Il settore petrolifero globale si trova nel bel mezzo di un grave downturn, risultato della pandemia di COVID-19 e del suo impatto sulle economie nazionali. Al fine di preservare la salute aziendale, i più grandi e più forti produttori energetici del mondo, spesso chiamati i supercolossi del greggio, stanno tagliando la produzione, licenziando migliaia di dipendenti e riducendo quelli che un tempo erano i loro sacrosanti dividendi, tutto per cercare di mantenere la liquidità.
Ma, nonostante queste massicce ristrutturazioni, gli investitori cercano segnali di una ripresa della domanda in modo da poter approfittare dei bassissimi prezzi dei titoli di queste compagnie.
Di seguito, una panoramica dei punti chiave riportati nelle pubblicazioni sugli utili trimestrali dei tre grandi colossi petroliferi mondiali. Il nostro obiettivo: capire se questi operatori vedono un bottom nella distruzione della domanda che ha portato il prezzo del Brent, di riferimento, a 26 dollari al barile dai 70 di circa quattro mesi fa.
1. ExxonMobil: dei primi segnali incoraggianti
Exxon Mobil (NYSE:XOM) (NYSE:NYSE:XOM), il principale produttore USA, ha registrato la sua prima perdita in almeno tre decenni, riportando un colpo da 610 milioni di dollari dopo i 3 miliardi di dollari di svalutazione del primo trimestre 2020, quando ha pubblicato i risultati venerdì 1° maggio.
Grafico settimanale XOM
Le chiusure economiche globali hanno costretto Exxon a tagliare 10 miliardi di dollari dalle sue spese in conto capitale pianificate per il 2020, con un taglio del bilancio del 30%. Il gigante delle esplorazioni e della produzione di greggio e gas con sede ad Irving, Texas, è entrato in questa crisi proprio quando si trovava nel bel mezzo del processo dell’implementazione di un approccio radicale per creare valore.
In un momento in cui le altre compagnie petrolifere si focalizzavano sul rafforzamento della liquidità evitando grossi investimenti, Exxon stava spendendo tantissimo per nuove iniziative.
Malgrado le previsioni cupe sulla domanda petrolifera per il periodo successivo alla pandemia, Exxon ha conservato il suo storico ottimismo sulla crescita della domanda futura. In effetti, la compagnia ha optato per confermare il suo ora straordinario rendimento del dividendo trimestrale dell’8,07%, che fornisce un payout annuo di 3,48 dollari ad azione.
Durante la call sugli utili, l’amministratore delegato Darren Woods ha detto agli investitori:
“Stiamo vedendo dei miglioramenti in tutti e tre i mercati, abbiamo visto i volumi di maggio tendere al rialzo in Europa, lo stiamo vedendo succedere negli USA e anche in Asia”,
“Ci sono, direi, dei primi segnali incoraggianti”.
Ciononostante, il titolo di Exxon al momento registra un crollo del 37% sull’anno.
2. Chevron: procede sobbalzando lungo il bottom della domanda energetica
Il rivale di Exxon, Chevron (NYSE:CVX), ha riportato 3,6 miliardi di dollari di profitti nel primo trimestre, con un balzo del 36% dallo stesso periodo dell’anno scorso, quando ha pubblicato il report sul primo trimestre 2020 venerdì. Tuttavia, ha avvertito che prevede che la sua posizione finanziaria si indebolisca nel corso dell’anno per via del tonfo del prezzo del greggio innescato dalla pandemia.
Grafico settimanale CVX 2017-2020
Chevron ha inoltre annunciato ulteriori riduzioni del bilancio, affermando che taglierà le spese in conto capitale di 2 miliardi di dollari oltre ai 4 miliardi annunciati solo qualche settimana prima.
“Il settore e il mondo si trovano in un momento difficile ora”, ha dichiarato l’amministratore delegato di Chevron Mike Wirth in un articolo del Wall Street Journal.
“È come se stessimo procedendo sobbalzando lungo il bottom della domanda energetica, se guardiamo i dati. Ma non è detto che si riprenderà”.
Wirth ha sottolineato, però, che il dividendo trimestrale della compagnia, che al momento rende il 5,77%, con un payout annuo di 5,16 dollari, resta una priorità.
Al contrario di Exxon, Chevron era già in modalità difensiva dopo la massiccia svalutazione delle proprietà di gas naturale alla fine dello scorso anno che l’avevano costretta ad assorbire la perdita peggiore in oltre un decennio. Questa differenza sta aiutando il titolo del produttore che si sta riprendendo più rapidamente rispetto a quello di Exxon dal minimo del 23 marzo. Chevron è crollato del 26% quest’anno.
3. Royal Dutch Shell: taglio drastico del dividendo
Tra i supercolossi del greggio, la maggiore delusione è arrivata da Royal Dutch Shell (NYSE:RDSa) che ha annunciato, giovedì 30 aprile, quando ha pubblicato i risultati del primo trimestre, che taglierà drasticamente il suo dividendo per la prima volta dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, almeno.
Grafico settimanale RDSa 2017-2020
Shell risparmierà 10 miliardi di dollari all’anno con il payout trimestrale che passerà a 0,16 dollari ad azione dagli 0,47 precedenti, con un conseguente calo del rendimento dal 9,89% al 4,09% al momento della scrittura. Le entrate nette riviste della compagnia sono state di 2,86 miliardi di dollari nel primo trimestre, con un crollo del 46% dall’anno prima.
Shell ha preso questa decisione in quanto si trova davanti ad una “crisi di incertezza” circa i consumi energetici, i prezzi e forse anche la sostenibilità di alcuni suoi asset, ha spiegato l’amministratore delegato della compagnia Ben van Beurden in un’intervista a Bloomberg TV. Il taglio del dividendo si basa su “uno scenario piuttosto cupo” e “non sappiamo quale sarà l’altra faccia della medaglia di questa pandemia”.
La pandemia comporterà dei cambiamenti duraturi dei consumi energetici mondiali ed è difficile dire se la domanda di greggio riuscirà mai a tornare ai livelli visti nel 2019, afferma van Beurden. Il titolo di Shell è crollato del 45% dall’inizio dell’anno.
Morale della favola
I massicci tagli operati dalle compagnie petrolifere mostrano che la ripresa della domanda di greggio sarà un processo lento e lungo. Questa incertezza continuerà ad aggiungere rischio ai loro titoli, persino dopo i cali significativi visti negli ultimi due mesi.