicine ai massimi storici, non ci sono molti motivi per cui preoccuparsi.

Infatti, come la BCE e la Banca del Canada, la Federal Reserve parlerà dei rischi nel breve termine, ma sottolineerà la possibilità di una forte ripresa. Questo potrebbe offrire un supporto nel breve termine per il dollaro USA, ma la prospettiva di un ulteriore stimolo e di un deficit fiscale maggiore limiterà i guadagni.

È ufficiale: i lockdown in Europa non sono riusciti a intaccare la ripresa nell’area. Secondo gli ultimi report, l’economia tedesca ha visto un’espansione lo scorso mese e, nonostante il ritmo sia rallentato rispetto al mese precedente, la lettura è stata comunque superiore alle attese. L’attività della manifattura è aumentata, mentre  quella dei servizi ha registrato un lieve calo. Anche nell’intera zona euro, l’attività manifatturiera ha segnato i maggiori rialzi. Tutto questo ci dice che l’euro, la valuta migliore del giorno, potrebbe iniziare la settimana con il piede giusto. Tuttavia, ci sono ancora dei rischi di pullback in vista dei dati sul PIL del quarto trimestre che saranno rilasciati venerdì.

Il Regno Unito, dall’altra parte, ha visto un’importante contrazione nell’attività dei servizi e del manifatturiero. L’indice Markit PMI è crollato da 50,4 a 40,6, il minimo da giugno. Questo peggioramento è stato causato dalla debolezza dell’attività dei servizi e del manifatturiero. Le vendite al dettaglio sono state più deboli del previsto, con la spesa in salita dello 0,3% a dicembre, contro le aspettative di un aumento dell’1,2%.

Le valute peggiori sono state il dollaro canadese e quello australiano. Nonostante l’aumento importante nelle vendite al dettaglio nel mese di novembre, il cambio USD/CADha chiuso la giornata sopra l’1,27. La spesa dei consumatori è salita dell’1,3% contro l’aumento previsto dello 0,1%. La debolezza del dollaro può essere attribuita in parte ai dati di dicembre piuttosto negativi, dovuti ai lockdown disposti in gran parte del paese. Il dollaro australiano e quello neozelandese sono scesi bruscamente. Nonostante Markit Economics abbia riportato dati PMI compositi e manifatturieri per l’Australia, le vendite al dettaglio sono scese più del previsto a dicembre, un segnale che la bella stagione ed il calo dei casi di coronavirus non è riuscito a sostenere la domanda. L’inflazione in Nuova Zelanda è aumentata, ma l’attività manifatturiera si è contratta per la prima volta a maggio.

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