Ad una settimana dal tanto discusso referendum Inglese, il dopo Brexit sta dimostrando di essere tanto difficile quanto oneroso, sia per la Gran Bretagna, ma anche per la maggioranza dei Paesi europei, con borse altalenanti e mercati valutari estremamente volatili.
A farne le spese maggiori, però, sembrano essere involontariamente il Franco Svizzero e lo Yen, due valute da sempre inserite nel paniere delle divise Safe Haven, ovvero quelle monete che per definizione vengono acquistate in momenti di incertezza, e che nei momenti di risk-on, invece, alimentano il Carry Trade.
Ma vediamo cosa sta accadendo.
In queste ore la BNS ha deciso di intervenire sul mercato per frenare la risalita della moneta elvetica che, dopo il referendum Britannico, ha invertito la tendenza al ribasso cominciata qualche mese fa e tanto apprezzata dalla Banca Nazionale Svizzera.
Il trend rialzista viene innescato dagli acquisti degli investitori, che acquistano Franchi sul mercato, facendone inevitabilmente aumentare il prezzo, ma minando l'obiettivo della BNS che non vuole una moneta troppo forte, in grado di ostacolare le esportazioni ed il turismo elvetici.
Mentre ad inizio Giugno il cambio EUR/CHF si era attestato al livello di 1.10-1.11 , gli avvenimenti delle ultime settimane hanno fatto precipitare il cross verso l'1.06 che, dopo l'intervento della BNS si è attestato sull'attuale 1.08.
Un guadagno del franco svizzero non solo nei confronti dell'Euro, ma anche, naturalmente, nei confronti della Sterlina, con il cross GBP/CHF arrivato a toccare il 1.31, mentre sembra non destare preoccupazioni il cambio nei confronti del Dollaro Americano.
Sembra che la Svizzera sia (di nuovo) vittima del suo successo, con la BNS nella posizione scomoda di volere un Franco più debole, contro un mercato che non smette di acquistarlo. Il presidente Jordan intanto conferma che l'istituto rimane pronto a qualsiasi intervento, ma il bilancio della Banca Nazionale comincia ad essere difficile da sostenere.
Posizione molto simile per lo Yen, con il governo Giapponese fortemente indeciso se intervenire o meno sul mercato per bloccare l'apprezzamento della propria valuta, cominciata ad aumentare di valore a seguito del Brexit.
La divisa nipponica ha sfondato Venerdì scorso la soglia dei 100 punti sul Dollaro (e 110 sull'Euro) che rappresenta in un certo senso un limite, oltre il quale la BOJ dovrebbe sentirsi in dovere di intervenire.
Lo Yen si è portato quindi ad un livello che non si vedeva dalla primavera del 2013, annullando di fatto gli effetti del quantitative easing Nipponico e penalizzando esportazioni e profitti di molte grandi aziende, come ad esempio quelle automobilistiche. (senza contare gli effetti sulle aspettative inflazionistiche).
Dalle buone maniere, con le minacce di intervento solamente verbali del premier Abe, si potrebbe quindi passare ad una vera e propria mossa sui mercati da parte della BOJ che oltretutto si vede anche penalizzata dalla campagna di Trump in USA, il quale ha definito senza mezze misure la Cina come un Paese manipolatore del tasso di cambio, mettendo nel mirino anche Tokyo.
Intanto banche come Nomura e Hsbc hanno ridotto le stime sul cambio a fine hanno da 122 a 104, la prima, e 95 la seconda.
Per questa volta la colpa non è di certo attribuibile all'Abenomics, ma la credibilità degli impegni presi riguardo al risanamento finanziario e all'aumento della crescita del Paese sembrano ormai vacillare.