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Il dollaro Usa cammina sul filo di un rasoio

Pubblicato 07.05.2014, 10:39
I recenti dati relativi al mercato del lavoro Usa lasciano intendere che l'economia statunitense e' in ripresa indipendentemente dalla storia raccontata dal Pil del primo trimestre.
Il Pil Usa del primo trimestre e' cresciuto infatti solo dello 0,1% mentre gli analisti si attendevano un +1,1%, un rallentamento dal +2,6% del trimestre precedente ma di certo non cosi' marcato. Le attese per i prossimi trimestri sono comunque piu' che positive, nell'ordine di una crescita del 3/4%. Causa principale della inattesa flessione del primo trimestre e' il grande freddo che ha attanagliato gli States negli ultimi 3/4 mesi e che ha depresso consumi ed investimenti. Ma al tempo stesso ad aprile le aziende americane hanno assunto con il ritmo piu' elevato degli ultimi due anni facendo scendere il tasso di disoccupazione al 6,3%, meglio delle attese. Il numero di posti di lavoro creati dal settore privato e' stato di 288.000, il valore piu' alto dal gennaio 2012, maggiore rispetto ai 203.000 posti creati in marzo. Il numero dei disoccupati e' in calo sotto la soglia dei 10 milioni, il ribasso mensile e' stato di 733 mila unita', i disoccupati di lungo periodo sono scesi di 287 mila unita' a quota 3,5 milioni. I pessimisti hanno fatto osservare che il calo del tasso di disoccupazione e' legato anche al fatto che il tasso di partecipazione alla forza lavoro e' ai minimi dal 1978, il numero di persone che non fa piu' parte della forza lavoro e' infatti aumentato di 988.000 unita' a 92 milioni, il secondo maggiore rialzo mensile di sempre, ma nonostante questo e' difficile non concordare sul fatto che l’economia Usa ha ripreso a creare posti di lavoro ad un ritmo eccezionale.
Le condizioni perche' la Federal Reserve prosegua il "tapering", ovvero la diminuzione degli aiuti straordinari all'economia, sembrano esserci tutte. Attualmente gli acquisti mensili di attivita' della Banca centrale Usa sono di 20 miliardi di dollari di obbligazioni garantite da mutui e di 25 miliardi di dollari di buoni del Tesoro per un totale di 45 miliardi, praticamente la meta' rispetto agli 85 miliardi che il programma ha messo in circolo nel suo momento di picco. Anche se Janet Yellen rassicura gli investitori che i tassi resteranno ai minimi a lungo, e questo anche dopo la completa estinzione degli aiuti, il miglioramento del mercato del lavoro costringe a considerare sempre piu' vicino il momento in cui effettivamente i tassi verranno alzati. Se i prezzi al consumo dovessero avvicinarsi nuovamente al 2%, su base annua l'inflazione e' cresciuta dell'1,5% a marzo dall'1,1% di febbraio nonostante il costo dell'energia resti basso e la benzina sia addirittura diminuita, la Fed non ci pensera' troppo prima di alzare i tassi d’interesse.
Le premesse per un aumento di valore del dollaro Usa contro le principali monete, alla luce del contesto macro, sembrano quindi esserci, tuttavia il quadro grafico non e' altrettanto chiaro. Le incertezze di un mercato che non reagisce in modo pronto alle prospettive di una, seppure lontana, crescita dei tassi Usa, possono essere spiegate inserendo nell'equazione il comportamento della Bce. I mercati restano convinti che la Banca Centrale Europea non stia facendo ancora quanto possibile per favorire la ripresa dell'economia dell'area. Draghi ha promesso in piu' di una occasione che terra' i tassi bassi ancora a lungo, tanto che i tassi reali caleranno ancora, ma per i mercati questo e' un atteggiamento ancora troppo passivo rispetto alle emergenze, sintetizzate dall'elevato livello di disoccupazione di molti paesi dell'euro, che ci sono.
Analizzando il grafico del Dollar Index, indice rappresentativo dell'andamento di un paniere di valute, dove il peso preponderante e' quello dell'euro, nei confronti del dollaro, e' infatti facile notare la presenza di un forte supporto in prossimita' dei valori attuali. I prezzi hanno infatti toccato un minimo a 79 punti circa ad ottobre 2013, poi a 79,27 a marzo di quest'anno ed a 79,33 ad aprile. Area 79 si era dimostrata un supporto molto solido anche tra ottobre 2012 e febbraio 2013, favorendo la realizzazione di rimbalzi anche rilevanti dopo essere stata testata. Poco sotto area 79, a 78,80, si colloca poi il 50% di ritracciamento del rialzo dai minimi di maggio 2011, una percentuale di ritorno alla quale gli studiosi dei grafici guardano sempre con grande attenzione per la sua capacita' di discriminare tra movimenti di semplice correzione e vere e proprie inversioni di trend. In sintesi fino a che area 78,80/79,00 sosterra' l'indice le prospettive rimarranno per un rimbalzo che potrebbe essere, come gia' accaduto in passato da questi livelli, anche consistente. La violazione di area 78,80 racconterebbe invece una storia molto diversa, in quel caso il rischio di un calo deciso del dollaro, non solo fino a 77,30, 61,8% di ritracciamento del precedente rialzo (la quota che segue il 50% nella scala di Fibonacci), ma anche verso area 75.
Il superamento di area 80, massimi di fine aprile, e di 80,60, picco del 4 aprile, fornirebbero invece indicazioni nette in favore di una rafforzamento della moneta Usa almeno fino ai massimi dello scorso novembre, a 81,50 circa. Uno sguardo all'andamento dell'euro dollaro, non troppo dissimile a quello del dollar index dato il peso elevato che l'euro ha nel paniere (le due curve sono tuttavia una il reciproco dell'altra, nel caso dell'euro dollaro infatti un calo del grafico corrisponde ad un rafforzamento della moneta Usa al contrario di quanto accade per l'indice), conferma il fatto che la moneta statunitense sta camminando su di un crinale molto stretto. I massimi toccati nell'ultima ottava, poco al di sotto di 1,39, si collocano infatti sul 61,8% di ritracciamento del ribasso dal picco del maggio 2011, mentre tra 1,3730 e 1,3780 si collocano la media mobile a 100 giorni e la linea che sale dai minimi di luglio 2013. La violazione di area 1,3700 fornirebbe quindi chiare indicazioni in favore di un nuovo rafforzamento del dollaro, la rottura decisa di 1,39 potrebbe invece anticipare una fase di debolezza per la moneta Usa.
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