Inflazione dell’Italia YoY di luglio in uscita alle 10:00 (stima 6% contro 6,4% ci giugno). Alle 14:30 è la volta dei dati USA: inflazione YoY di luglio (stima 3,3% contro 3% di giugno), inflazione core (stima 4,8% invariata rispetto a giugno) e richiesta sussidi settimanali alla disoccupazione (stima 231k contro 227k della scorsa settimana). Oltre ai dati di oggi, c’è ancora un dato di inflazione e di disoccupazione prima del meeting della FED di settembre che deciderà se mantenere fermi i tassi oppure aumentarli ancora di 25 bp.
Sicuramente l’elevata inflazione core (più che doppia rispetto all’obiettivo della FED del 2%), la bassa disoccupazione, l’importante crescita del PIL del 2Q23 e il forte aumento dei salari dicono che l’economia è in grado di sopportare un ulteriore aumento dei tassi senza particolari problemi. Dall’altra parte però numerosi indici anticipatori economici stanno già segnalando una forte contrazione della crescita all’orizzonte. Difficile quindi dire che cosa faranno i membri del FOMC.
La nostra opinione è che Powell si fermi, lasciando comunque intendere che potrebbe però riprendere gli aumenti se i prezzi core con mostreranno una credibile discesa verso l’obiettivo. C’è però un campanello di allarme che è quello del settore bancario, che già con i livelli attuali dei tassi mostra una certa sofferenza. L’ulteriore aumento dei potrebbe quindi creare alla FED più problemi di quanti sia in grado di risolvere.
Le banche centrali continuano quindi ad essere al centro dell’attenzione. Nelle scorse settimane tuttavia la scena è stata dominata dalla comunicazione degli utili. Secondo Facset, quasi l’85% delle società dell'indice S&P 500 ha riportato i risultati e di queste il 77% circa ha battuto le stime degli analisti. Per l’intero 2023 gli utili sono tuttavia previsti in contrazione del 5,7% circa. Anche le mega-cap sono in gran parte riuscite a fornire risultati e indicazioni abbastanza forti da mantenere le loro azioni in rialzo.
Come ci aspettavamo, c’è stata una rotazione settoriale degli investimenti che ha consentito di evidenziare guadagni non solo in tutti i settori, ma anche lungo lo spettro della capitalizzazione di mercato. Le small cap sono state le principali beneficiarie di questa tendenza, con l'indice Russell 2000 in rialzo del 5,0% a luglio, rispetto al 3,8% dell'indice Nasdaq Composite e al 3,1% dell'indice S&P 500.
Storicamente all’uscita di una recessione o di un rallentamento, le small cap tendono a sovraperformare le mega-cap. Il punto è capire se gli USA entreranno effettivamente in recessione e quanto lunga questa potrà essere. Al momento gli investitori tendono a sposare uno scenario che vede un rallentamento economico o una recessione tecnica, ma nulla di più. Se così sarà, allora la sovraperformance delle small cap potrebbe continuare.
Il che non significa che l’indice S&P 500 non sia entrato in una fase di volatilità più elevata rispetto agli ultimi tre mesi. Inoltre, se prendiamo per esempio come riferimento l’analisi tecnica, vediamo come ai livelli attuali l’S&P 500 sia circa l’11% sopra la sua media mobile a 200 giorni, evento che non verificava dal luglio 2021.
Un’attività di consolidamento potrebbe quindi essere alle porte e resettare il mercato al fine di costruire una base su cui le azioni possano poi continuare a crescere. Nonostante i risultati incoraggianti delle mega-cap, continuiamo a sostenere una gestione prudente del rischio, ruotando gli investimenti in aree di mercato di qualità superiore e in cui le valutazioni rimangono interessanti. Vale a dire quelle società che producono cassa, hanno una redditività media elevata e sostenibile e sono market leader nel proprio settore di riferimento.
Del resto, gli ultimi mesi hanno mostrato come non solo le borse, ma anche l’economia si trovi in un nuovo regime di volatilità. Se vogliamo, questo non è altro che il risultato di una serie di vincoli nell’offerta. Vincoli che indicano come le economie sviluppate non sono in grado di aumentare più di tanto la produzione senza alimentare l'inflazione. Riteniamo che i vincoli di offerta saranno una caratteristica permanente a causa di diverse mega forze che in campo.
Come sfruttare a nostro favore queste mega forze? Intanto identificando che si tratta di cambiamenti strutturali che riteniamo atti a creare grandi cambiamenti nella redditività tra le economie e i diversi settori. Le mega forze non sono nel lontano futuro, ma si stanno manifestando oggi. La chiave è identificare i catalizzatori che possono sovralimentarle e i probabili beneficiari e capire se tutto questo è già riflesso nei prezzi.
Per mega forze intendiamo l'intelligenza artificiale (AI), il ricablaggio della globalizzazione guidato dalla frammentazione geopolitica, la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, l'invecchiamento della popolazione e un sistema finanziario in rapida evoluzione. Riteniamo che la granularità sia la chiave per trovare i settori e le aziende destinati a beneficiarne.
Le opportunità di investimento in questo contesto economico sono ovviamente diverse da quelle del passato. I mercati sono giunti alla conclusione che le banche centrali non allenteranno rapidamente i tassi in un mondo caratterizzato da limitazioni dell'offerta, quale per esempio la carenza di lavoratori negli Stati Uniti.
Il che significa che le banche centrali potrebbero essere costrette a mantenere una politica monetaria restrittiva più a lungo del previsto per far fronte alle pressioni inflazionistiche. Questo non è ovviamente uno scenario favorevole per i rendimenti di ampie classi di attività, che segnano una rottura rispetto ai quattro decenni di crescita costante e inflazione tutto sommato moderata.