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Occhi puntati su PIL USA e decisione della Fed

Pubblicato 29.04.2020, 11:25
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Martedì i principali indici azionari USA hanno chiuso in lieve ribasso dopo una seduta turbolenta; i titoli tecnologici hanno guidato le perdite con il Nasdaq in calo dell’1,40%.

Alphabet, i cui ricavi derivano soprattutto dalla pubblicità di Google (NASDAQ:GOOGL), ha annunciato risultati complessivi superiori alle attese nel primo trimestre, merito dell’attività fiorente prima del Covid-19, e nonostante il marcato calo della pubblicità da settori ciclici di consumo, come il turismo e il tempo libero più avanti nel trimestre. Ma i profitti di Alphabet sono scesi e la decisione della società di tagliare la spesa per il marketing sulla scia del coronavirus potrebbe aver colpito l’intero comparto tecnologico, soprattutto i sub-appaltatori. Nel trading after hour le azioni di Alphabet sono comunque salite del 4%.

Osservando il quadro generale, sebbene l’S&P500 mantenga i rialzi dall’inizio della stagione delle trimestrali, ciò è dovuto soprattutto a un paio di azioni in forte crescita, fra cui Amazon (NASDAQ:AMZN), che continuano a spingere al rialzo l’indice, però non tutte le società stanno altrettanto bene, in confronto all’indice di riferimento. Gli indici principali di mercato potrebbero quindi non riflettere la vera natura del sentiment man mano che vengono pubblicati gli utili, soprattutto considerando che le azioni FAANG (Facebook (NASDAQ:FB), Amazon, Apple (NASDAQ:AAPL), Netflix (NASDAQ:NFLX) e Google), che rappresentano fino al 15% dell’indice S&P500, tendono a far salire l’indice, perché queste società non sono state colpite così duramente dal lockdown dovuto al coronavirus, anzi. Se queste azioni incontrassero difficoltà, l’S&P potrebbe scendere rapidamente.

Le borse asiatiche si sono mosse per lo più in territorio positivo; l’ASX 200 è rimbalzato oltre l’1%, il Composite di Shanghai (+0,47%) e l’Hang Seng (+0,29%) hanno registrato timidi rialzi.

L’attività sui futures del FTSE (+0,60%) suggerisce un avvio positivo a Londra.

Passando al calendario economico, l’Australia ha registrato l’aumento trimestrale dell’inflazione più elevato da cinque anni. Nel primo trimestre del 2020, in Australia i prezzi al consumo sono saliti del 2,2%, perché gli incendi e i primi effetti della pandemia di coronavirus hanno portato a un forte balzo dei prezzi dei generi alimentari. L’AUD/USD ha sfondato la media mobile a 100 giorni (0,6518), in quanto l’inflazione solida ha frenato le attese di un ulteriore allentamento dalla banca centrale australiana (Reserve Bank of Australia, RBA).

Negli USA, oggi gli investitori si concentreranno sui dati riferiti al PIL USA del primo trimestre, che dovrebbe fare un po’ di luce sulla portata del danno economico causato dalla pandemia di coronavirus e dalla chiusura delle attività economiche che ne è derivata. Gli analisti prevedono una contrazione del 4%, ma anche questa cifra potrebbe essere troppo contenuta. Ciò che conta è che le cifre riferite al prossimo trimestre saranno probabilmente peggiori. Un’eventuale delusione dovrebbe tradursi in un dollaro USA più forte, perché al momento il biglietto verde è il bene rifugio più affidabile, e un movimento dettato dall’avversione al rischio sul mercato dovrebbe essere vantaggioso per il dollaro e per i titoli del Tesoro USA. Più tardi, la Federal Reserve (Fed) renderà nota la sua decisione di politica monetaria. Probabilmente la riunione del FOMC di oggi non si chiuderà con i fuochi d’artificio; la Fed non dovrebbe intervenire, dal momento che ha già quasi azzerato i tassi d’interesse e che ha fatto tutto il possibile per mantenere una liquidità regolare sui mercati monetari a breve termine. E, finora, sembra che l’intervento stia funzionando bene.

L’indice del dollaro USA si attesta appena sotto la soglia dei 100 punti, suggerendo una buona propensione al rischio.

L’EUR/USD ha visto un solido supporto nei pressi di 1,09, ma dovrebbe imbattersi in una discreta resistenza vicino a 1,09 in vista della riunione della Banca Centrale Europea (BCE) di giovedì.

Il cable si sta preparando a testare le offerte a 1,25 sulla scia dell’indebolimento dell’USD.

Yen e franco svizzero si sono rafforzati contro l’USD, che si sta indebolendo in vista dei dati sulla crescita negli USA e della decisione della Fed.

I venti però potrebbero cambiare rapidamente all’apertura dei mercati USA. L’oro si è riportato sopra i $1700 all’oncia dopo aver testato ieri il supporto a $1690.

Altrove, i dati sulle scorte settimanali di greggio USA dovrebbero confermare un incremento di 10 milioni di barili, inferiore alle settimane precedenti, quando le scorte erano aumentate di 15-20 milioni di barili, ma molto più di quanto il mercato petrolifero possa assorbire in questa crisi dello stoccaggio senza precedenti. L’aumento della sovreccedenza e la domanda anemica a livello globale dovrebbero continuare a pesare sui prezzi del petrolio, anche se, giovedì, il PMI manifatturiero cinese dovrebbe confermare una ripresa dell’attività nella più grande fabbrica mondiale, dando un po’ di sollievo ai mercati petroliferi in crisi. Intanto S&P ha consigliato ai suoi clienti di passare immediatamente dall’attuale contratto di giugno a quello di luglio. Il greggio WTI ha superato i $14 in Asia, ma i venditori sui massimi sono in agguato nella fascia $15/$20 dollari, a patto che non emergano buone ragioni perché il mercato inverta il senso di marcia nel breve termine.

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