Da inizio anno le aste sui titoli di stato italiani hanno determinato una richiesta totale per 390 mld di euro rispetto ad una assegnazione di 260 mld di euro quando l’offerta del Mef era stata di 268 mld di euro. Il rapporto tra assegnato e richiesto nel 2021 ha viaggiato tra il 65%/70% con top a 79% e bottom a 51% molto ravvicinati nel tempo.
Il rapporto indica la quantità di debito pubblico emessa rispetto alla richiesta degli operatori. Un debito pubblico è sostenibile fino a quando sul mercato vengono rifinanziate le cedole e il capitale in scadenza + il fabbisogno pubblico. Dal 2002 al 2020 il rapporto assegnato/richiesto è oscillato tra il 57% ed il 60% con una violenta discesa con il covid a 53%: quando si entra in crisi l’assegnato cala più velocemente della richiesta sia per prudenza che per convenienza sui tassi.
Considerando che la Bce non può sottoscrivere direttamente il debito pubblico dei paesi, la richiesta è determinata dagli intermediari che poi cederanno alla banca centrale i titoli quando sono quotati sul secondario. Con l’avvento di Draghi l’assegnato su richiesto è sceso per poi trovare in due giorni, 28-30 luglio, il top dell’anno a 79% ed il bottom a 53%: solo questioni tecniche o c’è qualcosa di strano sotto? Cosa nasconde lo spread di 260 basis points in due giorni, con l’ultima asta ai livelli covid?