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Fed: Powell più pessimista sull’inflazione, il Senato lo conferma al secondo mandato

Pubblicato 16.05.2022, 16:12

Altri quattro anni. La scorsa settimana il Senato, con un voto di 80-19, ha confermato Jerome Powell ad un secondo mandato alla presidenza della Federal Reserve, come previsto.

Quindi, un membro mediocre del consiglio dei governatori diventato quasi per caso Presidente quando l’allora Presidente USA Donald Trump aveva frainteso le sue intenzioni sull’aumento dei tassi di interesse, è stato come previsto rinominato e il Senato conferma di continuare a dare ascolto agli economisti della Fed e di seguire i loro modelli.

La gente rende merito a Powell per aver seguito il copione del suo predecessore, Ben Bernanke, per quanto riguarda la sfida della pandemia di COVID-19: stampare soldi come se non ci fosse un domani e sperare per il meglio.

Ha funzionato, anche se ora abbiamo un’inflazione alle stelle, forse per via dell’eccesso di denaro stampato.

Ad ogni modo, il Presidente della Fed la scorsa settimana ha detto delle cose interessanti in un’intervista con Kai Ryssdal di Marketplace. Il punto saliente:

“Il fatto di riuscire ad eseguire un atterraggio morbido o meno potrebbe in realtà dipendere da fattori che esulano dal nostro controllo”.

Interessante, perché per mesi Powell ha insistito che la Fed ha gli “strumenti” per controllare l’inflazione. Sfortunatamente, forse non ne ha abbastanza. La Fed avrebbe dovuto agire prima?

“Col senno di poi, potendo tornare indietro, probabilmente sarebbe stato meglio se avessimo alzato i tassi un po’ prima”.

Sì, magari, anziché definire l’inflazione transitoria e non agire come farebbe qualunque altra banca centrale sensibile quando l’inflazione alza la testa.

E poi:

“Riportare l’inflazione giù al 2% comporterà dei dolori, ma alla fine la cosa più dolorosa sarebbe non riuscire a gestirla ed avere un’inflazione radicata nell’economia ad alti livelli”.

Quei 19 senatori che hanno votato contro la conferma erano perlopiù Repubblicani a cui non è piaciuta la performance di Powell sull’inflazione, ma c’era anche qualche Democratico, come Elizabeth Warren, che lo critica per non aver fatto abbastanza su altri aspetti, come la regolamentazione bancaria o i rischi ambientali. La storia ci dirà chi ha fatto la scelta migliore.

Cambio della guardia nelle banche centrali di USA ed Europa

La Fed di Dallas ha nominato la vice Presidente della Fed di New York, Lorie Logan, come successore di Robert Kaplan a capo della banca regionale. Logan di recente si è occupata della gestione dei 9 mila miliardi di dollari di asset della Fed come manager del System Open Market Account.

Veterana della Fed che lavora per la banca centrale dal 1999, Logan diventerà membro votante del Federal Open Market Committee il prossimo anno, quando la banca di Dallas avrà diritto al voto. In ogni caso, farà sentire la sua voce.

Il Senato ha anche confermato Philip Jefferson e Lisa Cook al consiglio dei governatori della Fed, e la Fed di Boston ha nominato, come successore del Presidente Eric Rosengren, Susan M. Collins, la prima donna afroamericana a capo di una banca regionale.

Intanto, il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea si prepara a decidere se alzare i tassi di interesse a luglio, al termine del suo programma di acquisto di asset.

Il consiglio è formato da 25 membri.

Prima dell’euro e della BCE, la conservatrice banca centrale tedesca, la Bundesbank, decideva la politica monetaria europea perché gli altri paesi del Sistema Monetario Europeo dovevano seguire la Germania.

Ora, il capo della Bundesbank, Joachim Nagel, ha solo un voto al consiglio, lo stesso dei rappresentanti di Cipro o Malta, e a causa del sistema di rotazione non può neanche votare a tutti i vertici.

Nagel, entrato in carica a gennaio, è diventato leader della fazione dei falchi nel consiglio, ma la Presidente francese della BCE, Christine Lagarde, sta dalla parte delle colombe, così come il capo economista, l’irlandese Philip Lane.

L’Europa si trova in una situazione diversa rispetto agli Stati Uniti, con un’economia molto più vulnerabile alle ripercussioni della guerra in Ucraina, sebbene anche l’Europa debba fare i conti con un’inflazione alle stelle.

C’è spazio di discussione sulla questione, ma non è una coincidenza che i falchi appartengano all’Europa del nord e le colombe alla quella meridionale.

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