Il successo consiste nel fare una previsione esatta nel 60% dei casi. Il che significa che nel restante 40% anche un trader molto bravo va a perdere i soldi (J. Livermore).
Inflazione YoY di marzo di tre paesi importanti della zona Euro: Germania, in uscita alle 8:00 (stima 2,2% contro 2,5% di febbraio), Francia YoY alle 8:45 (stima 2,3% contro 3% di febbraio) e Spagna alle 9:00 (stima 3,2% contro 2,8% di febbraio). Alle 16:00 è la volta della fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di aprile (stima 79 punti contro 79,4 di marzo). Come si nota, le stime confermano che la BCE non sembrerebbe avere più scuse per cominciare a ridurre i tassi e il punto diventa il quando non più il se.
Ieri li ha lasciati invece invariati, come era nelle attese. Quarta pausa dopo dieci rialzi consecutivi. Secondo il Consiglio Direttivo, qualora la sua valutazione in merito alle prospettive di inflazione, alla dinamica dell'inflazione di fondo e all'intensità della trasmissione della politica monetaria convergessero stabilmente verso l'obiettivo, sarebbe opportuno ridurre l'attuale livello di restrizione della politica monetaria. Detto in altri termini, la politica monetaria continuerà a dipendere dai dati, ma il Consiglio Direttivo sembra però avere aperto alla riduzione dei tassi. Il Consiglio Direttivo vuole tenersi le mani libere definendo le decisioni di volta in volta senza vincolarsi ad un percorso definito
Frena ancora l’inflazione YoY di marzo della Cina (0,1% contro 0,4% atteso e 0,7% di febbraio). Richieste USA settimanali alla disoccupazione inferiori alle attese (211k contro 216k attese e 222k della scorsa settimana), che vanno nella stessa direzione vista con l’aumento dell’occupazione della scorsa settimana. PPI di marzo in minore crescita rispetto alle attese (0,2% contro 0,3 atteso e 0,6% di febbraio. Alla luce della crescita del CPI di ieri, crediamo quindi che le imprese stiamo aumentando i profitti. Non che questo sia negativo intendiamoci ma, unito alla crescita dei salari, non favorisce certo il taglio dei tassi. Sempre che la Fed mantenga il target di inflazione al 2%.
L’indice S&P 500 ha registrato fin qui un buon andamento, registrando un guadagno del 9% (esclusi i dividendi) nel 1Q24. Visti i recenti dati economici e di inflazione statunitensi, si potrebbe sostenere che il mercato sia fin troppo ottimista nel breve termine sull’andamento dell’inflazione, sulle decisioni sui tassi di politica monetaria della Fed e sul rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni nei prossimi 6-18 mesi.
La saggezza convenzionale all’inizio dell’anno diceva che la Fed avrebbe tagliato i tassi sei o sette volte mentre l’inflazione continuava a scendere. Naturalmente, questa stessa linea di pensiero richiedeva un rallentamento dell’economia e forse anche una lieve recessione ad un certo punto. Ma, in un periodo di tempo relativamente breve, le stime di consenso sulla crescita economica sono salite fino al 3% nel primo trimestre di quest’anno e quasi allo stesso livello (2,8%) per il secondo trimestre. Le stime dei tassi di crescita attesi, reali annualizzati e aggiustati per l’inflazione per gli ultimi due trimestri del 2024 sono più bassi (rispettivamente 1,9% e 1,4%) ma certamente lontani dai livelli recessivi.
Con il consenso che ora prevede una crescita economica migliore di quanto inizialmente previsto e le prospettive di un'inflazione leggermente superiore all'obiettivo medio a lungo termine del 2% per un periodo più lungo, il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni è aumentato notevolmente nelle ultime settimane, passando dal 4,07% circa di inizio marzo al livello attuale intorno al 4,5%. Alcuni operatori di mercato temono che tassi di interesse più elevati freneranno l’entusiasmo per le azioni, almeno nel breve termine. I tassi di mercato in rapida ascesa creano infatti spesso ostacoli per le azioni.
In prospettiva e alla luce dei dati pubblicati sino ad oggi, si può certamente sostenere che la previsione della crescita economica sarà migliore e l’inflazione leggermente più elevata rispetto alle stime di inizio d’anno. Se così sarà, allora anche il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni dovrebbe essere più elevato. Ecco il motivo. I dati di Bloomberg mostrano che il rendimento medio dei titoli del Tesoro a 10 anni dal 1961 ad oggi è stato del 5,85%. I dati mostrano inoltre che nello stesso periodo l’inflazione media dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) è stata del 3,8%. Ciò significa che il tasso reale medio approssimativo è stato del 2,05%. Applicando lo stesso tasso reale all'attuale 3,5% del CPI, in base alla relazione media a lungo termine si otterrebbe un rendimento a 10 anni ben al di sopra del livello attuale.
La domanda che sorge spontanea è dove stanno andando l’economia e l’inflazione? Secondo le nostre stime il rendimento a 10 anni chiuderà l’anno vicino al livello attuale. Per quanto riguarda le azioni e alla luce dei livelli raggiunti, se la curva dei rendimenti si spostasse anche solo leggermente all’insù nel breve termine, crediamo che questa farebbe innervosire i mercati azionari.
Questa potenziale volatilità è un motivo importante per cui restiamo concentrati sul ribilanciamento verso settori di qualità (vale a dire, società con bilanci più forti e prospettive di ricavi non dipendenti dall’inflazione). Nello specifico, tenderemmo quindi a privilegiare le azioni statunitensi a grande capitalizzazione e i settori industriale, dei materiali, dell'energia e della sanità.