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Morning adviser, effetto FED

Pubblicato 21.06.2013, 08:51
Aggiornato 11.09.2019, 13:55
La grande attesa per la giornata di ieri era legata alla reazione delle Borse mondiali in seguito al meeting del FOMC e alle parole di Ben Bernanke circa possibili riduzioni del Quantitative Easing a partire già dalla fine di quest’anno.

Le aspettative non hanno certo deluso e hanno orientato la dinamica dei prezzi presso pesanti ribassi. I principali indici azionari globali hanno bruciato oltre il 2% con S&P500 e Dow Jones entrambi tornati rispettivamente sotto le soglia psicologiche di 1.600 e 15.000 punti e il VIX, l’indice della volatilità (in gergo detto “della paura”) che ha raggiunto la quotazione di 20 per la prima volta nel 2013.

Stesso scenario, manco a dirlo, per le Borse europee che non avevano scontato la grande volatilità scatenatasi immediatamente dopo la FED mercoledì sera.

Ma l’azionario è solo la punta dell’iceberg di un contesto generale che ha visto l’oro perdere terreno di oltre il 6,5% sulla quotazione, il petrolio di oltre il 3% e i rendimenti sull’obbligazionario repentinamente schizzare sia sul fronte oltreoceano che su quello del Vecchio Continente.

Le spiegazioni di questo sono presto ravvisabili e diventa perfino stucchevole andare a ribadirle, visti gli ampi ragionamenti a riguardo fatti nei giorni passati.

Seppur la reazione delle Borse appaia eccessiva in termini di portata dei movimenti ribassisti, è evidente che un mercato che si è sostenuto sulla droga somministrata a grandi dosi dalla FED si trovi in pericolosa crisi di astinenza alla

sola aspettativa che questa verrà a mancare, o comunque a ridursi. Viste queste premesse è verosimile aspettarsi ancora grande volatilità sui mercati con la possibilità di assistere a dei veri e propri scossoni soprattutto in relazione ai vari dati macroeconomici che da qui in poi verranno pubblicati con focus particolare con quelli relativi al mercato del lavoro statunitense.

Sul fronte strettamente valutario al fine di determinare la tendenza dei rapporti di cambio che “dovrebbero” essere per l’appunto rappresentativi dello status e delle aspettative delle aree economiche , può essere opportuno ragionare in ottica di spostamenti di flussi di capitali che avverranno sui nuovi scenari.

I paesi emergenti potrebbero vivere infatti periodi di rallentamento se non contrazione dal momento che la loro crescita era ampiamente sostenuta dalla grande liquidità in circolazione e dovranno perciò rendere la loro crescita sostenibile e legata molto di più alla domanda interna.


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La Cina in particolare ha già dimostrato segni di debolezza e le recentissime notizie circa possibili manovre volte a mitigare il pericoloso credit crunch nel Paese (news che nella notte hanno supportato il dollaro australiano) ne sono una lampante dimostrazione.

Il Giappone dal suo canto vive una fase di stravolgimento storico e ha implementato misure ultra aggressive per la ripresa della crescita (con possibili nuove svalutazioni per lo yen), mentre l’Europa al di là di fondamentali in costante deterioramento potrebbe addirittura adottare politiche monetarie più restrittive in termini relativi ovviamente rispetto al Giappone stesso e agli USA.

Proprio questi ultimi potrebbero infatti essere interessati da rientri importanti di capitale e costituire meta per nuovi investimenti proprio perchè area economico/valutaria ottimale e il dollaro ne risentirebbe più che positivamente. Il mercato in questi giorni ha forse indicato questa strada.

EUR/USD
Dopo il tonfo di mercoledì sera, vi sono stati tentativi di correzione per il cambio principe che dopo aver tentato con veemenza di portarsi sotto 1,32 è andato a consolidarsi al di sopra di esso e facendo di 1,3250 un’importante resistenza di breve. Sul grafico orario è tuttavia individuabile una configurazione di continuazione discesista a cuneo che, se confermata dalla tenuta dal livello appena indicato, potrebbe farci assistere a nuove vendite alle quali allinearsi alla violazione di 1,3220 per obiettivi sui minimi di ieri, forti anche di una divergenza inversa bearish con l’oscillatore stocastico. Sopra 1,325 si aprirebbero le porte verso quota 1,33.

USD/JPY
Correzione anche su questo cambio la cui price action è andata a confondersi nella giornata di ieri. Forte il supporto a 96,90 su cui il prezzo ha rimbalzato verso la prima resistenza sui massimi a 98,20 anche qui con il conforto della sinergia con lo stocastico che mostra una divergenza rialzista inversa. Sopra 98,20 è 98,90 il primo punto di interesse, mentre le vendite a partire da esso offrirebbero buoni Risk Reward proprio in cerca del supporto statico poco sotto quota 97.

EUR/JPY
Molto simile a quella appena descritta la price action di questo cross che vede in 128,20 e 130 i suoi livelli di prezzo più importanti. Proprio su quest’ultimo, che appare quello più raggiungibile nel breve sui rialzi della notte, si potrebbero pensare posizionamenti corti per almeno il livello intermedio di 129 con la facoltà di girarsi in Stop&reverse per target a 130,75.

GBP/USD
La possibilità di assistere a divergenze sia regolari che inverse entrambi in senso ribassista sul grafico orario, ci portano ad essere propensi per posizionamenti short in area 1,5530 per obiettivi a 1,5490 e 1,5440 in estensione. Un break al rialzo sopra il primo punto indicato vedrebbe in 1,56 il potenziale punto di approdo.

AUD/USD
Buona la ripresa di questa notte dell’aussie dopo il clamoroso tonfo dei due giorni scorsi. Cruciale il livello in area 0,9260 che, se superato, potrebbe portare a rialzi considerevoli fino a 0,9330. La sua tenuta confermerebbe invece il pesante momentum ribassista per la ripresa dei minimi a 0,9170. Ideale perciò lavorare attorno al sopracitato prezzo per gli ottimi Risk/Reward.

Davide Marone
Analyst DailyFX


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