Esistono ancora i porti sicuri?

Pubblicato 20.10.2023, 08:52
"C'è un po' di magia in ogni cosa, e poi un po' di perdita per pareggiare i conti"

(Lou Reed)

In attesa della descalation in Medio Oriente non arrivano buone notizie per i mercati finanziari. Il problema è che l’inflazione resta ancora troppo alta. Questa almeno l’idea di Jerome Powel intervenuto ieri sera all'economic club di NY con dichiarazioni che hanno spaventato gli operatori per un possibile aumento dei tassi di interesse nel corso del 2024, addirittura nel primo trimestre. Powell ha spiegato che per tornare al target di inflazione del 2% serve una economia più debole di quella attuale, soprattutto lato mercato del lavoro. Il rischio è però che si faccia troppo o troppo poco. L’effetto di 10 aumenti del costo del denaro non si è quindi ancora fatto sentire nella sua interezza. Il risultato è che il mercato obbligazionario resta osservato speciale con i rendimenti dei governativi statunitensi sui massimi da quasi 20 anni. In particolare il T bond a 2 anni sui top dal 2006. Anche i BTP italiani registrano un nuovo aumento, un trend che però è paneuropeo ovvero tutti i governativi trattano sui massimi da oltre 10 anni. Di positivo c’è che la parte obbligazionaria del portafoglio fa gola ai risparmiatori, per la possibilità di ottenere rendimenti reali positivi, uno scenario che sino a 2 anni fa sembrava inimmaginabile. A rimetterci è però la componente azionaria con Piazza Affari ha perso l’argine dei 28mila punti.

Porti sicuri?

Le mega cap tecnologiche sono un porto sicuro? La risposta è positiva considerato che i profitti restano elevati e le società non sono particolarmente colpite dall’aumento del costo del debito. Ma il vento potrebbe cambiare. TSM, colosso taiwanese dei semiconduttori, nell’ultimo trimestre ha perso il 25% di utili su base annua (sebbene meglio delle attese), per la persistente debolezza delle vendite di elettronica di consumo, il secondo trimestre di fila in flessione. Senza dimenticare la lenta partenza delle vendite di iPhone 15 in Cina. Il boom dell’AI sembra quindi avere il fiato corto o addirittura segnare una battuta di arresto anche per il rischio di uno stop alle vendite di chip in Cina imposto dal dipartimento del commercio Usa. Nokia infine dopo avere annunciato un crollo dei profitti del 70% nel terzo trimestre ha comunicato un piano di riduzione del personale che potrebbe arrivare a 14mila unità su base mondiale. La società in un contesto difficile di mercato non può fare altro che agire sulla leva dei costi.

Arriva l’euro digitale

Finalmente l’Europa si prepara al futuro, ma non mancano le nuvole all’orizzonte. Dopo 18 mesi di indagine sotto la regia di Fabio Panetta la Bce ha deciso di procedere con la fase 2 per la creazione dell’euro digitale, che consiste con lo sviluppo e il test della nuova moneta. Il calcio di inizio è fissato nel novembre 2023 e per due anni si lavorerà con l’obiettivo della prima emissione nel novembre del 2025. L’intento non è sostituire il contante ma costruire un’alternativa al passo con i tempi tramite app o carta di credito. Un processo lungo anche per evitare effetti indesiderati. Ad esempio ogni utente potrà detenere al massimo 3mila euro digitali, questo per evitare che i forzieri delle banche si svuotino del contante, mettendole in crisi di liquidità. Si partirà con il peeer to peer (scambio di moneta tra privati) per poi arrivare all’e-commerce. Sarà posta molta attenzione al rischio riciclaggio: la privacy non ci sarà per gli intermediari. Il punto è che i grandi player nella valuta digitale sono tutti esteri: 5 statunitensi e 2 cinesi. L’Unione rischia così di diventare terra di conquista mettendo il sistema dei pagamenti in mani straniere. Qualcosa di molto simile a quanto sta accadendo con l’auto elettrica. La sfida è grande.

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