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Impennata del greggio in dubbio; l’oro potrebbe puntare ai 1.250 dollari

Pubblicato 15.10.2018, 09:13

I riflettori questa settimana nel settore delle materie prime saranno puntati sui due mesi di impennata del greggio e sulla possibilità che possa riprendere dopo il colpo della scorsa settimana.

Con un crollo di oltre il 4% in cinque sedute - un tonfo simile si era registrato l’ultima volta nel secondo trimestre - il greggio West Texas Intermediate (WTI) scambiato a New York e la sua controparte britannica, il Brent, fanno sorgere dubbi sulla loro prossima direzione, mentre i mercati entrano in un’altra settimana di macro incertezza globale.

Anche se il greggio ha cominciato la settimana al rialzo in Asia, grazie alle tensioni geopolitiche legate alla scomparsa di un importante giornalista saudita, i guadagni restano limitati dai timori per le prospettive a lungo termine, dicono i trader.

Sicuramente, c’è un clima di apprensione per le scorte che dovrebbe supportare il rialzo dei prezzi del greggio, soprattutto per via delle sanzioni USA contro le esportazioni di greggio iraniano, che hanno raggiunto il picco di 2,71 milioni di barili al giorno a maggio e che rappresentano quasi il 3% delle scorte globali giornaliere.

Oltre che in Iran - il terzo principale esportatore dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio (OPEC) - le scorte sono a rischio anche in altre nazioni OPEC, come Iraq, Libia e Venezuela.

L’avversione al rischio riduce le prospettive rialziste sul greggio

WTI Daily Chart

Questi timori sono anche in parte stati bilanciati dall’idea di alcuni operatori del mercato secondo cui, nel corso dell’ultimo anno, i prezzi sono saliti più che sufficientemente per compensare un’eventuale tensione delle scorte. Persino con il crollo della scorsa settimana, il WTI e il Brent segnano comunque un rimbalzo del 40% rispetto all’anno scorso. E nel frattempo le scorte di greggio USA sono schizzate alle stelle, mentre agenzie come l’OPEC e l’ente di controllo dell’Occidente, l’AIE, mettono in guardia da un esubero piuttosto che da una carenza di greggio per il prossimo anno, se i timori economici dovessero avere la meglio sui consumatori.

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In questo contesto vanno aggiunti il calo delle borse, l’impennata del rendimento dei Buoni del Tesoro USA e l’intenzione della Federal Reserve di continuare ad alzare i tassi di interesse fino al 2020: i motivi per l’avversione al rischio non potrebbero essere più completi.

Dominick Chirichella, dell’Energy Management Institute di New York, afferma:

“Il movimento in salita dei prezzi iniziato a metà agosto è stato spinto dall’idea che l’avvento delle sanzioni petrolifere sull’Iran da parte degli USA comporterà un inasprimento del mercato petrolifero globale”.

“Tuttavia, questa idea sta cambiando“.

C’è molto da seguire sul calendario economico di questa settimana da parte degli investitori con bassa propensione al rischio.

I dati USA sulle vendite al dettaglio di settembre sono attesi per oggi, seguiti dai verbali dell’ultimo vertice di politica monetaria della Fed previsti per mercoledì e dai dati cinesi sul PIL del terzo trimestre di venerdì. I leader UE che si incontreranno a Bruxelles da mercoledì a venerdì dovrebbero discutere dello stallo sul bilancio italiano.

L’oro potrebbe spingersi verso i 1.250 dollari

La spinta dell’oro sopra il livello di 1.210 dollari, una resistenza chiave fino alla scorsa settimana, pone il metallo prezioso sulla buona strada per raggiungere l’attesissimo prossimo massimo di 1.250 dollari, dicono gli analisti.

Sia i prezzi spot che quelli dei future dei lingotti sono schizzati di circa il 3% l’11 ottobre, toccando il massimo di tre mesi di 1.229,90 dollari l’oncia, tra il rallentamento della crescita globale e le tensioni commerciali che hanno spinto gli investitori verso gli asset rifugio.

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Gold 5-Hour Chart

Il rimbalzo di oltre 34 dollari in quella seduta è stato il maggiore in un giorno dal giugno 2016 e potrebbe avere un impatto significativo sulla posizione dei manager di hedge fund e di altri speculatori sui future dell’oro scambiati sulla divisione COMEX a New York. Nella lettura settimanale del 10 ottobre, un giorno prima dell’impennata, questi trader avevano spinto l’oro COMEX ancora di più in territorio ribassista, aumentando le posizioni nette short del 75% a 38.175 contratti.

Ugualmente importanti anche le posizioni dei trader dell’oro commerciale, che vendono e comprano a scopo di affare. Questi hanno quasi raddoppiato i possedimenti di oro COMEX a 25.866 contratti nella settimana terminata il 10 ottobre. E la cifra sembra destinata ad aumentare dopo l’impennata dell’11 ottobre. Le posizioni dei trader commerciali riflettono la domanda stagionale di oro, specialmente in India, dove la sovrabbondanza di feste religiose e matrimoni a fine anno fa schizzare l’uso del metallo giallo per fini di buon auspicio ed ornamentali.

Oltre agli acquisti globali macro e commerciali, tornando negli Stati Uniti, i future dell’oro USA potrebbero vedere un’impennata sulla scia di qualsiasi segnale di un supporto più forte o di una netta vittoria dei Democratici nelle elezioni di metà mandato di novembre, afferma Walter Pehowich, vice presidente esecutivo di Dillon Gage Metals ad Addison, in Texas. Aggiunge: “Se ci dovessero essere sorprese, i mercati azionari potrebbero affrontarle a testa alta”, spingendo l’oro verso la prossima resistenza.

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