Alle riunioni di ieri, la BoE e la BCE hanno mantenuto invariata la loro politica monetaria. L’annuncio della BoE ha generato scarsa attenzione, mentre il discorso del presidente della BCE Draghi ha sorpreso i mercati. In scia al persistente calo dell’inflazione nell’Eurozona, alcuni analisti avevano iniziato a ricalibrare le loro scommesse verso un taglio marginale dei tassi di rifinanziamento e sui depositi, altri attendevano di sapere cos’avrebbe detto Draghi sul calo dell’IPC. Tali previsioni non si sono materializzate; Draghi è sembrato meno accomodante del previsto, ha ribadito che non vede una deflazione in corso, pur aggiungendo uno scettico “la BCE è determinata a intervenire, qualora si rendesse necessario”. L’intervento di Draghi ha fatto salire l’EUR/USD a 1,3620 a New York, anche se poi la coppia ha aperto la seduta asiatica sotto la resistenza a 1,3595 (50,0% di Fibonacci sul rally di novembre e dicembre). Gli indicatori di trend e momentum si sono appiattiti ed entrerebbero in zona rialzista in caso di chiusura giornaliera superiore a 1,3627 (stando all’analisi del MACD a 12-26 giorni). La zona di supporto chiave si trova a 1,3480/1,3500, sotto questo livello s’intravedono gli stop. L’EUR/GBP si è impennato a 0,83503 dopo l’intervento di Draghi e ha raggiunto la banda superiore del trend ribassista; manterremo la nostra impostazione tattica rialzista finché terrà la media mobile a 21 giorni (oggi a 0,82716).
Il cable continua a trovare supporto sopra la media mobile a 100 giorni (oggi a 1,6259). Gli indicatori di trend e momentum a breve termine rimangono negativi, facendo presagire un proseguimento della debolezza per la coppia GBP/USD prima della pubblicazione, la settimana prossima (12 febbraio), del rapporto trimestrale sull’inflazione.
In Australia, nell’ultimo Comunicato sulla Politica Monetaria, la RBA ha ribadito l’importanza di tassi stabili, ha rivisto l’inflazione primaria al 3,0% e le previsioni di crescita al 2,75% per metà 2014. La fascia dell’inflazione per la fine del 2014 è stata rivista al rialzo di un quarto di punto percentuale, e ora è compresa fra il 2,25% e il 3,25%. L’AUD/USD incontra resistenza sotto 0,9000, ma riteniamo che sia solo questione di tempo prima che l’AUD si attesti a 0,9000 contro l’USD. L’AUD/NZD consolida i guadagni sopra la media mobile a 50 giorni (1,0813), consistenti opzioni standard a 1,0850 in scadenza oggi dovrebbero frenare il calo prima del fine-settimana.
A gennaio, le riserve ufficiali giapponesi in valuta straniera sono aumentate, passando da 1.266,8 miliardi di USD a 1.277,1 miliardi di USD. L’USD/JPY trova richieste migliori prima della pubblicazione del dato NFP in uscita nel pomeriggio. Stamattina il livello a 102,20, 38,2% di Fibonacci sul rally in atto da ottobre 2013 a gennaio 2014, incontra resistenza. Si osservano supporti a 101,19 (base della nuvola), 101,00 (esercizio delle opzioni) e 100,76 (minimo settimanale); sotto questo livello si susseguono gli stop. Sul lato ascendente, le scommesse per le opzioni si mescolano, con barriere a 102,50/103,00.
Oggi tutti gli occhi sono puntati sugli USA. A dicembre, il dato sulle buste paga non agricole (NFP) aveva generato una grossa delusione, con 74.000 nuovi posti di lavoro nel settore non agricolo a fronte dei 200.000 previsti. Un’eventuale delusione per il secondo mese consecutivo dovrebbe pesare ulteriormente sull’USD e solleverebbe dubbi sul programma di ritiro degli stimoli del QE della Fed. Si prevedono una variazione pari a 180.000 posti di lavoro per il dato NFP e tasso di disoccupazione invariato al 6,7%.
Oggi l’attenzione è puntata sui dati USA sull’occupazione: variazione nelle buste paga dei settori non agricolo, privato e manifatturiero e tasso di disoccupazione di gennaio. Gli operatori seguiranno anche i dati riferiti a: bilancia commerciale, esportazioni e importazioni di dicembre in Germania; saldo di bilancio pubblico anno corrente e bilancia commerciale di dicembre in Francia; riserve in valuta straniera di gennaio e vendite al dettaglio di dicembre in Svizzera; produzione industriale di dicembre in Spagna, Svezia e Norvegia; bilancia commerciale e produzione industriale di dicembre nel Regno Unito; tasso di disoccupazione e variazione netta nell’occupazione di gennaio in Canada.