Con le borse Europee e i futures Americani poco mossi, si apre quella che potrebbe essere la più importante settimana del corrente mese: dal 18 al 29 dicembre ci sono altri appuntamenti importanti, ma nulla di paragonabile agli eventi dei prossimi giorni, con FED, BCE e Bank of England chiamate a fornire nuove indicazioni di politica monetaria agli investitori.
Come è ben risaputo, la gestione dei tassi va di pari passo con la sostenibilità del debito. Dalla pandemia sembra che il consenso occidentale sul deficit stia cambiando rapidamente: alcuni paesi stanno accelerando su una disciplina fiscale più rigida, come ad esempio la Germania, ma molti altri sembrano destinati a incrementare la spesa come gli USA, passando dal sostegno ai consumatori al sostegno per l’industria.
Nonostante l’allentamento dell’inflazione e il calo dei tassi abbiano portato un certo sollievo nelle ultime settimane, le notizie della scorsa settimana sul controllo della curva dei rendimenti da parte della Banca del Giappone, così come i dati positivi sui salari degli Stati Uniti, sono serviti a ricordare quanto velocemente il sentiment possa cambiare.
A partire dal 2019, con le FED impegnata ad aumentare i tassi dall’1,8% all’attuale livello del 5,5%, il deficit fiscale statunitense è aumentato dal 4,7% al 6,1% del PIL. Sia l’Eurozona che il Regno Unito hanno aggiunto tre punti percentuali ai loro deficit da quando i tassi sono iniziati a salire. Gli effetti di tale spesa potrebbero rendere più difficile raggiungere i target di inflazione prefissati, o addirittura spingerla nuovamente verso l’alto, rappresentando così una nuova sfida per le Banche Centrali nel 2024 e probabilmente anche per gli anni successivi.
E’ chiaro dunque che nei Governi ove è presente una forte disfunzione politica o laddove la politica fiscale e monetaria stia andando in direzioni diverse, bisogna essere cauti nei confronti dei titoli di Stato a lungo termine se mantenuti da cassettisti.
Veniamo adesso alle dinamiche più recenti.
Il brusco cambiamento di tendenza nei prezzi dei decennali USA che abbiamo vissuto nelle scorse settimane, è da attribuire essenzialmente ad un’inflazione inferiore alle aspettative degli investitori e segnali contrastanti, ma in definitiva soddisfacenti, giunti dal mercato del lavoro.
E proprio in virtù di questi dati, il mercato ha iniziato a scontare un possibile taglio dei tassi della Federal Reserve già nella prima metà del 2024: i dati prospettici di fine mese indicano un possibile taglio di oltre 175 punti base dei tassi di interesse nei prossimi 24 mesi, ben al di sopra delle aspettative di ottobre. In media, dal 1994, il ciclo di tagli della Fed è durato poco più di due anni, con una media di 285 punti base cumulativi. Dal 2000, la media dei ribassi ha raggiunto 425 punti base.
Ne consegue che il ciclo dei tagli che il mercato inizia ad anticipare appare ancora molto modesto, ma capace di far salire sul treno degli acquisti i ritardatari… sempre con le dovute attenzioni, soprattutto considerando quanto indicato all’inizio del presente articolo.
La gestione dei debiti governativi rimane focale per garantire a tutti noi ottimi acquisti sul mercato obbligazionario.
Buon Investing!