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I mercati sognano un Jerome Powell vestito da Babbo Natale

Pubblicato 28.11.2022, 16:11
Aggiornato 09.07.2023, 12:32


I sogni sono desideri, talvolta inconfessabili. Anche se legati all’attivazione dell’inconscio cioè del non razionale che sui mercati finanziari fa sempre malissimo.  Lo stesso Freud, il padre della psicoanalisi, sottolineava come il motore dei sogni sono proprio i nostri desideri inconsci. Ed il sogno che tutti gli investitori si augurano è vedere un Jerome Powell in versione  Babbo Natale nell’ultima riunione dell’anno il 15 dicembre  portare il regalo più gradito: la fine della stretta monetaria
La strada per arrivarci tuttavia si presenta ancora lunga, se realizzabile. Il dato sull’ inflazione americana dello scorso 10 novembre che ha segnato un calo quasi impercettibile dopo un anno di consistenti salite sui massimi da 40 anni ha fornito l’idea, non la certezza, che si sia effettivamente raggiunto un picco e di conseguenza stia per terminare il fragoroso rialzo dei tassi di interesse visto negli ultimi 10 mesi.

L’andamento della disoccupazione il 2 dicembre e quello l’inflazione il 13 dicembre, guardato sempre con grande attenzione dalla Fed, alla vigilia della riunione contribuiranno non poco a chiarire il quadro e far passare un buon periodo natalizio agli investitori all’interno di un anno da dimenticare.  Il dato sulla disoccupazione è importante per le tensioni salariali, quello sul rialzo dei prezzi servirà a capire se il rallentamento nel mese di ottobre possa essere l’inizio di una tendenza o solamente episodico.  Una lettura combinata dei due potrà così indirizzare le scelte di Powell che potrebbe alzare i tassi di uno 0,50% o magari anche anticipare un rallentamento nel 2023, travestendosi cosi veramente da Santa Claus

Nel frattempo sui sogni, che spesso coincidono con le aspettative future, e in presenza di un forte ipervenduto, i mercati hanno messo a segno un rialzo molto consistente che ha permesso di riportare le performance in termini più accettabili per gli investitori, con la solita eccezione dei titoli tecnologici che come spesso accade dopo essere stati portati alle stelle grazie alle proiezione di utili futuri in costante aumento, fanno ora fatica a ritrovare un loro ruolo ed una valutazione congrua  in un mondo che cerca un nuovo equilibrio. Basti solo pensare al crollo delle vendite on-line a favore delle presenze nei negozi e del nuovo ruolo di termometro dell’economia assunto dall’andamento delle varie catene di distribuzione

In un mercato così posizionato per le buone notizie c’è il rischio che soprese negative impattino notevolmente sull’eccessivo entusiasmo degli investitori che potrebbero aver già brindato in anticipo al rally d fine anno. Anche perché al di là di un possibile accomodamento monetario da parte della Fed le prospettive rimangono tuttora incerte, in particolare riguardo un rallentamento economico che andrebbe ad impattare oltre che sui consumatori anche sugli utili aziendali. Certificando di fatto quella recessione, forte o leggera è tutto da valutare, che l’inversione delle curve dei rendimenti tra scadenze brevi e lunghe già incorpora.

Anche perché mettendo il naso fuori dai confini americani la questione geopolitica è complicata a cominciare da una situazione interna cinese in grande tensione. La gestione brutale del Covid paragonata a quella restante del resto del mondo che si vede benissimo tramite i social, sta esasperando la popolazione e rischia di provocare ulteriori danni alla catena di approvvigionamento mondiale che deve ancora tornare a livelli pre pandemici e che è stata una delle concause che hanno contribuito all’impennarsi dell’inflazione.  Ma anche la rivolta in Iran, grande produttore di petrolio, contribuisce a destabilizzare il quadro generale in particolare a favore di paese in grande crescita come l’India prossima ad avere un ruolo importante nello scacchiere mondiale. 

Il giorno prima della riunione della Fed sarà il turno della Bce. In Europa l’inflazione continua a mordere mostrando un andamento a due cifre molto sopra il target del 2% della Banca Centrale Europea. E su cui l’istituto di Francoforte può fare poco essendo originata per buona parte dalle problematiche energetiche che minimamente risentono di un aumento dei tassi, in presenza peraltro di un disallineamento dei vari paesi membri sui temi energetici, mentre rimane sempre possibile una escalation della la guerra in Ucraina alle prese con il nemico più pericolo l’inverno. Con il rischio concreto di avere rialzi dei prezzi “entrenched” radicati, con conseguenze sociali e politiche. 

Assieme alla Lagarde  Powell può quindi può travestirsi da Babbo Natale facendo felici gli investitori, anche se sembra difficile che esca dalla linea del rigore e di una credibilità ritrovata. Nel dubbio meglio godersi il momento e brindare prima di metà dicembre.
Santa Claus stocks

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