Powell prosegue sulla strada tracciata. L’attuale shock geopolitico non rinvierà l’aumento dei tassi atteso a marzo e previsto in 0,25 bp, ha dichiarato espressamente il presidente della FED davanti alla commissione dei servizi finanziari della Camera dei Rappresentanti USA, forte di in florido mercato del lavoro e di una crescita prezzi che non sembra voler diminuire. Powell ha tenuto inoltre a sottolineare che se l’inflazione sarà più elevata del previsto, è pronto a muoversi in modo più aggressivo, aumentando il FED Funds di oltre 25 bp nelle prossime riunioni. Per Powell l’inflazione è comunque prevista scendere durante l'anno grazie ad una domanda aggregata più contenuta e una progressiva risoluzione dei problemi sulla supply chain.
Difficile che l’inflazione scenda ai livelli attesi
Secondo il nostro modello, per consentire all’inflazione di scendere al 2,5% (valore del gennaio 2020) sarebbe necessario che i prezzi del petrolio rimanessero sotto gli 85 dollari al barile per il resto dell’anno e che i prezzi dei prodotti agricoli diminuissero del 20% dai livelli attuali. Riteniamo che entrambi gli obiettivi siano, ad oggi, difficilmente raggiungibili. Il presidente della FED ha anche accennato alla riduzione del bilancio della FED, sostenendo che questa non costituirà lo strumento primario nell'azione di inasprimento. In ogni caso la FED procederà in modo agile e usando molta cautela al fine di preservare la stabilità finanziaria.
In Europa, il rialzo dei tassi si allontana
In Europa, se prima dello scoppio delle ostilità le attese indicavano un rialzo dei tassi nei prossimi due anni, ora la BCE dovrà rivedere l’agenda per adattarla agli sviluppi geopolitici. Abbiamo calcolato che l’ulteriore spinta alla crescita dei prezzi dovuta alla crisi è compresa tra lo 0,3% e l’1,5% (dipende ovviamente dalla durata del conflitto), con gli effetti che anche nell’ipotesi migliore saranno comunque visibili per tutto il 2023. Scontato che i vincoli al commercio avranno un impatto sull’interscambio tra l’Europa e la Russia colpendo tutte le aziende che fanno affari con Mosca.
Ma la crisi potrebbe vanificare gli effetti del NextGenerationEU
Con una crisi dalla durata limitata, secondo le nostre stime la flessione della crescita del PIL Europeo potrebbe essere compresa tra lo 0,3% - 0,5% (e far attestare la crescita annuale tra il 3,5% e il 3,0%) senza tuttavia far deragliare il ciclo economico. Se viceversa lo scenario rimanesse teso a lungo, allora il nostro modello restituisce una variazione del PIL dell’1,7% circa (2,0% circa la crescita dell’intero anno), con i paesi più colpiti che sarebbero Germania e Italia, andando a vanificare gli effetti nel NextGenerationEU. I governi reagirebbero attraverso politiche fiscali più generose e di sostegno al consumo, utilizzando per esempio meccanismi europei di finanziamento (i SURE e/o il Meccanismo europeo di stabilità) oppure attraverso nuovi strumenti.
Diversificazione e selettività negli investimenti
Relativamente agli investimenti, le opportunità di trovare rendimenti positivi aggiustati per l'inflazione rimangono piuttosto limitate, a meno di forti cali dell'inflazione. In altre parole i tasi reali continueranno a rimanere negativi. Chi investe nel reddito fisso ha quindi bisogno di alternative. Chiaro che i titoli protetti dall'inflazione rappresentano una sorta di garanzia contro qualsiasi fallimento di FED o BCE nel contenere l'inflazione. Per l’azionario è fondamentale rimanere selettivi utilizzando un approccio bottom up e concentrarsi su utili di alta qualità con una buona visibilità. Anche le esposizioni asimmetriche tramite hedge fund e l’acquisto/vendita di volatilità dovrebbero aiutare a mitigare il rischio.